Decine di cani sfruttati per la caccia al cinghiale tenuti in condizioni di degrado, sconosciuti all’anagrafe canina e gestiti come oggetti, senza comunicarne eventuali smarrimenti, morte o cessione al servizio veterinario. È il preoccupante scenario fotografato in provincia di Terni dai Carabinieri forestali di Allerona, che da agosto a oggi hanno condotto un’operazione di polizia veterinari nei Comuni di Ficulle e Monteleone d’Orvieto, in Umbria, controllando una serie di canili.
I carabinieri forestali, al termine dei controlli, hanno staccato multe per un valore totale di novemila euro ai danni di cinque persone e compilato 47 verbali amministrativi: 120 i cani trovati all’interno delle quattro strutture controllate, la maggior parte detenuti in condizioni incompatibili con il loro benessere.
Le strutture erano identificate come canili privati a uso ludico e sportivo. All’interno di quattro, nel corso delle verifiche, i militari hanno riscontrato numerose irregolarità: alcune non avevano la necessaria autorizzazione sanitaria, altre detenevano 35 cani che non sono risultati identificati né iscritti all’anagrafe canina (obbligatorio per legge), altre ancora non avevano comunicato ai servizi veterinari smarrimenti, cessioni o morte. Cani fantasma, insomma, utilizzati esclusivamente per la caccia e in molti casi tenuti in gabbia quando non venivano fatti uscire per le battute.
L'assenza di microchip non stupisce, viste le condizioni in cui i cani venivano tenuti. Capita spesso infatti che i cani da caccia vengano abbandonati dai cacciatori quando non risultano più utili allo scopo, magari perché troppo vecchi, troppo deboli oppure traumatizzati dagli spari. In questi casi gli animali vengono lasciati a loro stessi, magari a vagare nei boschi, e l'assenza di microchip impedisce alle autorità e ai canili, in caso di ritrovamento, di risalire agli umani di riferimento, che dovrebbero rispondere del reato di abbandono di animali.
In Umbria, come nelle Marche, sono numerosi i cani da caccia che finiscono nei rifugi. Quello di Colle Altino gestito dalla Lega del Cane sezione Camerino – Matelica, per esempio, lo scorso anno aveva il 40% dei cani ospitati vittime di abbandoni avvenuti presumibilmente da parte dei cacciatori. Molti erano Setter inglesi, Pointer e Segugi italiani, come aveva spiegato a Kodami Daniela Montefiori, educatrice cinofila che si occupa degli affidi e dei percorsi educativi per la struttura, attraverso l'associazione L'albero delle stelle: «Li troviamo che vagano sul territorio quasi sempre già adulti e senza microchip – aveva detto – Il loro comportamento difficilmente da adito a dubbi: sono chiaramente cani abituati a cacciare abbandonati probabilmente perché spaventati dai rumori e quindi considerati "inutili", come fossero oggetti che non servono più, oggetti rotti che vanno eliminati».