27 Agosto 2024
19:00

Riprire la caccia allo stambecco: perché le conseguenze potrebbero essere disastrose

Si è riacceso il dibattito sulla possibilità di aprire la caccia allo stambecco, specie simbolo della conservazione della fauna in Italia. Il Governo Italiano sembra favorevole all'idea, ma è una scelta necessaria o un rischio inutile?

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Negli ultimi tempi, si è riacceso il dibattito sulla possibilità di aprire la caccia allo stambecco, una specie simbolo della conservazione della fauna in Italia. Il Governo Italiano ha accolto con parere favorevole un ordine del giorno presentato alla Camera dal Carroccio considerando che, come affermato dal presidente dell'ISPRA, il prelievo venatorio potrebbe essere tecnicamente sostenibile: oggi ci sono circa 16.000 esemplari di Capra ibex sulle Alpi italiane, un numero che teoricamente permetterebbe una caccia regolamentata. La nostra storia recente di gestione della fauna selvatica è costellata di esempi di fallimenti. Siamo pronti a correre il rischio di compromettere nuovamente una specie che abbiamo faticato tanto a salvare?

La storia dello stambecco in Italia

Non bisogna dimenticare che meno di un secolo fa, lo stambecco era sull’orlo dell’estinzione proprio a causa della caccia ed è stato a un passo dall'estinzione nel corso del XIX secolo. Solo grazie a sforzi enormi che è stato reintrodotto nelle Alpi, e solo ora la popolazione sta mostrando segni di recupero. Aprire nuovamente la caccia in questo momento sembra una scelta discutibile, se non addirittura pericolosa. La giustificazione potrebbe risiedere nel monitoraggio sanitario della specie o nel ricavo economico destinato alla conservazione. Tuttavia, anche se la caccia fosse motivata da fini economici volti alla tutela della fauna selvatica, resterebbe comunque un'operazione rischiosa nel nostro paese. Le conseguenze, se non monitorate con attenzione dal punto di vista biologico ed ecologico, potrebbero essere disastrose.

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La proposta del prelievo venatorio

Il piano imposta un limite del prelievo è fissato al 5% della popolazione tra Passo Resia e Passo del Brennero. Cosa significa esattamente questa percentuale: immaginate di poter cacciare una specie garantendo che il numero di esemplari rimanenti sia sufficiente a mantenere la popolazione sana e in equilibrio con l'ambiente. Questo richiede un controllo accurato della popolazione totale, per assicurarsi che il numero di animali uccisi non superi l'incremento naturale della specie.

Secondo le stime, meno del 5% della popolazione primaverile potrebbe essere cacciato, con un 75% di questi esemplari destinato ai cacciatori e il restante 25% catturato per essere reintrodotto in altre aree. Tuttavia, questa reintroduzione comporta gravi difficoltà per gli animali, che devono adattarsi a nuovi habitat, trovare risorse alimentari, formare nuovi gruppi e sopravvivere alle sfide di un ambiente sconosciuto. Inoltre, il prelievo dovrebbe essere attentamente bilanciato tra i due sessi e tra gli adulti e i giovani, per non alterare la struttura naturale della popolazione. Questo tipo di operazione potrebbe svolgersi nei mesi di ottobre e novembre e sarebbe riservato ai cacciatori appartenenti a riserve speciali, accompagnati da esperti.

Perché potrebbe essere un rischio insostenibile

Anche se lo stambecco è già cacciato in paesi confinanti come Svizzera, Austria e Slovenia, la situazione in Italia è diversa e più complessa. Anche a Bolzano, dove la caccia è già consentita, non sono state ancora studiate a fondo le nuove minacce che questa specie sta affrontando sulle Alpi italiane. Lo stambecco è particolarmente vulnerabile agli effetti della crisi climatica. Le temperature in aumento stanno riducendo drasticamente il loro habitat e la qualità dei pascoli, proprio quando i piccoli hanno bisogno di nutrimento per crescere. Questo potrebbe portare a una riduzione drastica della popolazione. Inoltre, i pastori stanno portando i loro greggi di capre a quote sempre più alte, aumentando il rischio di ibridazione e di trasmissione di patologie.

Per non parlare del comportamento dell'uomo che va a peggiorare una condizione già delicata. Inoltre, la popolazione di stambecchi è già frammentata e presenta una bassa variabilità genetica, il che rende ogni singolo esemplare prezioso per la sopravvivenza della specie. Per questo motivo, sarebbe necessaria una maggiore quantità di studi prima di considerare una misura così drastica.

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La storia sembra destinata a ripetersi, ma possiamo evitare di commettere gli stessi errori del passato. La lezione più importante è che la caccia allo stambecco potrebbe essere una scelta troppo rischiosa, con potenziali conseguenze devastanti per una specie già minacciata. Dobbiamo agire con cautela, valutando attentamente tutti i rischi e le alternative, per garantire che questo simbolo delle nostre montagne continui a vivere in salute e in equilibrio con il suo ambiente.

Sono una ragazza che dopo qualche anno di veterinaria ha scoperto la sua passione: lo studio del comportamento degli animali, incluso l'uomo, in un'ottica comparata. Questa scienza, ancora sconosciuta, si chiama "Etologia" e mi aiuta a non smettere mai di conoscere cose sulla natura, sugli animali, su di noi e sulla nostra storia.
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