Il caldo anomalo non ha effetto solo su noi umani: anche la fauna selvatica ne risente, in particolare gli uccelli. Questo è quello che hanno dimostrato i ricercatori dell’Università degli studi di Milano e dell’Università di Padova, i quali suggeriscono una semplice soluzione nella progettazione e costruzione delle strutture destinate ad ospitare questi animali.
Lo studio, pubblicato su Global Change Biology in open access, è stato condotto con la collaborazione dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), del Cnr-Irsa e della Provincia di Matera nella città stessa, durante le ondate di calore che hanno investito il sud Italia tra giugno 2021 e 2022, con temperature superiori a 37°C per diversi giorni consecutivi.
Queste condizioni estreme di temperatura, mai verificatesi prima in quest’area negli ultimi 20 anni, causano uno stress termico prolungato, che, legato alla disidratazione e all’impossibilità di dissipare calore, può avere effetti drammatici sugli animali selvatici, fino alla morte.
I ricercatori hanno quindi sperimentato un metodo innovativo di raffrescamento dei nidi, per valutare quanto l’esposizione a ondate di calore intense e prolungate influisca sul successo riproduttivo del falco grillaio (Falco naumanni), un piccolo rapace migratore, caratteristico delle regioni mediterranee.
La scelta della città non è stata causale: Matera, infatti, ospita una delle più grandi colonie riproduttive mondiali di questa specie, formata da circa un migliaio di coppie nidificanti, ed è parte integrante del patrimonio culturale della città. Nonostante ciò il falco grillaio non è più comune come un tempo e ha subito un drastico declino nella seconda metà del secolo scorso, a causa dall’intensificazione agricola e di eventi di siccità nella regione del Sahel dove trascorre l’inverno.
L’esperimento dei ricercatori è consistito nell’apporre una semplice tettoia che ombreggiasse alcune cassette nido, consentendo di abbassare la temperatura interna di circa 4°C rispetto a quelle non ombreggiate. Stando ai risultati pubblicati, il successo riproduttivo dei falchi nelle cassette nido non schermate è stato decisamente inferiore: solo un terzo delle uova deposte ha generato pulcini pronti all’involo, mentre nelle cassette nido ombreggiate si parla di circa il 70%, come nella norma.
Inoltre, nelle cassette non ombreggiate si sono verificati frequentemente episodi di mortalità dei pulcini, molto rari, invece, nei nidi ombreggiati, tutti in corrispondenza delle giornate più calde con picchi di temperatura dell’aria superiore a 37°C all’ombra e superiori a 44°C all’interno delle cassette nido.
I pulcini cresciuti nelle cassette schermate sono poi risultati in condizioni fisiche decisamente migliori e di taglia maggiore, dato che ne aumenta di molto le probabilità di sopravvivenza una volta involati.
«Questi risultati evidenziano come fenomeni di temperature estreme, in passato estremamente rari e in alcuni casi mai registrati prima, possano avere effetti profondi e molto rapidi sulle popolazioni di animali selvatici. Considerato che gli scenari di cambiamento climatico prevedono un ulteriore aumento della frequenza e intensità delle ondate di calore nei prossimi decenni, in particolare nella regione mediterranea, ciò potrebbe rappresentare una ulteriore grave minaccia per la biodiversità delle regioni colpite», ha sottolineato Diego Rubolini, dell’Università statale di Milano.
Quest'anno l’anticiclone africano estivo ha portato caldo ancora più estremo rispetto agli anni precedenti e il trend dell’aumento delle temperature sembra essere destinato a continuare. I risultati preliminari delle attività di monitoraggio indicano effetti ancora peggiori sui falchi grillai rispetto a quanto osservato in precedenza. Ma, come ha spiegato Andrea Pilastro dell’Università di Padova, «questi risultati suggeriscono anche che limitati accorgimenti nella progettazione e costruzione di strutture destinate ad ospitare animali selvatici, come un incremento dell’isolamento termico delle cassette nido, debbano essere attentamente considerati in quanto possono favorire in maniera significativa il successo dei progetti di conservazione in uno scenario di riscaldamento globale».