Le telecamere di videosorveglianza di un negozio avevano ripreso tutto l’incidente. Quella è stata la prova che gli costa, ora, due anni di galera. Un uomo di 34 anni è stato condannato in primo grado per aver investito e ucciso Biondo, un cane che dormiva in strada senza dare alcun fastidio. La crudeltà è stata condannata con il massimo della pena prevista per il reato di uccisione di animali.
Il fatto accadde la sera del 5 giugno 2019 a Monteroni, in Provincia di Lecce. E la giudice Francesca Mariano non ha esitato a riconoscere la responsabilità diretta nell’assassinio dell’animale. L’uomo dovrà inoltre risarcire di 10.000 euro ciascuna le associazioni che si sono costitute in giudizio.
La ricostruzione del crimine è avvenuta anche grazie ad alcune perizie biometriche che sono state eseguite dall’ingegnere Luigina Quarta per conto dell’Enpa. Il sodalizio animalista, infatti, si è costituita parte civile insieme all’Oipa.
La storia è raccapricciante. Il filmato mostra come l'uomo investì Biondo una prima volta. Poi andò in retromarcia e lo mise sotto una seconda. L’automobilista lo ha lasciato lì, moribondo, per qualche minuto, fino all’arrivo sul posto anche di un amico. Entrambi non mossero foglia, vedendolo soffrire, negli ultimi minuti della sua vita. L’ultimo respiro di Biondo è stato esalato in compagnia di un altro cane che invece lo ha vegliato standogli vicino.
Da un punto di vista giudiziario la pena data dalla giudice Mariano fa davvero riflettere. Il pubblico ministero Maria Consolata Moschettini aveva chiesto un anno e mezzo di reclusione. Ma non ha convinto la giudice, che ha voluto inasprire la condanna.
«In questa triste e inquietante vicenda – commenta Claudia Ricci, avvocato di Enpa – è importante sottolineare un aspetto rilevante: investire un animale, oltre a configurare l’omissione di soccorso può individuare anche il reato di uccisioni di animali (544 bis). La sentenza di oggi del Tribunale di Lecce traccia un passo fondamentale sulla strada del riconoscimento del valore della vita degli animali».