Otto lupi entrano in un'azienda agricola e accerchiano una donna mentre dà da mangiare ai suoi animali all'interno del recinto. È quello che è successo a Svetlana Filippova, proprietaria con il marito Danilo Mancini di un'azienda agricola a Granarola di Gradara, provincia di Pesaro Urbino.
A raccontare a Kodami l'episodio è proprio Mancini: «Mia moglie come ogni mattina si trovava all'interno del cortile recintato in cui teniamo galline e oche per pulire e dare loro da mangiare. I lupi però sono riusciti a scavalcare la recinzione e lei in brevissimo tempo si è trovata accerchiata. Aveva in mano il badile che stava usando per pulire e con quello si è difesa, fino a quando non sono arrivato io e i lupi hanno desistito scavalcando di nuovo il recinto per uscire».
Un episodio che ha profondamente scosso tutta la famiglia: «Mia moglie non aveva ferite fisiche ma ha subito un fortissimo shock: non riusciva a parlare e tremava- confida Mancini – È stata ricoverata in ospedale ma adesso sta bene. Abbiamo due figli di 13 e 15 anni che dopo scuola erano soliti passeggiare nei nostri vigneti e frutteti, ma ora non andranno più in giro da soli all'interno dell'azienda, nonostante sia tutta recintata».
Lo stesso Mancini segnala l'unicità di quanto avvenuto a Gradara: «Gli animali della zona ogni tanto vengono predati, ma il comportamento avuto da questi lupi non è normale. In questi anni l'espansione dei lupi nella zona è andata di pari passo a quella degli ungulati. Tuttavia si stanno spingendo troppo vicino alle case, e in questo caso sono entrati dentro una proprietà recintata».
L'esperta Fazzi: «Presenza eccessiva di lupi? Questione politica, non ecologica»
Mancini ha ricondotto la responsabilità di quanto avvenuto alla possibile ibridazione dei lupi, e alla loro eccessiva presenza sul territorio. Per rispondere a questi dubbi, Kodami ha chiesto il parere di Paola Fazzi, biologa esperta in conservazione e gestione della fauna all'Istituto Ecologia Applicata. Sull'ibridazione del lupo come possibile causa dell'episodio di Gradara, Fazzi si mostra scettica: «L’ibridazione è una minaccia seria per la conservazione della specie lupo dal punto di vista genetico, ma per le conoscenze che abbiamo oggi, lupi e ibridi non mostrano differenze dal punto di vista comportamentale».
D'altra parte la biologa segnala la necessità di approfondire una questione sempre più attuale come quella dell'ibridazione: «Non sono stati fatti studi specifici e sarebbero interessanti lavori più approfonditi, ma da quello che è risultato da progetti su animali provvisti di radiocollare, gli ibridi hanno gli stessi comportamenti di animali puri, e non mostrano maggior interazione o vicinanza all’uomo o alle strutture umane. Anche dal punto di vista dell’alimentazione, non è stata rilevata differenza. L’avvicinarsi all’uomo è dovuto nella quasi totalità dei casi a fonti trofiche disponibili che gli animali trovano nelle vicinanze dei paesi o delle abitazioni».
Per Fazzi «il lupo ha ricolonizzato ormai tutto il territorio da cui era sparito da oltre un secolo. Dopo aver riconquistato le aree più “remote” nella fase iniziale, adesso è presente in ogni ambiente, anche a quote basse e fin sul livello del mare, in quanto non esistono limiti altitudinali o climatici che possano escluderlo. Troviamo lupi intorno alle città, in pianura, sulla costa tirrena e adriatica, spesso anche sulla spiaggia in quanto nelle pinete retrodunali sono spesso presenti cinghiali, daini e altri ungulati».
L'esperta ritiene che si tratti di una situazione inedita che le istituzioni e i cittadini sono chiamati ad affrontare mettendo in campo responsabilmente una serie di strategie: «Dobbiamo abituarci all’idea che il lupo possa essere ormai presente in quasi ogni zona di Italia, sforzandoci di mettere in atto dei comportamenti che possano farci tollerare la sua presenza e che non portino i lupi, e tutti i selvatici, a cercare attivamente qualcosa dall’uomo. È fondamentale far sì che non ci siano rifiuti o avanzi alimentari accessibili, cibo per cani o gatti disponibile, o in aziende zootecniche scarti di macellazione o placente non correttamente smaltiti, cose che potrebbero portare i lupi ad avvicinarsi e perdere la diffidenza verso l’uomo. In caso di incontro con animali confidenti, è importante non avvicinare gli animali, non inseguirli, e fare rumore per cercare di farli allontanare».
La soluzione più spesso invocata però, non è quella di una più consapevole gestione del territorio, ma quella degli abbattimenti. Non sta accadendo solo in Italia, ma in tutta Europa. La Svezia vuole abbattere la metà della popolazione di lupi, e recentemente il Comitato permanente della Convenzione di Berna ha risposto negativamente alla richiesta di declassamento per lo status di protezione del lupo. Questo grande carnivoro risulta ancora una specie particolarmente protetta, ma è innegabile che in tutta Europa la soluzione individuata dai governi per affrontare il conflitto uomo-lupo sia quella degli abbattimenti.
«Come si capisce osservando quello che succede in altri stati europei in cui vengono effettuati abbattimenti di lupo, i danni non diminuiscono se non temporaneamente e il conflitto è comunque elevato – sottolinea l'esperta – L’abbattimento non controllato della specie può portare a destrutturazione dei branchi e di conseguenza a un potenziale aumento delle predazioni. La direttiva europea Habitat permette già la rimozione in deroga di individui in determinate situazioni, ma questo è uno strumento che può essere applicato esclusivamente in situazioni molto particolari e su richieste specifiche. Non è sicuramente la strategia a lungo termine per ridurre il conflitto che può essere mitigato unicamente tramite l’utilizzo di strategie antipredatorie adattate al contesto delle singole aziende». Come spesso accade, la necessità di semplificare e agire velocemente si rivela un'arma a doppio taglio: «Non c’è una soluzione valida per tutte le realtà, ed ogni caso deve essere valutato singolarmente per cercare di ridurre al minimo le perdite».
Sulla questione della presenza del lupo in Italia è intervenuto recentemente il ministro dell'Agricoltura Francesco Lollobrigida, il quale aveva sottolineato come i lupi stiano «creando squilibri» per allevatori e agricoltori. Ma si può parlare davvero di una presenza fuori dal normale? Secondo Fazzi si tratta di una questione di natura puramente politica: «Dal punto di vista dell’ecologia del lupo il concetto di "eccessivo" non esiste. Secondo l’ultimo monitoraggio effettuato da ISPRA nel 2020-2021, i cui risultati sono stati pubblicati pochi mesi fa, in Italia sono presenti circa 3.300 lupi. Il lupo è un predatore apicale e la sua presenza è in funzione dell’ambiente e delle prede disponibili. Se ci sono lupi significa che l’ambiente è in grado di sopportarli. Troppi lupi o pochi lupi rimane una concetto esclusivamente politico-gestionale».
L'onorevole Carloni: «Intervenire su cinghiale per limitare espansione areale del lupo»
La politica è stata chiamata in causa anche da Mancini, il quale ha fatto sapere di essersi rivolto a Mirco Carloni, deputato della Lega e presidente della commissione Agricoltura della Camera. Raggiunto da Kodami, l'onorevole Carloni ha mostrato continuità con le posizioni espresse recentemente dal Ministro Lollobrigida.
«La presenza del lupo è ormai capillare in tutta la Penisola – dice Carloni – e soprattutto in prossimità dei centri urbani e delle aree antropizzate. Le Marche, come regione appenninica non fanno eccezione. La scorsa estate ho coordinato personalmente la cattura e la traslocazione di un lupo che da diversi mesi si aggirava nel centro di Fano. Quindi conosco bene il tema. Va tuttavia posta attenzione sulle cause che hanno generato questa situazione, e da qui partire per l'adozione di strategie efficaci per la soluzione di questa criticità».
Per il deputato, il problema, e quindi la soluzione, è da ricercarsi nella posizione di predatore apicale del lupo ed è connessa all'altra grande emergenza faunistica quella dei cinghiali: «Prima la crisi dell'agricoltura e della zootecnia in montagna, a cui è seguita un'incredibile espansione dei boschi e delle foreste fino alle aree urbane e costiere. Tutto questo si è tradotto in un'esplosione demografica di una specie su tutte: il cinghiale. Questo animale oggi ha raggiunto una distribuzione e delle densità insostenibili soprattutto se si pensa alle aree fortemente vocate all'agricoltura e a quelle antropizzate. Ebbene, a questo incremento straordinario del cinghiale è seguita l'espansione del suo predatore principale, per l'appunto il lupo. Quindi, se purtroppo oggi troviamo i cinghiali ovunque e vicino ai paesi e alle grandi città (si pensi a Roma o a Berlino, visto che questo è un problema in tutta Europa) di riflesso arrivano anche i lupi. Quanto avvenuto nell'azienda agricola Mancini è quindi il risultato di questa filiera ecologica. Quel luogo tra l'altro è vicino al Parco naturale regionale del San Bartolo. Nota area di forte presenza del cinghiale e non nuova a situazioni di predazioni su animali domestici da parte del lupo che, se non trova le sue prede naturali, rivolge le sue attenzioni su capre, galline ecc».
Per fare fronte ai diversi dossier sui selvatici, il Presidente della Commissione agricoltura della Camera ha depositato lunedì una proposta di modifica della Legge 157/92 che riguarda proprio il controllo faunistico di ogni specie potenzialmente "problematica", e soprattutto del cinghiale: «Deve essere chiaro un passaggio – spiega Carloni – il problema va risolto alla radice attraverso una riduzione sistematica e capillare, con ogni mezzo e con il coinvolgimento di ogni categoria sociale interessata al tema, della presenza del cinghiale dalle aree agricole e antropizzate perché se non si elimina il motivo per cui i lupi si trovano in quelle aree i lupi continueranno ad esserci o a tornare. E a creare problemi».
Che una gestione cruenta possa davvero appianare il conflitto ecologico percepito oggi dai cittadini, però, è stato dimostrato scientificamente non essere la soluzione da percorrere.