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1 Novembre 2022
11:00

Bambino di 3 anni sbranato da un leone in India, i risultati di un conflitto insostenibile

In India è stato ritrovato il corpo senza vita di un bambino di 3 anni e la polizia locale attribuisce l'accaduto all'attacco di un leone. Sebbene rari, questi attacchi sono possibili e questo triste evento complica ancor di più il delicato rapporto fra uomo e fauna selvatica.

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L'attenzione dei media internazionali negli ultimi giorni ha puntato i propri riflettori su una triste vicenda in India, i nefasti risultati di un conflitto uomo-animale che ormai dura da anni e ha raggiunto livelli insostenibili. Il corpo di un bambino di 3 anni è stato ritrovato senza vita a Ghanshyam Nagar, nella municipalità di Savarkundla, e secondo le ricostruzioni della polizia indiana il colpevole sarebbe un leone. 

Il piccolo era sparito e, una volta chiamati i soccorsi, è iniziata subito un'estenuante ricerca. Purtroppo la polizia locale conferma che del bimbo sono stati ritrovati solo i resti e ciò ha fatto pensare le autorità che potesse essere stato sbranato da un leone. Per questo motivo nella zona sono state installate diverse trappole, ma fino ad oggi dell'animale nessuna traccia.

Ghanshyam Nagar e molte altre zone dell'India nord-occidentali sono rinomate per la presenza di leoni asiatici (Panthera leo leo), una sottospecie di leone presente solo in India, a stretto contatto con l'uomo. Nonostante la polizia al momento non abbia nessuna prova concreta che riconducano l'attacco proprio a un leone, la macabra vicenda non è improbabile poiché, benché rari, eventi simili si sono già verificati più di una volta in passato.

I risultati del conflitto uomo-felino

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Il quadro che ci si para dinanzi è complesso, con sfumature che toccano a ogni persona che lo osserva corde emotive diverse. Il conflitto fra uomo e animale selvatico miete ogni anno migliaia di vittime: molte di queste sono il lampante esempio di come gli animali, esasperati dall'invasività dell'uomo, ricerchino i propri spazi, mentre altri sono crudeli scherzi del destino. Spesso in queste situazioni fare un passo indietro ci aiuta a vedere il quadro nel suo insieme: con la giusta prospettiva non sembra più un dipinto, ma un album di foto. Ognuna rappresenta un'aspetto diverso del conflitto e purtroppo, oggi, un nuovo scatto si aggiunge alla collezione.

Proprio a riguardo una grande analisi del numero di attacchi effettuati da grandi felidi all'uomo pubblicata nel 2018 sulla rivista Journal of Applied Ecology conferma come oramai da molti anni l'uomo in diverse parti del mondo non sia in pace con la natura. Secondo lo studio quasi un migliaio di persone sono state attaccate da leoni africani nella Tanzania meridionale tra il 1990 e il 2010, tra il 1999 e il 2005 più di mille persone sono state attaccate da leopardi nello Stato indiano di Maharashtra, mentre altrettanti attacchi di tigre persistono in Nepal e nel resto dell'India.

Uno studio del 2009 dell'Università di Cambridge spiega che i carnivori sono particolarmente predisposti a entrare in conflitto con gli esseri umani a causa dei loro ampi areali e delle loro esigenze alimentari. Secondo gli autori dello studio il conflitto uomo-felino si verifica principalmente quando l'uomo tenta di scacciare gli animali dopo che hanno predato il bestiame o la selvaggina. Per questo motivo l'uomo spesso ricorre al bracconaggio come misura preventiva.

La coesistenza con i leoni è possibile

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Futuri Lion Guardians

Ecco dunque che il nostro album di fotografie si riempie di ricordi dolorosi, vicende che sono solo la manifestazione fisica di disagi interni e di problemi di comunicazione alla popolazione. I biologi della conservazione riconoscono l'assoluta necessità di effettuare interventi per migliorare la coesistenza uomo-fauna selvatica in diversi contesti e proprio per via di questi dati quello con i carnivori ha fondamentale importanza.

Coesistere pacificamente è possibile, ma è necessario mettere in atto strategie utili non soltanto alla conservazione di questi animali, ma anche per la protezione dell'uomo. Un esempio ci viene offerto da uno studio del 2020 di alcuni ricercatori dell'Università di Cambridge che hanno valutato l'efficacia a lungo termine del programma Long Shields Community Guardians in Zimbabwe.

In questo programma l'organizzazione no-profit African Bush Camps Foundation ha cercato di mitigare una delle principali cause del conflitto uomo-felino: la predazione del bestiame da parte dei leoni. A rendere particolarmente virtuosa l'azione dell'organizzazione è stata l'istituzione di un corpo definito "Lion Guardians", letteralmente i "Guardiani di leoni". Queste persone hanno il compito di tenere alla larga gli animali dai bestiami e sono stati addestrati all'utilizzo di metodi non letali.

Secondo i ricercatori inglesi gli allevatori che hanno aderito al programma hanno registrato una significativa riduzione della perdita di bestiame e il numero annuo di leoni oggetto di uccisioni per via di rappresaglie da parte dell'uomo è diminuito del 41% in 4 anni di attività. 

Dunque è bastato insegnare alla popolazione locale i giusti metodi per trattare gli animali selvatici. Un gruppo di persone che nel loro operato quotidiano incarnano i veri valori di coesistenza uomo-animale selvatico. Chiaramente l'esperienza in Zimbabwe  non può essere calata sopra ogni contesto, ma deve adattarsi alla molteplicità di rapporti che l'uomo intesse con questi grandi felini. Non un formula risolutiva, dunque, ma un modello che rappresenta come la convivenza uomo-animale selvatico sia possibile.

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