Recentemente ho letto sulla pagina del rifugio delle ragazze della Lega Nazionale del Cane di Silvi che Camilla non c’è più. Scrivo subito a Sonia e le chiedo se ha voglia di parlarne, sapevo quanto fosse affezionata a lei e speravo che nonostante i suoi 11 anni superasse bene un intervento che aveva dovuto subire e si riprendesse. Ci contavo davvero. Camilla era una Setterina dallo sguardo tenero e io ho un debole per questi cani, per il loro modo di osservarti e inclinare la testa in attesa di un nostro gesto. Sono cresciuta con un compagno Setter per sedici lunghi anni ed è stata una delle esperienze più belle e motivanti della mia vita. Sapevo che Sonia avrebbe voluto parlarne con me, che si fida, che mi avrebbe spiegato tutto senza risparmiarsi. Ecco, “senza risparmiarsi” è esattamente l’espressione che caratterizza quello che lei e le altre volontarie fanno all’interno del rifugio. Dedicano anima e corpo ai cani, cercano per loro le migliori adozioni e se queste come per Camilla non dovessero mai arrivare, fanno in modo che la loro permanenza in canile sia delle migliori possibili.
Gestiscono i cani in grandi gruppi sociali, cercano di non creare tensioni e conflitti, lasciano loro gli spazi necessari e anche nei momenti di riposo i cani condividono spazi e prossimità. Ogni volta che è necessario, come durante la malattia di Camilla, rimangono in rifugio anche la notte, somministrano le terapie. Sonia e gli altri volontari sono l’esempio vivente di tutti coloro che cercano di fare delle distinzioni fra cani che hanno bisogno di un appoggio in rifugio e cani che possono essere gestiti anche sul territorio senza mai lesinare un supporto alle varie situazioni. La mamma di Camilla, infatti, viveva libera proprio negli spazi limitrofi al rifugio e, una volta sterilizzata, era rimasta là accudita: solo successivamente, quando si era ammalata, era stata accolta da una famiglia della zona e le ragazze avevano provveduto a farla operare e a farla ristabilire per passare la sua anzianità nel miglior modo possibile fino al male che l’ha portata via. Prima di allora, quella cagna era probabilmente di un cacciatore e anche Camilla lo era stata: ma lei come sua madre non erano abili nell’attività venatoria e, quindi, non contavano granché.
La storia di Camilla: un cane da caccia come tanti altri
Dopo l’alluvione che aveva devastato alcune zone dell’Abruzzo nel 2009, l’associazione decide di prendersi in carico un terreno dove far sorgere il nuovo rifugio. A pochi mesi dalla messa in opera, una mattina, i volontari trovano legata davanti al cancello Camilla. Era stata lasciata lì con quei lacci che si utilizzano per tenere le balle di fieno, era ferma da ore, in attesa che qualcuno la trovasse. Le ragazze notarono immediatamente la somiglianza estrema con la Setter libera dei dintorni e cercarono un nesso. C’era solo una cosa che sicuramente accomunava quelle due cagne nel bene e nel male: che non erano abili alla caccia. Camilla, in particolar modo, era una cagnetta di pochi mesi ed era letteralmente terrorrizzata dai rumori forti. Ogni tuono, temporale e sparo nei dintorni era una vera e propria esplosione di terrore per lei: era chiaro che nessun cacciatore avrebbe mai tenuto una cagna così. Inoltre, l’aver passato i primi mesi di vita chissà dove non aiutava affatto perché Camilla era molto sensibile alle posture delle persone, ai loro gesti, temeva tutti senza distinzioni. Per noi volontari questo significa sempre e solo una cosa: grande difficoltà nel trovare le persone giuste per un’adozione, grande pazienza per aiutarla a fidarsi di noi, grandi scogli da superare verso le persone sconosciute e, soprattutto, grande stress ogni volta che tocca fare una manipolazione del cane un po’ più invasiva. C’è solo una cosa che a volte ci può aiutare ed è mettere un cane come Camilla insieme ad altri cani. Quella vicarianza sociale, la possibilità di starci lontani ogni volta che ne sentono il bisogno, l'osservare gli altri cani più sereni nei nostri confronti e rapportarsi a loro anche solo con un’annusata per capirne lo stato emozionale può a volte catalizzare i tempi di fiducia ed essere una vera e propria stampella. Per Camilla lo è stato e, nella sua storia poco felice, pur non avendo trovato adozione, tutto sommato è stata molto, molto fortunata a finire nel rifugio di Sonia con un nutrito gruppo di cani.
Camilla la Principessa degli stracci
Ben presto Camilla prese la confidenza necessaria coi volontari che le permetteva di non subire le interazioni, anzi iniziava ad aprirsi in modo sempre più sereno, a richiedere lei stessa il contatto e ad essere addirittura felice e scodinzolante, come solo un Setter può fare, nel vedere arrivare i volontari. Finché rimaneva dentro le recinzioni del rifugio e insieme agli altri cani per lei non c’erano più paure insormontabili. Certo, ogni volta che si trattava di mettere una zampa fuori da quel luogo di sicurezze che si era faticosamente costruita era una tragedia. Tentare di passeggiare con lei all’esterno era un'impresa titanica, il guinzaglio era un mostro da combattere, l’automobile era un buco nero senza ritorno e anche piccole esperienze fuori sembravano pesarle come macigni. Questo restringeva la possibilità che le persone si interessassero a lei perché, si sa, quando qualcuno arriva al rifugio cerca un cane che non abbia problemi, che possa seguirlo ovunque, che risponda a determinate caratteristiche. Camilla aveva un ulteriore problema a suo sfavore: una malattia autoimmune agli occhi che non comportava nulla dal punto di vista fisico, non era affatto un handicap, ma la sua gestione lo era: necessitava di un collirio specifico, quattro volte il giorno. La schiera di possibilità si riduceva drasticamente ancora di più e, forse, è proprio quando sappiamo che un cane ha meno possibilità di un altro che noi volontari in qualche modo ci affezioniamo di più. Negli anni passati al rifugio Camilla era sempre avvolta in una coperta o indossava la mantella, soprattutto negli ultimi periodi e questo, a lei che aveva problemi con le persone ma era una vera maestrina coi cani, le era valso l'appellativo ironico di “Principessa degli Stracci” dalle ragazze del rifugio. Sempre in primo piano nei video: se pioveva meglio saltare in braccio ai volontari o in mezzo ai cani a farsi vedere e riconoscere. Sui social ormai era conosciuta da tutti e le sue foto destavano sempre grande ilarità.
Arrivederci Camilla e grazie di quello che ci hai regalato
Nessuno ha mai adottato Camilla in questi dieci anni nonostante la sua bellezza e la bellezza anche del suo carattere un po' schivo perché sì: c’è grande bellezza anche in un cane come lei (e ripeto: so di essere di parte!). Quando un cane nelle sue difficoltà è comunque coerente con le sue emozioni, non si lascia comprare, corrompere ma sceglie, con tutta la forza d’animo che riesce a trovare, di fidarsi degli altri, nonostante tutto, coi suoi tempi, io lo trovo un aspetto commovente per la forza caratteriale che sprigiona. E non mi vergogno di dire che, mentre scrivo, pur non avendola mai conosciuta davvero, ho le lacrime: perché non ci si deve vergognare di affezionarsi ad una creatura anche solo seguendo le sue storie su un social e conoscendo i volontari che se ne occupano ogni giorno. Mi commuove pensare a quante Camilla abbiamo nei nostri canili, a quanti cani tornano a fidarsi se rispettati nei loro tempi e nei loro modi, a quanti non hanno la fortuna che ha avuto Camilla di trovare le ragazze e i cani del rifugio e, tutto sommato, far parte di una grande famiglia. Eppure è così che sono trascorsi gli anni, ben dieci fino a ieri, fino al momento in cui è arrivata quella telefonata di Sonia che mi ha raccontato che Camilla non c’è più. L’operazione che ha dovuto subire è stata molto pesante e forse quella meravigliosa Setter ha deciso che quegli anni nella sua famiglia canile erano stati ormai sufficienti. Camilla ha avuto lo stesso identico problema di salute di sua madre, chissà che davvero non fosse figlia sua e volesse seguirne le orme a tutti gli effetti. C’è un’ultima foto sulla pagina di Sonia e del rifugio di Camilla che osserva uno dei tanti tramonti dietro le colline, accompagnata da un “Arrivederci”. Un'ultima riflessione, così, arriva dritta dal cuore alle persone che leggono: non arrivate nei canili a guardare solo quei cani che vi vengono incontro. A volte, fra i più nascosti, possono esserci dei veri gioielli, delle principesse, proprio come Camilla. Adottate, in canile c’è l’oro! Arrivederci grande cagnona, questo il mio omaggio per te.