«Se i Comuni continueranno a non sottoscrivere la convenzione con un canile rifugio, le uniche strutture che per legge possono far adottare i cani ritrovati sul territorio, queste povere bestie continueranno a finire nel canile sanitario di Verona e lì resteranno per sempre, visto che quello è esclusivamente un luogo di transito dove gli animali rimangono solo per completare il protocollo sanitario».
La dottoressa Ioana Ogiolan, veterinaria del Rifugio Enpa della città veneta non ci sta e torna a ribadire a Kodami l’assurdità della situazione che si è venuta a creare con i cani bloccati nel canile, a causa della mancata conoscenza delle normative vigenti o per semplice mancanza di interesse da parte di alcune amministrazioni: «Ma certo, che altro può essere, visto che non si tratta di costi aggiuntivi. Anzi è adesso che pagano di più. Per non dire poi, che comunque quei Comuni stanno violando la legge».
Esattamente la 281 del 1991 che ha sancito la fine delle soppressioni dei randagi promuovendo, invece, il sistema di adozioni. «Con quella normativa i cani trovati vaganti sul territorio e senza microchip, dopo aver effettuato tutte le visite previste dal protocollo al canile sanitario, vengono poi trasferiti in un rifugio per poter essere adottati. Questo, però, avviene solo se il comune in cui è stato accalappiato il cane è convenzionato con un rifugio. Solo così è possibile consentire il trasferimento. Ed è proprio qui, che non ci siamo perché alcuni comuni non hanno ancora provveduto a sottoscrivere tali convenzioni, nonostante i richiami e le sollecitazioni continue».
La vicenda ha origine nel 2015, quando è stato inaugurato il rifugio di Verona gestito dall’Enpa, dove la dottoressa lavora attualmente: «Fino a quella data, il canile sanitario svolgeva entrambi i ruoli, ovvero sia quello di canile che quello di rifugio. Poi per due anni le due strutture si sono affiancate nelle adozioni e solo nel 2017 quando il sanitario ha interrotto le adozioni come previsto dalla legge, è riemerso il problema dei cani trovati in territori di comuni che non si erano ancora convenzionati. Oltretutto, il canile sanitario di Verona, che ancora quello storico, è una struttura completamente fatiscente che cade a pezzi e mi chiedo come sia possibile che ancora non sia stato chiuso, anziché farci finire ulteriori cani».
Per Ogiolan manca essenzialmente la volontà di risolvere questo problema da parte di queste amministrazioni comunali, che sono sette, ma al momento nello specifico due, Boschi Sant’Anna e Roncà. I richiami sono stati diversi, anche dall’Ulss, l’Azienda sanitaria che gestisce il canile sanitario. Ma al momento di risposte ne sono arrivate poche.
«Ci piacerebbe davvero vedere questa situazione risolversi al più presto – conclude Ogiolan – per dare giustizia a quei poveri animali bloccati nel canile anche da più di un anno che rispetto agli altri rimangono invisibili e ai quali viene negata la possibilità di una nuova vita in una famiglia che possa dargli tutto l’amore che meritano».