Guardandolo vi è mai venuto in mente che somiglia a un orso polare? Non è un caso! Nelle prime descrizioni ufficiali della razza, a inizio secolo scorso, c’era proprio scritto che la sua testa doveva somigliare a quella del grande plantigrado che vive tra i ghiacci! -Plantigrado perché cammina poggiando a terra tutta la zampa, per chi non lo sapesse. A grande richiesta in questa nuova puntata di “Che Razza di Storia” parleremo di una razza tutta italiana. Ma voi lo sapete perché si chiama Cane da Pastore Maremmano Abruzzese? È originario dell'Abruzzo o della Maremma?
Questa domanda è oggetto di dispute fin dal 1958, quando – per non scontentare nessuno – l’ente di cinofilia italiano decise di optare per il doppio nome. In ogni caso, su una cosa non ci sono dubbi: questo cane – che ci invidia tutto il mondo per le sue doti naturali da guardiano – fin dai tempi degli Antichi Romani ha conservato intatti il suo carattere e anche il suo aspetto, che non è così perché possa sembrare un enorme peluche da abbracciare. Il suo manto è sempre stato bianco e folto per permettergli di mimetizzarsi in mezzo alle pecore, e soprattutto per far sì che i pastori – nei momenti più concitati – non lo confondessero con il suo nemico giurato: il lupo grigio. E ora, scopriamo insieme le sue origini!
Le origini del Maremmano Abruzzese
Secondo una delle teorie più accreditate, i progenitori del Pastore Maremmano Abruzzese partirono proprio dal Tibet, oltre 4mila anni fa. Chiaramente allora non avevano ancora alcun legame con l’Italia: erano i cani degli “Arii” – antica parola indoeuropea che significa “signore, nobile”. Gli Arii erano un popolo dedito all’agricoltura e alla pastorizia, che intorno al 2mila a.C. cominciò molto lentamente a spostarsi verso Occidente, per cercare nuovi terreni fertili dove stabilirsi.
Una cosa curiosa che testimonierebbe il loro passaggio è questa: in tutti i territori dove, presumibilmente, gli Arii si fermarono per qualche tempo, oggi ci sono razze di cane da pastore molto simili al nostro Maremmano Abruzzese; i Cani da Montagna dei Pirenei, in Francia, i Kuvasz ungheresi, i Tatra in Polonia, i Cuvac slovacchi e gli Akbash, in Turchia. Alzi la mano chi pensava che la protagonista di "Belle & Sebastien" fosse un Maremmano Abruzzese; e invece no, è un cane da montagna dei Pirenei – questo per farvi capire quanto si assomigliano.
Tornando agli Arii, a un certo punto alcuni di loro oltrepassarono le Alpi, arrivando nella Pianura Padana e poi scendendo lungo gli Appennini, che per l’allevamento erano l’ambiente ideale, visti il clima fresco e gli ampi pascoli che offrivano durante l’estate. In inverno invece, per sfuggire al gelo, i pastori -con cani e bestiame al seguito- si spostavano verso le coste anche dette “maremme”, dal termine latino “marittimae”, che significa “affacciato sul mare”. La “transumanza”- cioè il “trasferimento lento”- avveniva dal mare ai monti e viceversa ogni anno, passando attraverso sentieri ripidi chiamati "tratturi", dal latino "trahere" ovvero “trascinare”. Ecco uno dei motivi per cui la Maremma e l'Abruzzo compaiono entrambi nel nome di questa razza: perché, a seconda della stagione, i cani da pastore potevano trovarsi nell'una o nell'altra zona.
Secondo un’altra teoria, cani simili al Pastore Maremmano Abruzzese arrivarono in Italia ancora prima degli Arii, con le popolazioni mesopotamiche; e infatti da alcuni dipinti e bassorilievi sappiamo che già gli Etruschi usavano massicci cani da pastore per proteggere il gregge dagli attacchi di lupi e volpi. Anche gli Antichi Romani, intorno al 200 a.C, si riferivano a questi cani chiamandoli proprio “canis pastoralis” o “pecuarios”, cioè “cane da pecora”, e li distinguevano da altre due macro-tipologie: il “canis epiroticus”, il molosso dal manto scuro usato in guerra o come guardiano delle domus, e il “canis laconicus”, predecessore degli attuali segugi.
A differenza di tante altre razze plasmate dall’uomo per canoni estetici, il Pastore Maremmano Abruzzese nel corso dei secoli è cambiato molto poco, per il semplice motivo che ha continuato ad essere allevato per la sua funzione, che è rimasta la stessa.
Anzi, i pastori lo hanno custodito gelosamente – e a loro di certo non interessava partecipare alle mostre canine. Ovunque ci fossero greggi di pecore – non solo in Abruzzo, ma anche nel Lazio, in Umbria, nelle Marche, in Toscana e in Puglia- state pur certi che c'era anche il Maremmano Abruzzese, che nei primi testi di cinofilia dell’800 iniziò a essere chiamato proprio “dog of the shepherds of the Abruzzi”, praticamente "cane dei pastori abruzzesi". E allora perché il suo nome a un certo punto è cambiato?
Abbiamo detto che anticamente i pastori si spostavano dagli Appennini alle Maremme; questo trasferimento però è stato condizionato delle suddivisioni politiche in Italia: per dire, prima dell’Unità d'Italia nel 1861, Toscana e Abruzzo facevano parte di Stati diversi – il Granducato di Toscana e il Regno delle due Sicilie – e non si poteva circolare liberamente da una zona all’altra. Nelle due regioni quindi, rimaste separate per diversi anni, si svilupparono due tipologie di Maremmano Abruzzese: la variante Maremmana era un po’ più piccola di quella Abruzzese, con il manto meno folto e più ondulato, che spesso presentava macchie color arancio.
E – differenza importante – questi cani non li avevano solo i pastori, ma venivano usati dai ricchi proprietari terrieri della Maremma come guardiani dei loro poderi. Durante una vacanza in Toscana, una turista inglese, Helen Home Robertson, si innamorò di questa variante e la importò nel Regno Unito, facendola conoscere al grande pubblico con il nome di “Maremma Sheepdog”, cioè “Cane da pecora Maremmano”.
Quando l'ente di cinofilia inglese, nel 1937, registrò la razza con questo nome -tra l’altro se cercate la scheda sul loro sito si chiama ancora così- in Italia si aprì un dibattito su come si dovesse chiamare questo cane. Ci fu addirittura un’indagine sul campo, per capire se c’erano più Cani da Pastore in Abruzzo o in Toscana. Alla fine si optò per il doppio nome riunendo le due varianti sotto un unico standard. Nonostante tutto, c’è ancora chi sostiene che solo l’Abruzzese sia il Cane da Pastore autentico: pensate che nel 2016 la Regione Abruzzo ha riconosciuto -non il Maremmano Abruzzese in generale- ma proprio il "Cane da Pastore Abruzzese" come parte integrante del proprio patrimonio culturale.
Le caratteristiche del Cane da Pastore
Con l’urbanizzazione la pastorizia si è trasformata -in tante zone è stata sostituita dalle industrie, in altre l’allevamento è diventato intensivo- tutto questo ha contribuito a portare il Maremmano Abruzzese nelle case degli italiani, con un totale di oltre 1300 cani iscritti nel libro genealogico, nel 2021. Ma anche se questo cane è arrivato nelle nostre case, non significa che i suoi bisogni siano cambiati: nell’animo continua a essere un Cane da Pastore, per niente facile da gestire in città.
Un Maremmano Abruzzese è un cane territoriale e protettivo al massimo -e se queste motivazioni sono pienamente soddisfatte quando ha un gregge da proteggere- in appartamento vanno incanalate: potrebbe reagire male quando gli amici ci vengono a trovare, o essere pronto a scattare in difesa nostra o della casa se nota un movimento -che lui reputa- di troppo. Insomma in caso di visite potrebbe essere meglio tenerlo in un ambiente separato.
Altro esempio: un Maremmano Abruzzese impiegato nella pastorizia è abituato a passare lunghi periodi da solo insieme alle pecore. Questa spiccata indipendenza è un grande pregio dal punto di vista di un pastore, lo è un po’ meno per una persona qualunque che cerca di farsi ascoltare dal proprio “gigante bianco”, che comunque resta un cane meraviglioso, un vero “angelo custode” per la famiglia giusta, quella cioè in grado di fornirgli movimento, esperienze all’aria aperta, una vita rustica e poco mondana.
E non parliamo di angelo custode tanto per dire, perché questo cane ha una forte motivazione affiliativa -che lo spinge a desiderare di stare in famiglia- e anche una motivazione epimeletica spiccata, vuol dire che ha proprio bisogno di prendersi cura degli umani che vivono con lui. Questo sempre in linea generale, perché non dobbiamo mai dimenticare che ogni cane è un individuo a sé, con bisogni e desideri legati al suo specifico carattere, al contesto in cui è inserito e alle relazioni che stabilisce. Piccola curiosità: il Pastore Maremmano Abruzzese si può considerare un'eccellenza italiana a tutti gli effetti, ricercato in tutto il mondo per la sua abilità come guardiano. Il progetto più “strano” in cui è coinvolto? A Middle Island, in Australia, un gruppo di Pastori Maremmani è stato “assunto a tempo pieno” per proteggere una colonia di pinguini dagli attacchi delle volpi.
Il fenomeno dei cani liberi
Detto questo, c'è un ultimo aspetto da considerare, cioè il fatto che tantissimi Cani da Pastore finiscono per vagare liberi sul territorio. I motivi sono molteplici: ci sono i cani vittime di abbandono da parte di chi credeva di poterli gestire, magari anche in casa, e poi si è trovato a scontrarsi con la loro personalità, e con le esigenze naturali di un individuo, che di certo non è un pupazzo. Altri invece vagano sul territorio perché – senza generalizzare – ma ci sono alcune aziende che si occupano di pastorizia che non li gestiscono nella maniera corretta: le cucciolate non sono controllate e spesso, se questi cuccioli non sono considerati utili, vengono o regalati con superficialità oppure abbandonati a loro stessi, diventando dei cani liberi che non hanno più un riferimento umano.
Alcuni, per fortuna, si trasformano in vere e proprie mascotte dei paesini dove gironzolano. Ma non tutti sono tollerati dalle popolazioni locali: una grande parte di loro – va sottolineato questo – purtroppo finisce nei canili, che in queste zone infatti sono strapieni di Cani da Pastore. Un buon esempio per migliorare la situazione è quello che sta avvenendo nel Parco nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise, in cui il fenomeno dei Maremmani Abruzzesi liberi non è da sottovalutare ma lo si sta studiando ora con attenzione; lo sta facendo l'associazione Stray Dogs International Project che, attraverso un’attività di monitoraggio e censimento, si occupa di questi cani, prevedendo azioni specifiche a seconda delle situazioni.
Toglierli dal territorio non è una scelta da prendere a cuor leggero, perché un cane come il Maremmano Abruzzese, una volta finito in gabbia -anche solo per la sua stazza- è possibile che dietro le sbarre ci passi tutta la vita. Per questo, ancora una volta, vogliamo lasciarvi con un appello: se dopo un'analisi attenta siete convinti che il Pastore Maremmano Abruzzese sia proprio il cane che fa per voi, andate in uno dei tanti canili e lasciatevi aiutare da operatori e educatori cinofili nella scelta del vostro compagno di vita. Potreste davvero fare la differenza.
Video credits
Autrice del video: Mara D'Alessandro
Supporto scientifico: Luca Spennacchio