Una nuova recluta è entrata a far parte del super-team di rapaci del Servizio Federale di Protezione della Russia: si tratta di Buran, un maschio di gufo delle nevi (Bubo scandiacus) nato lo scorso anno. Insieme ai suoi "colleghi" del Dipartimento Ornitologico del Cremlino aiuterà a difendere monumenti, turisti ed eventi pubblici dai "fastidiosissimi" corvidi. Il giovane gufo fa parte infatti del gruppo di rapaci da falconeria utilizzati come dissuasori o attrattori per corvi, cornacchie, gazze e taccole. Aquile, falchi e altri rapaci sono infatti particolarmente "odiati" dai corvidi, che spesso riversano su di loro tutte le attenzioni con continui ed estenuanti comportamenti di mobbing. L'agenzia statale russa TASS fa sapere inoltre che, una volta attirati su Buran, i corvidi saranno poi efficacemente allontanati dal resto della squadra unita: Zeus il falco pellegrino, Hector il falco sacro, Filya il gufo reale e tutti gli altri.
La falconeria per tenere a bada i piccioni e come strumento educativo
Negli ultimi anni sempre più spesso la falconeria viene utilizzata come strumento di controllo per provare a gestire gli "uccelli problematici" come piccioni e storni in città, aeroporti e aziende agricole. Nata come antica pratica venatoria particolarmente diffusa tra i nobili del Medioevo, la falconeria è alla continua ricerca di una nuova e più accettabile immagine pubblica che sia al passo coi tempi. Chi pratica questa attività oggi sostiene che l'utilizzo di falchi e altri rapaci sia un metodo efficace ed ecologico per tenere a bada piccioni e altri uccelli fastidiosi, nonché un ottimo strumento educativo per la tutela di questi maestosi uccelli in natura. Ma è davvero così?
Sebbene falchi e altri rapaci, in quanto predatori, sembrano essere apparentemente molto efficaci nell'allontanamento immediato degli "uccelli problematici" bisognerebbe considerare l'incisività del metodo in maniera più ampia e a lungo termine, non in modo episodico. Prede e predatori convivono da sempre e in ogni tipo di ecosistema, incluso quello urbano. I falchi pellegrini (Falco peregrinus), per esempio, hanno ormai colonizzato quasi ogni città del mondo del mondo, comprese grandi metropoli come Napoli, Roma e Milano. Vivono quasi esclusivamente di piccioni, storni e altri uccelli di città. Questo crescente inurbamento dei predatori sembra però non avere alcun effetto sul controllo sul numero o sull'allontanamento degli altri uccelli in città come piccioni e storni che, al contrario, continuano a prosperare e ad affollare piazze, parchi e giardini. Anche laddove vengono allontanati con efficacia dai falconieri, gli uccelli ritornano non appena i falchi cessano di volare. Come succede in qualsiasi contesto in cui ci sono prede e predatori. Ha senso quindi parlare di strumento efficace? Lo avrebbe se ci fossero falchi perennemente in volo in ogni angolo delle città, ipotesi abbastanza insostenibile.
Da un punto di vista didattico-educativo poi, che effetto può avere su ragazzi e adulti la spettacolarizzazione di animali selvatici incappucciati e legati per le zampe che vengono utilizzati per esibizioni e in maniera non dissimile da quella di un circo? Difficilmente privare un animale della propria natura e dei propri bisogni può avere un effetto educativo sul pubblico, soprattutto sui bambini. Anche se in maniera involontaria i messaggi che vengono lanciati mettono in evidenza solamente lo sconfinato potere dell'antropocentrismo. Ciò che viene mostrato alle persone è il diritto, del tutto autoattribuito, di poter snaturare e servirsi di un animale a proprio uso e consumo. Quanto di più lontano possa esistere dal rispetto e dalla conservazione delle specie selvatiche nel proprio habitat naturale.
Etica, benessere animale e conservazione
Inoltre, seppur regolamentata e condotta da persone mosse da buoni propositi e che tengono al benessere dei propri animali e di quelli in natura, ci sono altri due importantissimi elementi che rendono molto discutibile la pratica della falconeria oggi, forse quelli più importanti. Il primo à che spesso ci dimentichiamo che falchi, aquile e gufi sono animali selvatici, quasi tutti predatori solitari con nulle o poco sviluppate attitudini sociali. Sono animali che quindi non hanno subito, come per esempio il cane, un lungo processo di domesticazione che li ha resi più adatti e compatibili a convivere al nostro fianco. Non è possibile instaurare una vera relazione bidirezionale con i rapaci, che subiscono semplicemente un addestramento forzato basato sulla necessità di potersi alimentare esclusivamente per mano dell'uomo.
Infine, come sottolineano spesso tutte le più importanti associazioni ornitologiche mondiali, la falconeria continua ancora oggi ad alimentare indirettamente il bracconaggio e la cattura dei pulli al nido. Molti bracconieri rubano dai nidi i pulli di specie rare, in via d'estinzione o particolarmente richieste, come accade in Sicilia per l'aquila del Bonelli, il lanario o il falco pellegrino, che vengono rivenduti poi sul mercato nero internazionale contribuendo spesso in maniera decisiva al declino delle popolazioni in natura.
Per quanto la falconeria sia una pratica antica, di nobili origini e dal forte valore culturale sembrerebbe forse aver fatto il suo tempo. Nonostante la continua ricerca di nuovi scopi e utilizzi gli effetti sul controllo degli uccelli in città, sul valore educativo di questi animali e sulla conservazione delle specie sembrano essere purtroppo nulli o addirittura controproducenti: la falconeria oggi altro non è che un hobby, un passatempo basato sullo sfruttamento non necessario degli animali. Forse è arrivato davvero il momento di mettere da parte questa antica e anacronistica arte per favorire nuovi e più efficaci strumenti di educazione e tutela del benessere animale, che rispettino la loro natura e che contribuiscano alla conservazione.