Borse e cinture realizzate con pelli di pitone reticolato e di pitone delle rocce indiane, animali in via di estinzione, sono state sequestrate dai funzionari del Reparto Antifrode dell’Ufficio delle Dogane della Spezia insieme ai militari del Nucleo Cites del Gruppo della Guardia di Finanza della provincia ligure nell’ambito dei controlli per contrastare i traffici illeciti di fauna e flora protette, che purtroppo continuano senza tregua nonostante le attività delle Forze dell’Ordine.
La merce era nascosta in un container proveniente dagli Stati Uniti che conteneva mobili di proprietà di un cittadino italiano, e alla richiesta della documentazione che attestasse l’acquisto e/o la lecita provenienza degli articoli, la risposta data non è stata delle più soddisfacenti. Mancavano, infatti, le certificazioni obbligatorie e l’intervento di un esperto erpetologo ha confermato che le tre borse e la cintura erano realizzate con pelli di pitone reticolato e delle rocce, ovvero specie classificate all’allegato II della Convenzione CITES e che quindi necessitano di apposite certificazioni per poter essere lecitamente commercializzate. Davanti all’assenza della documentazione è scattato il sequestro amministrativo per poi procedere con la successiva confisca e la sanzione all’importatore di 5mila euro di multa. Il controllo segue di pochissimi giorni un altro sequestro di una spedizione che arrivava dalla Bolivia che nascondeva fogli di legno di tajibo (Handroanthus chrysanthus), albero anch'esso di una specie protetta dalla Convenzione CITES.
Gli uomini dell’Antifrode e della Guardia di Finanza cercano di tenere alta l’attenzione e il presidio sui flussi commerciali con l’obiettivo di individuare, contrastare e reprimere più che possono questo business miliardario che continua a crescre a a minacciare la biodiversità. Non per niente il commercio e il traffico illegale internazionale di fauna e flora selvatica sono una delle principali minacce alla sopravvivenza delle specie, soprattutto nelle regioni del mondo ricche di biodiversità come il Sud-est asiatico, l’Africa e l’America Latina. Un commercio che è un vero e proprio crimine con implicazioni estremamente negative per il cambiamento climatico, la conservazione della biodiversità, la sicurezza e la salute pubblica a causa del pericolo rappresentato dalla diffusione di malattie zoonotiche.
La Commissione europea, tra gli altri obiettivi della strategia sulla biodiversità per il 2030, ha inserito anche la fine del lucrativo mercato nero mondiale di specie selvatiche, business che interessa tutti i paesi del mondo e riguarda un'ampia gamma di specie che vanno dall'anguilla al pangolino fino al palissandro. Per farlo, i commissari hanno aggiornato il piano del 2016 con le nuove azioni da mettere in atto, tra le quali c'è la prevenzione affrontando le cause alla radice, il rafforzamento del quadro giuridico e politico e l'allineamento delle politiche nazionali e dell'UE agli impegni internazionali, l'applicazione più efficace delle normative volte a contrastare il traffico illegale e, ovviamente, il rafforzamento della cooperazione tra i Paesi di origine, di consumo e di transito.
Come per le conseguenze del cambiamento climatico, anche in questo caso è urgente adottare le misure necessarie per far cessare questo scempio che provoca non solo un'ulteriore perdita di biodiversità, ma espone a gravi pericoli le comunità le cui economie e il benessere dipendono direttamente dalla salute degli ecosistemi e delle specie selvatiche. L’UE e i suoi Stati membri lavorano intensamente per affrontare la minaccia del traffico illegale di specie selvatiche, ma va fatto un passo in più perché le specie continuano a scomparire.