Di recente ha fatto molto discutere sui social e sui giornali la triste vicenda legata alla morte del povero cane Snoopy, Beagle di tredici anni, causata dall’ingestione di bocconcini avvelenati, probabilmente lanciati da ignoti nel giardino della casa dove lo stesso viveva. I suoi custodi, disperati per la perdita del fedele amico, hanno pubblicato un appello nel quale hanno offerto 50.000 euro di ricompensa per chi avesse fornito gli elementi necessari all’individuazione del responsabile. Quello di Snoopy è soltanto uno dei tantissimi casi di avvelenamento volontario di animali che ogni giorno si verificano nel nostro Paese. Un comportamento spregevole che – è importante ricordarlo – costituisce reato.
Quale reato commette chi avvelena animali
Bisogna dire che risulta assai difficile individuare gli autori di gesti subdoli come il lancio di bocconi avvelenati nei giardini altrui o come lo spargimento di sostanze velenose col fine preciso di uccidere cani, gatti o altri animali. Sempre più spesso, però, l’impunità di tali soggetti sta vacillando e questo grazie ad una maggiore attenzione dei pet mate, all'accresciuta sensibilità dei testimoni ed alla diffusa presenza di telecamere di sicurezza. Sempre più spesso, dunque, per costoro si aprono le porte di un processo penale, che comporterà certamente importanti spese ed una condanna. L’avvelenamento volontario di un animale è infatti un reato, sia che la povera vittima muoia, sia che riesca a sopravvivere. A seconda dei casi (e delle loro concrete particolarità) si possono configurare i delitti di uccisione o di maltrattamento di animali.
Con riguardo al primo il Codice penale stabilisce che: “chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di un animale è punito con la reclusione da quattro mesi a due anni”. Per fare un esempio concreto, con una sentenza dell'aprile 2006 il Tribunale di Campobasso ha condannato un uomo a (soli) tre mesi di reclusione, convertiti poi in circa 3.500 euro di multa, oltre alla rifusione di spese legali e al pagamento di una somma a titolo risarcitorio in favore della parte civile costituita. Il reato in discorso, peraltro, può configurarsi anche nella forma del tentativo qualora la volontà di uccidere del suo autore non si concretizzi e l’animale si salvi grazie al tempestivo intervento di terzi. Riportando un caso realmente accaduto: il Tribunale di Milano con una sentenza dell’aprile 2012 ha stabilito che “si configura il tentato delitto di uccisione di animali qualora la morte dell’animale non si verifichi grazie al pronto intervento di terzi (nel caso di specie, a venire in rilievo e un fatto realizzato in un contesto di vicinato. Fatto realizzato per crudeltà e senza necessità, con il lancio di polpette di carne avvelenata in direzione di un cane che si trovi al di la di una recinzione, (per far smettere di abbaiare l’animale, ritenuto molesto)”.
Ove invece la condotta non sia mirata ad uccidere l’animale ma a causargli sofferenza, può configurarsi il delitto di maltrattamento di animali previsto dal Codice penale. La norma di riferimento stabilisce che: “chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche è punito con la reclusione da tre a diciotto mesi o con la multa da 5.000 a 30.000 euro”. Viene altresì prevista un’aggravante (aumento pari alla metà della pena) se dall’avvelenamento e dalle sofferenze dallo stesso provocate derivi la morte dell'animale.
Non si deve poi dimenticare che l’uccisione di un animale o la sofferenza arrecatagli consistono in gravi danni (patrimoniali e non patrimoniali) patiti dal pet mate. Dunque, colui che commette questi crimini dovrà anche risarcire tutti questi pregiudizi. Tra questi è sempre più rilevante il danno morale patito dal pet mate.
Infine, per completezza, va detto che la condotta di avvelenamento può integrare tutta una serie di illeciti sia di natura penale (anche più lievi, come il getto pericoloso di cose) che amministrativa.
Cosa fare in caso di bocconi sospetti o avvelenamento
Qualora si scorgano dei bocconi sospetti o si noti la presenza di polveri o altre sostanze di dubbia natura, è fondamentale segnalare immediatamente la circostanza alle forze dell’ordine, al comune e/o alle autorità sanitarie territorialmente competenti. Questi soggetti si dovranno attivare per le dovute verifiche e, ove confermata la presenza di sostanze velenose, provvederanno alla necessaria bonifica. Le forze dell'ordine dovranno anche indagare al fine di individuare i soggetti responsabili del tentativo di avvelenamento.
Nel caso in cui un animale risulti vittima di avvelenamento, certamente la prima cosa da fare è preoccuparsi di salvargli la vita portandolo immediatamente dal veterinario o presso una clinica veterinaria. Successivamente, si potrà passare alla denuncia del fatto all’autorità giudiziaria. Importante ricordare che si tratta di reati procedibili d’ufficio e quindi chiunque (non solo il pet mate) può segnalare il fatto alle forze dell’ordine o direttamente presso la Procura della Repubblica.