Ogni anno migliaia di cani muoiono a causa degli incendi perché intrappolati da catene, gabbie o recinti che impediscono loro di scappare. Un pericolo che quest'estate è ancora più alto a causa dell'emergenza incendi che sta colpendo tutta la Penisola.
Nonostante i rischi, in molte zone d’Italia come la Toscana e il Friuli Venezia Giulia, mancano ancora norme che vietino tale pratica. È anche ai Presidenti di queste Regioni che si rivolgono Green Impact, Fondazione Cave Canem e Animal Law Italia per chiedere l’adozione urgente di un’Ordinanza Contingibile e Urgente, introducendo un chiaro divieto di detenzione dei cani alla catena su tutto il territorio regionale fino al 30 settembre 2022.
Tenere un cane legato a una catena, infatti, è ancora legale in diverse regioni d’Italia, come evidenziato dal 2° Rapporto “Verso il divieto di tenere i cani legati alla catena”, realizzato dalle tre organizzazioni. Il Rapporto ha restituito una fotografia molto variegata della situazione italiana, come ha sottolineato Alessandro Ricciuti, presidente di Animal Law Italia: «In Italia esistono 17 normative su 20 enti territoriali. È fondamentale armonizzare la legislazione italiana e far sì che le regioni esemplari, dotate di una legislazione più avanzata, vengano prese a modello da quelle in ritardo nell’approvare una normativa al passo con i tempi»
La mappa interattiva del Rapporto presenta in verde le Regioni italiane che vietano la detenzione di cani alla catena; in blu le Regioni italiane che vietano la detenzione del cane a catena con eccezioni per motivi urgenti e temporanei; in grigio le Regioni con una normativa inefficace o senza normativa.
Le tre non profit si sono attivate già alcune settimane fa avevano sottolineato il rischio esistente per migliaia di cani tenuti a catena in pericolo a causa di siccità e incendi, avanzando una precisa richiesta anche ai Presidenti delle regioni del Sud Italia quali Basilicata, Calabria, Molise, Sardegna e Sicilia.
«In molte zone d’Italia a rischio incendi è ancora pratica comune tenere i cani legati in aree di campagna, lontano dalle abitazioni, dove gli animali non sono monitorati e non possono essere salvati in caso di pericolo. Abbiamo assistito tutti alla devastante tragedia causata dagli incendi in Sardegna lo scorso anno, dove sono morti centinaia di animali. Non possiamo aspettare di ritrovarci nella stessa situazione, serve un intervento immediato, quale è quello proposto». Lo ha dichiarato Federica Faiella, vice presidente di Cave Canem, che nel 2021 ha deciso di finanziare la campagna “Liberi dalle catene”, che punta a introdurre il divieto regionale di detenzione di cani alla catena, per «dare un contributo concreto a questa lotta di civiltà».
Nell’ambito della campagna “Liberi dalle catene” sono già state raccolte quasi 35.000 firme, per chiedere il divieto di detenere i cani a catena e numerose sono state le iniziative di sensibilizzazione che hanno riportato l’attenzione su questa pratica crudele.
Nel Rapporto si evince che nonostante ci sia ancora molta strada da fare, ci sono stati anche sviluppi positivi nell’ultimo anno, anche a seguito del lancio della campagna: la Regione Campania ha introdotto la sanzione al divieto di detenzione di cani a catena già esistente. L’assenza della sanzione rendeva di fatto inefficace la norma.
La Regione Lazio ha modificato la sua normativa sulla detenzione del cane a catena – che era tra le più desuete e inefficaci – introducendo un divieto chiaro con la sola eccezione di un motivo medico-veterinario urgente e temporaneo prescritto da un Veterinario. Sviluppi in corso Il divieto di detenzione di cani a catena è in via di adozione nella Provincia di Trento e in discussione nella Regione Piemonte.
«Come emerge da questa seconda edizione del rapporto, che abbiamo elaborato sulla scia di quello dello scorso anno, sono ancora numerose le Regioni in cui è necessario intervenire – ha commentato Gaia Angelini, presidente di Green Impact – Abbiamo definito un piano di azione con le misure necessarie per ottenere entro il 2026 l’emanazione di normative regionali efficaci in tutta Italia, in linea con il benessere, la salute e i bisogni etologici degli animali. Sono ancora molte le Regioni che presentano una legislazione inefficace o incompleta come ad esempio la Sardegna, e altre come la Sicilia ancora prive di una legislazione in materia, con un vuoto normativo da colmare».