Più di qualsiasi altro periodo, il 2020 ci ha bruscamente e irrevocabilmente insegnato il legame inestricabile tra salute e benessere delle persone e degli animali. Come l’influenza aviaria prima e la suina poi, la COVID-19 ha rinforzato questa connessione.
Un rapporto delle Nazioni Unite del 2020 ha reso noto che l'allevamento intensivo è responsabile di circa il 60% di tutte le malattie infettive trasmissibili tra animali e persone a partire dagli anni 40, e che il legame tra l'allevamento intensivo, l’antibiotico-resistenza e l'emergenza dei microrganismi multi-farmaco resistenti è sempre più evidente.
Per questo motivo, si parla ormai da anni dell’importanza delle aziende alimentari e dei consumatori come attori fondamentali nell’inversione del sistema per cui la produzione alimentare non può essere contemplata solo con la finalità di assicurare il massimo profitto, ma deve tener conto della qualità di vita degli animali.
Le aziende alimentari che non riconoscono tale connessione ed il loro ruolo stanno assumendo un rischio significativo, ignorando le loro responsabilità nei confronti degli animali, dei clienti e del Pianeta tutto.
Il Business Benchmark on Farm Animal Welfare
Sono stati pubblicati, così, i risultati della nona edizione sulle prestazioni globali in materia di benessere degli animali d’allevamento da parte delle grandi aziende alimentari, il Business Benchmark on Farm Animal Welfare (BBFAW).
Il BBFAW è lo strumento leader a livello mondiale per la valutazione della gestione, dell’impegno politico, delle performance e della trasparenza della comunicazione in tema di benessere degli animali d’allevamento da parte dei principali leader dell’industria alimentare globale. Questo strumento consente a aziende, ONG, consumatori e ad altri soggetti interessati di comprendere le pratiche e le prestazioni aziendali per la tutela del benessere degli animali d’allevamento, in modo da poter assolvere alle proprie responsabilità sociali e ambientali.
Il BBFAW ha inoltre coinvolto molti dei principali investitori mondiali nella missione di incoraggiare
le aziende alimentari a intervenire sul benessere degli animali d’allevamento. Il programma è gestito e sostenuto dai partner fondatori Compassion in World Farming e World Animal Protection, che forniscono competenze tecniche, orientamento, finanziamenti e risorse pratiche.
Il metodo BBFAW
Nel lavoro del 2020 sono state studiate le tendenze di 150 compagnie, 63 aziende produttrici di alimenti, 52 rivenditori al dettaglio e grossisti di prodotti alimentari, 35 ristoranti e bar, in 24 distinti paesi.
Sono stati analizzati 37 criteri oggettivi, tra i quali, ad esempio, l’allevamento in condizioni di confinamento (es. utilizzo di gabbie), l'impiego delle mutilazioni (es. taglio della coda nei suinetti), il trasporto animale su lunghe distanze, la presenza di arricchimenti ambientali in allevamento, l’utilizzo di sostanze ormonali promotrici della crescita, eccetera.
Ogni soggetto analizzato è stato poi classificato sulla base di sei distinti livelli, che vanno da “l’azienda fornisce prove limitate o nulle del riconoscimento del benessere degli animali d'allevamento come una questione aziendale (livello 6)” a “l’azienda ha una posizione di leadership per il benessere degli animali degli animali d’allevamento (livello 1)”.
Sono poi state osservate le tendenze rispetto all’anno precedente per descrivere le dinamiche di miglioramento o peggioramento rispetto ai 6 livelli di valutazione.
I risultati del BBFAW 2020
Dai risultati si evince in generale che circa la metà delle aziende ha una parziale politica di gestione del benessere animale, mentre la restante parte si spacca in due: tra chi non ha nessuna politica e chi adotta le politiche universalmente riconosciute di benessere animale.
Comparando i risultati con gli anni precedenti, 23 aziende hanno avanzato di almeno un livello nella classifica, mentre il punteggio medio complessivo è continuato ad aumentare, con 91 aziende su 150 che sono attive nella gestione del rischi aziendali e delle opportunità connesse al benessere degli animali d’allevamento, essendo classificate nei livelli 1-4 del benchmark. Diversamente, 15 aziende sono retrocesse di almeno un livello.
In generale, il report mette anche in luce come il benessere animale stia diventando un tema sempre più importante anche in Asia e in America Latina, regioni fondamentali da un punto di vista globale dove si trovano alcuni tra i più grandi produttori di carne. Diverse aziende di questi paesi hanno migliorato il proprio punteggio al punto di salire di almeno un livello nella valutazione. Un altro dato interessante ci dice che le prime posizioni sono occupate dalle inglesi.
Come si posiziona l’Italia?
Nel rapporto ci sono otto aziende italiane appartenenti alla ristorazione, produzione, trasformazione e grande distribuzione. Tra queste una sola ha migliorato significativamente il punteggio complessivo, salendo al secondo livello della valutazione e confermandosi come l’azienda italiana con il posizionamento più alto. L’azienda ha fatto grandi passi in avanti, eliminando le gabbie per le galline ovaiole dalle proprie filiere nel 2019, e ottenendo importanti miglioramenti in altre filiere, come l’eliminazione progressiva del taglio della coda nei suinetti.
La situazione delle altre aziende italiane rimane pressoché invariata con la maggior parte di esse che si collocano nel livello 4 (che corrisponde ad aziende che sono in fase di implementazione dei propri standard di benessere animale). Alcune, invece, non avendo ancora pubblicato una policy generale in tema di benessere animale, rimangono nel livello 6, il più basso della piramide.