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17 Luglio 2021
17:41

Australia, chiude il principale fornitore di animali da laboratorio

L’Animal Resources Centre fornisce la gran parte dei ratti e dei topi usati nella ricerca scientifica, ma i costi troppo alti costringono alla chiusura. Preoccupati i ricercatori, le associazioni chiedono che venga trovato un metodo alternativo che non comporti l’utilizzo di animali: si infiamma il dibattito sulla sperimentazione.

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cavia laboratorio sperimentazione
Pixabay

Si accende il dibattito sulla sperimentazione medica con animali in Australia dopo la notizia che il più grande fornitore di topi e cavie per la ricerca biomedica, l'Animal Resources Centre (Arc), ha annunciato la decisione di chiudere entro i prossimi 18 mesi.

La causa principale addotta dall’Arc sono problemi finanziari che renderebbero impossibile proseguire con l’attività e la notizia ha diviso il paese. Da un lato ci sono infatti diversi ricercatori che hanno sottolineato come l'annuncio arrivi totalmente inaspettato e nel momento meno opportuno, perché complicherà ulteriormente il lavoro di ricerca nel periodo di pandemia; dall’altro si alzano le voci di chi chiede che questa occasione venga sfruttata per trovare finalmente alternative all’uso di animali nella ricerca medica e scientifica.

Australia, chiude l'Arc: i motivi della decisione

Stando a quanto riportato dai media locali, la scorsa settimana la Ceo dell’Arc, Kirsty Moynihan, avrebbe inviato una mail in cui sottolineava che la decisione di chiudere è stata presa “sulla base del fatto che non si è più in grado di provvedere autonomamente al sostegno finanziario, così come richiesto per legge”. A questo si aggiunge il fatto che l’Arc nel 2023 avrebbe dovuto lasciare la sede alla Murdoch University e che le spese per il trasferimento e la realizzazione di una nuova sede sarebbero insostenibili.

A oggi l’Arc, gestito da un ente statale, alleva gli animali a Perth, con una rendita annua di circa 5,9 milioni di dollari (come riportato dalla rivista Nature), dando lavoro a 60 persone. Nel 2020 sono stati venduti poco meno di 200.000 tra ratti e topi, la maggioranza a clienti australiani, ma una parte è stata destinata a istituti di ricerca in Nuova Zelanda, Indonesia e Sud Corea. Un rappresentante del ministero della Salute australiano ha chiarito a Nature che negli ultimi tempi il governo dell’Australia Occidentale ha dovuto più volte intervenire per sostenere finanziariamente l’Arc, complice anche il fatto che a oggi soltanto il 16% degli animali resta in Australia nonostante che fosse inizialmente destinato a fornire animali da laboratorio agli istituti di ricerca locali.

«La chiusura dell’Anima Resorces Centre lascerà prevedibilmente un grande gap nella fornitura di animali per università e centri di ricerca nazionali e causerà grossi problemi», ha detto a Nature Malcolm France, veterinario di Sidney ed ex presidente dell’Australian and New Zealand Laboratory Animal Association, mentre diversi ricercatori dell’Università di Sidney hanno espresso timori per le conseguenze che la chiusura avrà sul loro lavoro. L’Arc alleva infatti alcune tipologie di topi che nessun altro fornitore australiano ha a disposizione. E l’importazione di animali non è una strada percorribile a livello economico a causa dei costi, della necessità di quarantena e delle conseguenze sugli animali.

Le associazioni contro la sperimentazione su animali: «Il metodo alternativo c'è»

«Una soluzione andrà trovata», concludono i ricercatori, ma da diverse associazioni che si battono per interrompere la sperimentazione sugli animali è arrivata la richiesta di approfittare delle chiusura per impegnare le risorse nel trovare strumenti e metodi di ricerca alternativi, che non comportino l’utilizzo di animali. A farsene portavoce è in primis l’Human Research Australia, che da anni chiede l’abolizione della sperimentazione sugli animali sottolineando come non sia più attendibile e come la tecnologia possa invece prenderne il posto.

«L’Australia non ha alcun database nazionale per la raccolta delle statistiche sull'uso degli animali, a differenza di molti altri paesi – spiegano da Hra – Anche a livello di stato/territorio, ci sono lunghi ritardi nella segnalazione, metodi di raccolta e segnalazione estremamente incoerenti tra giurisdizioni e istituzioni, alcuni stati raccolgono statistiche ma non le pubblicano e alcuni stati e territori non raccolgono nemmeno statistiche. Questo nonostante l'approvazione di una mozione che chiede una maggiore trasparenza nella ricerca sugli animali».

«La mancanza di raccolta di dati statistici a livello nazionale, e anche a livello statale/territorio, significa che i principi di ridefinire, ridurre e sostituire l'uso degli animali nella ricerca, o qualsiasi altra politica nazionale che miri a limitare l'uso di animali nella ricerca e nell’insegnamento, sono molto difficili da implementare, dato che non esiste un modo preciso per misurare il cambiamento».

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Andrea Barsanti
Giornalista
Sono nata in Liguria nel 1984, da qualche anno vivo a Roma. Giornalista dal 2012, grazie a Kodami l'amore per gli animali è diventato un lavoro attraverso cui provo a fare la differenza. A ricordarmelo anche Supplì, il gatto con cui condivido la vita. Nel tempo libero tanti libri, qualche viaggio e una continua scoperta di ciò che mi circonda.
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