Disastro ambientale, inquinamento, danneggiamento aggravato e ricettazione: sono questi i reati di cui si sono resi responsabili i bracconieri del mare condannati dal Tribunale di Napoli.
La sentenza è stata emessa all’esito del rito abbreviato che ha condannato alcuni tra i soggetti ritenuti responsabili della pesca e della commercializzazione illegale dei datteri di mare (Lithophaga lithophaga). Ora per i bracconieri del mare si apriranno le porte del carcere: dovranno affrontare sei anni di reclusione oltre alla confisca di veicoli e natanti e al pagamento delle spese processuali.
Consumare molluschi come i datteri di mare è assolutamente vietato ai sensi di legge, in quanto l'estrazione dell'animale dalle pareti rocciose in cui abita prevede la distruzione delle scogliere con metodi estremamente invasivi e la conseguente alterazione delle comunità marine. Un'attività constata anche dai giudici del tribunale napoletano.
Il processo è il punto d'approdo di tre anni di indagini condotte dalla Guardia di Finanza e dal Corpo delle Capitanerie di Porto della Guardia Costiera, coordinate dalla Procura di Napoli. Durante l'attività investigativa è emersa l’esistenza di due gruppi criminali: uno attivo nella zona di Napoli, l’altro nella Penisola Sorrentina e in particolare nell’area dell’Isola di Capri. Per circa vent'anni i due gruppi hanno lavorato illegalmente all'ombra dei Fraglioni, compromettendo l'ecosistema marino con una costante attività di estrazione abusiva dei datteri di mare, che ha provocati causando danni forse irreparabili.
L'interesse della criminalità organizzata per il commercio ittico era emersa anche nel corso di un'altra operazione, questa volta in Puglia. Nel corso delle indagini è emerso il ruolo della mafia del Gargano nella gestione della costa al grido di: «Il mare è nostro».
Grande la soddisfazioni delle associazioni animaliste e ambientaliste costituitesi parte civile. In particolare il WWF Italia, rappresentato e difeso dall’avvocato Andrea Franco, ha evidenziato l'importanza della sentenza «in tema di contrasto ai reati ambientali e contro la fauna selvatica, effettuare indagini accurate avvalendosi dei più moderni sistemi investigativi. Solo così è infatti possibile offrire al giudice una chiara rappresentazione della reale portata non solo del danno arrecato all’ambiente e alla biodiversità ma della intera filiera criminale che dal mare porta questi prodotti fino ai tavoli dei consumatori finali, tra cui molti ristoranti».
La pesca di questi molluschi rappresenta un fenomeno grave e diffuso. Secondo quanto riportato nel report WWF “Il danno invisibile dei crimini di natura” realizzato nell’ambito del progetto Life SWiPE, dal 2015 al 2020 la Guardia Costiera ha disposto il sequestro di oltre due tonnellate di datteri di mare illecitamente pescati. Il fenomeno del "bracconaggio del mare" è infatti attestato non solo in Campania, ma anche nel Lazio, dove poche settimane fa sono stati sequestrati e rimessi in acqua 11.000 ricci di mare.
«Questo dato si aggiunge a numerosissimi altri episodi di pesca illegale, spesso rilevati anche nelle Aree Marine Protette – ha sottolineato il WWF – È quindi quantomai necessario implementare i controlli e fornire alle Autorità investigative e di vigilanza ulteriori risorse, personale e strumenti normativi e operativi che consentano di migliorare l’efficacia delle attività di contrasto.