Quelli un po' più attempati probabilmente la riconosceranno per averla vista nel poster del celebre e pluripremiato film del 1991 Il silenzio degli innocenti, dove un "terrificante" Anthony Hopkins interpreta in maniera magistrale lo spietato serial killer Hannibal Lecter. Eppure, la sfinge testa di morto – così si chiama questa falena – esiste davvero, ed è anche abbastanza comune in Italia (ma anche in buona parte d'Europa, Africa e vicina Asia). Di recente è stata avvistata nel Bresciano tra Coccaglio e Bovegno, dove secondo alcune testate locali pare non si facesse vedere almeno dal 2013.
In realtà, il lepidottero notturno Acherontia atropos è un insetto molto comune un po' in tutta la Penisola e basta consultare anche solo la nota piattaforma di Citizen Science (letteralmente, la scienza dei cittadini) "iNaturalist" per trovare altre osservazioni recenti in zona e non solo. Non è però facile da vedere anche se c'è, poiché come tanti altri insetti notturni da adulta è particolarmente attiva soprattutto nelle prime ore di buio. Ciò che ha reso tanto popolare questa falena è senza dubbio il disegno presente sul dorso (non sempre così nitido e marcato) che all'occhio umano ricorda, in maniera anche un po' inquietante, un teschio.
Questo curioso disegno ha alimentato per millenni superstizioni e credenze che hanno associato la sfinge al soprannaturale e alla morte, contribuendo a crearne un'immeritata immagine negativa e portatrice di sventure. Anche il suo nome scientifico è legato a doppio filo alla morte: il genere Acherontia si riferisce infatti all'Acheronte, uno dei fiumi infernali che secondo la mitologia greca bisogna attraversare per accedere al regno dei morti. L'epiteto specifico atropos, invece, è legato al nome di una delle tre moire greche, Atropo, il cui compito era quello di recidere il sottile filo della vita.
In realtà questo sfingide dall'apertura alare che può arrivare anche a 18 cm, è ovviamente totalmente innocuo, ma non per questo il suo funereo disegno risulta meno interessante. Per molto tempo biologi e naturalisti hanno provato a spiegare la funzione adattativa di un ornamento tanto particolare e ancora oggi ci sono diverse ipotesi. Secondo alcuni il teschio sul torace ricorderebbe la testa di una Vespa mandarinia, il famigerato calabrone gigante asiatico che tanta paura mette a molti media italiani e anche ad altri eventuali predatori interessati a mangiarsi la falena.
Secondo altri autori il teschio, se capovolto, si trasforma nella testa di un roditore simile a un topo, con tanto di orecchie, naso e occhi, una somiglianza che servirebbe anche in questo caso a spaventare eventuali predatori. Tuttavia, secondo uno studio recente che ha provato a reinterpretare "il presagio di morte" che la falena si porta dietro, anche se il suo significato evoluzionistico è certamente quello di dissuadere, distrarre o ingannare i predatori, il disegno non sarebbe poi tanto diverso da quello di altre falene (come la sfinge del convolvolo), e ricorderebbe semplicemente una generica falsa testa, se osservato insieme al resto del corpo e alle ali.
Falsi occhi e false teste sono un deterrente piuttosto diffuso tra le falene e non solo, una forma di mimetismo particolarmente efficace per dissuadere uccelli e altri piccoli predatori. Ma le peculiarità della sfinge testa di morto non si fermano certo qui: il colore a strisce gialle e nere dell'addome degli adulti ricorda molto quello dei calabroni, ed è anche questo una forma di mimetismo (chiamato batesiano) in cui una specie innocua imita i colori e disegni d'allarme di un'altra pericolosa o velenosa.
Infine, un'altra caratteristica che reso tanto celebre questa falena (soprattutto tra gli apicoltori) sono le sue preferenze alimentari. Gli adulti vanno matti per il miele e compiono costanti e ripetute razzie all'interno degli alveari. La falena riesce ad entrare praticamente indisturbata nelle arnie, perché è in grado di produrre sostanze chimiche simili a quelle emesse dalle api, un vero è proprio mantello dell'invisibilità che la nasconde agli occhi (e soprattutto all'olfatto) degli imenotteri.