La caccia in Lombardia rimarrà aperta per il mese di gennaio come disposto dal calendario venatorio regionale. Lo ha deciso il Tar della Lombardia respingendo il ricorso della Lega Abolizione della Caccia.
I giudici della quarta sezione del Tribunale amministrativo hanno accolto l’eccezione sollevata dalla stessa Regione e dalle associazioni venatorie: Associazione Nazionale Libera Caccia (ANLC), Federazione Italiana della Caccia della Lombardia, Unione Enalcaccia Pesca e Tiro.
«Improcedibile per un vizio di forma – precisa Katia Impellittiere, delegata della Lac di Brescia- La Lombardia è l'unica regione in Italia che ad avere calendario venatorio perenne perché disposto da una legge regionale, e non da un atto amministrativo, da qui l'improcedibilità del Tar. La Regione Lombardia ha costruito un castello normativo difficile da attaccare».
In particolare, il ricorso della Lac si è concentrato sul decreto della Direzione generale agricoltura, alimentazione e sistemi verdi di Regione Lombardia del 14 giugno 2022, n. 8349, avente ad oggetto «Determinazioni in ordine al calendario venatorio regionale per la stagione venatoria 2022/2023, riduzione, ai sensi dell'articolo 1, comma 7, della L.R. 17/2004, del prelievo di alcune specie di avifauna».
«Quest'anno impugneremo più atti e ne solleveremo l'incostituzionalità perché per la legge nazionale il calendario venatorio dev'essere un solo atto – spiega Impellittiere – la Lombardia prevede per ogni provincia delle disposizioni diverse, anche perché manca un vero Piano faunistico».
La Federcaccia però ha bollato il tutto come una «sconfitta animalista», la seconda dopo la richiesta presentata a Regione Lombardia e Ispra questa estate in cui la Lac chiedeva lo stop alla caccia a causa della emergenza siccità e incendi:«La scarsità di acqua, i roghi, il caldo torrido stanno duramente mettendo a repentaglio l’intera fauna selvatica, determinando situazioni ambientali assai critiche, proprio nella fase della riproduzione e di nidificazione – scriveva la Lac insieme a Enpa, Lav, Legambiente, Lipu e Wwf Italia – Numerosi habitat risultano compromessi o profondamente modificati a causa degli effetti, diretti e indiretti, dei cambiamenti climatici, nonché di comportamenti irresponsabili e in taluni casi criminali, come quelli perpetrati da chi si rende autore di incendi boschivi».
Oggi i giudici di Milano hanno ribadito che non è possibile, allo stato delle leggi attuali, mettere un freno alle competenze della Regione rispetto alle attività venatorie. Il Tar riconosce che «l’ambito di intervento consentito alle Regioni va ricompreso entro i limiti individuati dalla legge statale, che dovrà prevedere una disciplina della materia compiuta, e non limitata all’individuazione dei principi fondamentali, alla quale l’Amministrazione periferica è vincolata». Nell’ambito della caccia, la legislazione statale è recata, in primis, dalla Legge 157/1992, che all’art. 18 disciplina (anche) il piano faunistico venatorio regionale, stabilendone limiti contenutistici e procedure di approvazione.
Nel giro di pochi mesi questi provvedimenti destinati ad avere un impatto importante sull'avifauna della Lombardia. Soprattutto a seguito l'approvazione della legge "spara e mangia" da parte della Regione Lombardia. Attraverso l'eliminazione del divieto per i ristoratori di usare i piccoli uccelli selvatici per lo spiedo lombardo, la piccola fauna rientri a pieno titolo nel novero delle specie impiegate nella filiera alimentare.
La Lac però ha fatto sapere che non si fermerà: «Continueremo a lavorare per impedire che la Regione segua i diktat della Lobby venatoria», conclude Impellittiere.