Ha sparato alla sua cagna perché con un femore fratturato dopo essere stata investita da un’auto, non gli sarebbe servita più a nulla. E così l’uomo, un cacciatore di Costabissara, in provincia di Vicenza, anziché affrontare le spese veterinarie e la convalescenza, ha deciso di ucciderla.
«Può scioccare, ma di certo non sorprende tale comportamento da parte di un cacciatore. Sono tanti quelli che quando il cane diventa anziano o si ammala usano questo metodo per liberarsene. Del resto, non sono più utili al loro crudele hobby», dice Piera Rosati, presidente LNDC Animal Protection.
L’associazione si è unita alla denuncia già sporta nei confronti del cacciatore per aver posto, ai sensi dell’art. 544-bis del Codice Penale, fine alla vita del cane “per crudeltà e senza necessità”.
La ricostruzione dell’accaduto viene fatta proprio dall’organizzazione animalista sul proprio sito: «Tosca si stava allenando per la caccia, è finita in strada. Qui è stata investita da un’auto che le ha rotto un femore. La frattura, però, non era grave e con un’intervento di un veterinario competente, sarebbe potuta essere sistemata. Ma questo avrebbe comportato dei costi e comunque Tosca non sarebbe più stata efficiente nella caccia. Questa la motivazione quasi certamente».
Del resto, commenta ancora Rosati «che i cacciatori utilizzino questo metodo per liberarsi dei cani che, dopo averli aiutati per anni nel loro crudele hobby, diventano un peso, non è una novità».
«Spesso gli animali vengono condannati a morte solo perché, come in questo caso, vengono feriti e quindi non possono più lavorare per i loro proprietari. Ma non meraviglia, visto che queste persone sono abituate a uccidere per divertimento e per loro i cani, sono strumenti da sostituire quando non servono più».
LNDC Animal Protection si è unita alla denuncia contro l’uomo: «Non possono esistere motivi validi che portino a sparare a bruciapelo a un cane, soltanto perché ha una zampa rotta. Un’azione del genere può dipendere solo da una totale mancanza di rispetto per la vita e la dignità di una creatura. Un essere vivente che, fino a un attimo prima, ha collaborato al meglio con l’umano che considerava il suo punto di riferimento», conclude la presidente.