«Quello che sta succedendo fa male a tutti, agli animali in particolare. Da trent'anni mi occupo della loro tutela a Napoli e non ho mai sentito la vicinanza di nessuno, né della Regione né del Comune. Quello che si sta verificando adesso però è troppo: se queste nuove direttive dovessero essere applicate sarà la fine per l'intero sistema di gestione degli animali del territorio». È la denuncia che fa a Kodami Luigi Carrozzo, uno dei volti più rappresentativi dell'animalismo campano, a pochi giorni dall'entrata in vigore delle linee guida per l'iscrizione dei cani in anagrafe.
Una circolare inviata dalla Direzione sanitaria veterinaria della Regione Campania a tutte le Aziende sanitarie locali (Asl) ha infatti sostituito la procedura corrente con una diversa che entrerà in vigore il 10 gennaio. Le nuove regole sono state reputate dannose per i Comuni, per i cittadini, e per i volontari. È proprio a questi ultimi che, nei fatti, è affidata la gestione dei cani liberi e vaganti sul territorio e che ora a breve si troveranno con le mani legate.
Per questo Carrozzo ha rivolto un appello al presidente della Regione Campania a nome di tutta la comunità: «Chiedo a De Luca, a nome di tutti i volontari della regione, di rivalutare l'operato delle associazioni, e di dialogare con noi per non svilire i decenni di attivismo che hanno reso possibile la gestione degli animali in Campania, nonostante tutte le sfide e le difficoltà che lui conosce molto bene».
«De Luca cambi i vertici regionali della Sanità animale e soprattutto si riappropri del primato politico su certe decisioni: l'Asl è un organo tecnico, e queste nuove linee guida impongono un mutamento che non è solo burocratico. In tutti questi anni ho sentito crescere il disinteresse rispetto alla tutela degli animali, tutto è stato demandato alle Asl, le quali agiscono come azienda con lo scopo principale di fare rispettare le regole, mettendo in secondo piano la salvezza del singolo individuo».
La Regione, complice la transizione dall'anagrafe canina regionale a quella nazionale, ha stilato una serie di requisiti obbligatori per poter registrare gli animali. Le nuove linee guida impongono diversi passaggi che sulla carta vorrebbero colpire il commercio illecito di cani di razza e al contempo limitare la possibile diffusione di zoonosi, ma che nella pratica favoriscono il randagismo e la convergenza sui canili comunali di una mole di animali che comprende sia quelli vaganti che quelli di famiglia.
«Il lavoro del volontario diventerà impossibile – sottolinea Carrozzo – E a pagare il prezzo più alto saranno proprio i cuccioli. Questo vuol dire non avere a cuore il benessere degli animali, altrimenti si sarebbe trovano un sistema più giusto, e più aderente a quello che succede nella realtà».
Prima, i volontari che rinvenivano una cucciolata casalinga la portavano dal veterinario per fare sterilizzare i piccoli e poi darli in adozione attraverso il passaparola in Rete soprattutto. Una procedura imperfetta e non ortodossa perché grava sulle tasche delle associazioni, ma che in questi anni ha evitato l'ingresso in canile di tantissimi piccoli appena nati. Dal 10 gennaio questo non sarà più possibile: i cani senza microchip non potranno essere presi dai volontari ma dovrà essere allertata la Polizia Locale. Saranno poi gli agenti a portare i cani al canile sanitario e poi a quello convenzionato col Comune che si troverà così costretto a pagare per un numero ancora maggiore di animali. I cani vaganti potranno essere registrati solo se si conosce il numero di microchip della madre. Si tratta di un sistema dal quale nessuno esce vincitore. Neanche le famiglie.
Prima erano le Asl stesse ad organizzare giornate di microchippatura gratuita rivolte alle persone che vivevano con un cane senza averlo mai registrato, a breve invece chi volesse sanare la propria situazione si troverà costretto a pagare una multa da 300 euro.
Sono i volontari che, appena arriva una segnalazione, vanno a cercare cani scomparsi o abbandonati. Si tratta di chat sui social e Whatsapp dove Carrozzo è sempre presente, in forza dell'autorità maturata nella sua comunità grazie al lavoro svolto con il rifugio "L'emozione non ha voce". Noi di Kodami ci siamo entrati e abbiamo trovato un luogo in cui cani e umani vivono insieme senza barriere né costrizioni, nel rispetto reciproco.
Carrozzo è sempre in prima linea, lo è stato anche per Rose, la Pitbull dispersa a Napoli poco prima di Natale e ritrovata a Capodanno. «Quando abbiamo letto l'appello del suo umano ci siamo subito attivati: dopo la segnalazione io e altri volontari ci siamo concentrati in punti precisi e divisi in squadre. Abbiamo pattugliato le strade anche fino alle 2 di notte, ma per noi è normale, è qualcosa che facciamo spontaneamente. Lo stesso successe per Peppiniello quando fu abbandonato. Agiamo in autonomia perché sappiamo di non poter contare sul supporto dalle istituzioni».
In trent'anni di attivismo, Luigi Carrozzo ha visto cambiare il volto e il colore politico della sua città: «Mi occupo di protezione animali sistematicamente dagli anni Novanta. Vivo con loro e per loro 24 ore su 24 tutti i giorni, e in tutto questo tempo non ho percepito mai la vicinanza delle varie amministrazioni, ad eccezione di pochi singoli al loro interno che per sensibilità personale si sono interessati degli animali e dei rifugi».
Carrozzo però ha provato a cercare un rapporto con il Comune: «Durante i primi anni Duemila ho aderito, come volontario, a un bando del Comune per l'ambulanza veterinaria di Napoli. Giravamo per la città per soccorrere sia gli animali delle persone che quelli liberi. Ci arrangiavamo con veterinari privati che davano loro disponibilità a curare tutti. Poi è cambiato il vento politico, l'Asl ha creato la sua ambulanza e sono stati assunti lavoratori stipendiati».
Il vento, sembra stia cambiando ancora, questa volta in favore delle realtà che hanno in gestione canili destinati a riempirsi sempre di più, dato che in ragione delle nuove linee guida i cani vaganti e non della città dovranno transitare in questi luoghi.
Una realtà che Carrozzo non può accettare in ragione di come ha strutturato il suo rifugio e la sua intera vita. E come lui anche tantissime altre persone che in questi mesi ci hanno scritto per denunciare un cambio di sistema pericoloso per tutti e che non mette al centro il benessere di ogni forma di vita.