Caos nel mondo animalista campano dopo la diffusione di una nota in cui la Regione chiede ai veterinari l'applicazione delle nuove linee guida per la registrazione dei cani in anagrafe. Tra le disposizioni è prevista infatti una sanzione di 300 per chiunque porti a registrare un cane senza essere in possesso del microchip o della data di nascita della madre. Informazioni impossibili da reperire sia per i volontari che si occupano di recuperare i cani in difficoltà presenti sul territorio che per le moltissime famiglie che pur avendo un cane a casa non lo hanno mai registrato. Anche in questo secono caso, secondo le linee guida, dovrà essere seguito un percorso preciso: l'entrata in canile sanitario del cane e il successivo ingresso in quello di destinazione, intestato temporaneamente al Sindaco. Solo a quel punto le famiglie potranno provare a riavere il proprio cane.
Una nota che va controcorrente rispetto ai progetti di microchippatura domiciliare attivati in questi anni proprio dalle Asl del territorio dove cittadini che hanno temporeggiato troppo prima di adempiere all'obbligo di legge del microchip possono sanare la propria posizione. Adesso si andrà in senso diametralmente opposto: si punirà lì dove prima si provava a diffondere la cultura della legalità. E a farne le spese saranno come sempre soprattutto gli animali.
Questo provvedimento sta facendo sentire i propri effetti soprattutto tra i volontari e chi si adopera per fare tracciare cani e favorire le loro adozioni. Non sarà più possibile per un volontario recuperare un cane dalla strada o da chi che lo maltrattava per portarlo poi in uno stallo temporaneo. Dovranno in ogni caso passare attraverso un lungo iter e soprattutto attraverso canili che non sempre possono garantire standard adeguati al benessere animale.
L'occasione per attuare questa procedura è stata fornita con l'introduzione della nuova Banca Dati Nazionale per gli animali d'affezione in cui stanno confluendo tutti i sistemi regionali. Già a marzo i volontari avevano denunciato le mancate registrazioni da parte dei veterinari di cani privi di microchip. I professionisti si erano giustificati proprio con il cambiamento del nuovo sistema di registrazione: «Ci vengono chieste informazioni che nei casi di cani randagi spesso non sono reperibili. A complicare il tutto è un passaggio preciso delle nuove linee guida in cui devono essere immessi i dati della madre del cane che si intende registrare», avevano dichiarato a Kodami fonti interne all'Asl di Napoli.
A quella denuncia era seguita una vera sollevazione dei volontari impegnati nella tutela degli animali, prontamente ricevuti nel palazzo della Regione dalla consigliera Roberta Gaeta, membro della commissione Sanità per mediare le richieste degli attivisti.
Tra i partecipanti all'incontro c'era anche Alessandra Pratticò, avvocata e membro Anci della Commissione regionale dei diritti animali, che è intervenuta sottolineando proprio come il nuovo sistema andrà a pesare sulle casse dei Comuni: «Nel medio periodo dall'introduzione del nuovo iter si assisterà al sovraffollamento dei canili. Perché esiste un bacino di volontari che dopo aver recuperato gli animali non li porta nei canili, già molto in difficoltà e in alcuni casi simili a strutture lager, ma in stalli temporanei o rifugi privati. Con questa disposizione nessun volontario recupererà più cani in strada perché dovranno seguire il procedimento previsto, il cui ultimo step è proprio l'amministrazione comunale, con pesantissime ricadute sui bilanci».
In Campania ogni Comune è obbligato per legge ad avere un proprio canile e in assenza di esso a stipulare una convenzione con un'altra struttura. Tutti i cani vaganti finiscono nel canile del territorio dove sono stati accalappiati e il Sindaco paga una diaria, con una spesa che varia in base alle caratteristiche dell'animale, come ad esempio la taglia. Nonostante le legge fissi un minimo per la diaria e degli standard minimi per garantire il benessere dei cani, questi criteri non sempre vengono rispettati. «I Comuni non saranno più in grado di fare fronte a questa spesa e già oggi, pur essendo obbligatorio, la situazione è precaria ma lottavamo per condizioni di custodia che oggettivamente tra poco non saranno più possibili».
Anche il presidente dell'Anci Campania e sindaco di Caserta, Carlo Marino, aveva espresso con una nota inviata alla Regione le proprie perplessità in merito alla gravosa responsabilità, anche economica, fatta cadere sulle spalle delle amministrazioni locali. Anche questo appello è caduto nel vuoto, così come la conseguente valutazione del rischio default per le realtà più piccole.
«In una regione in cui non si registrano i cani e non si applicano sanzioni, assisteremo nell'immediato a una contrazione dell'anagrafe, che è iniziata già a gennaio quando ci sono state le prime avvisaglie – ricorda Pratticò – Una contrazione che da alcuni è stata definita "fisiologico", ma che è patologica perché implica che i cani ci sono ma non vengono registrati».
Dall'Europa alla Campania: una lezione sbagliata
Risultati molto diversi da quelli con cui le linee guida sono arrivate sui tavoli regionali. Come si legge nella nota della Regione, infatti, la norma nasce in ottemperanza al Regolamento europeo 2016/429 relativo alle malattie animali trasmissibili. Tale regolamento «prevede la tracciabilità degli animali quale elemento essenziale della politica di controllo delle malattie», si legge nella nota.
Leggendo il documento citato dalla Regione stessa però si apprende che «L'obiettivo del presente regolamento è onorare gli impegni e realizzare le idee della strategia per la salute degli animali, compreso il principio One health, e consolidare il quadro giuridico per una politica comune dell'Unione in materia di sanità animale attraverso un unico quadro normativo semplificato e flessibile in questo campo».
Per perseguire questo principio, l'Europa chiedeva agli Stati membri, fra questi l'Italia, di elaborare una tracciabilità efficiente che potesse garantire un buon funzionamento del sistema di identificazione e registrazione. A questo fine l'Ue suggeriva vari strumenti: banche dati, con relativi requisiti dettagliati di identificazione, e documenti, ma sottolineava anche l'importanza della flessibilità: «È opportuno ridurre gli oneri e i costi amministrativi e garantire la flessibilità del sistema nei casi in cui i requisiti di tracciabilità possono essere soddisfatti con mezzi diversi da quelli di cui al presente regolamento».
Una lezione che la Campania ha recepito a modo proprio, come sottolinea anche Pratticò: «L'approccio della Regione è sbagliato rispetto alle finalità con cui doveva essere recepita la normativa europea. Il nuovo sistema anziché limitare le zoonosi porterà indietro di 30 anni la situazione del randagismo in Campania».