Auguri a Francesco Guccini che il 14 giugno 2021 ha compiuto 81 anni. Auguri a lui che ha raccontato e descritto a fondo le emozioni della nostra specie: poeta, cantautore e… amante dei gatti come egli stesso si è in fondo definito, nella prefazione de “Non so che viso avesse – Quasi un’autobiografia”:
Un’ultima cosa: non bisognerebbe tacere della multiforme e variegata e agile esistenza degli undici gatti che si sono degnati di farmi compagnia, accondiscendendo a vivere per molti anni accanto a me, ognuno con il proprio carattere, ognuno con la propria storia gatta. Ma questo richiederebbe un’opera a parte, dedicata soltanto a loro, come, d’altra parte, la vita di ognuno di noi meriterebbe che accadesse.
Queste parole, scritte probabilmente nella sua casa di Pavana mentre era al lavoro sul libro nel quale la sua vita viene raccontata attraverso quella scrittura profonda che lo ha sempre caratterizzato, descrivono un aspetto importante della sua intera esistenza in cui ha condiviso il passare del tempo con quei mici a cui, così, ha reso omaggio e consacrazione.
In diverse sue canzoni i gatti ritornano protagonisti, come in "Canzone delle situazioni differenti" ("Stanze di vita quotidiana, 1974): "Se a volte urlo la rabbia, poi dimentico e mi perdo nei mondi dentro agli occhi dei miei gatti" o nella mitica "Via Paolo Fabri 43" (Album omonimo, 1976): "Se fossi più gatto, se fossi un po’ più vagabondo vedrei in questo sole, vedrei dentro l’alba e nel mondo ma c’è da sporcarsi il vestito e c’è da sgualcire il gilè che mamma mi trovi pulito qui all’alba in via Fabbri 43".
Nei testi del maestro i richiami agli animali sono sempre stati presenti, in una visione antropologica che non ha perso di vista l'osservazione del comportamento felino principalmente. Testi che hanno concesso a diverse generazioni di identificarsi nei suoi racconti di penna e nelle canzoni e di ritrovare tra le note e le parole riferimenti al mondo animale. La poetica del cantautore emiliano, del resto, è un viaggio nel tempo che attraversa le epoche e anche il nostro modo di rapportarci alle altre specie. Dalla citazione in prefazione succitata ai gatti, in cui li ricorda singolarmente come esseri unici, fino a richiami alle tradizioni contadine come quella nel libro "Cronache epifaniche" in cui evoca: "Che dolente meraviglia l’uccisione del maiale".
Il testo di "Autunno" ("Stagioni", 2000), ad esempio, è una sorta di manifesto di un modo di concepire la vita umana in base al passaggio delle stagioni, ovvero di sentirsi parte di un tutto in cui ci siamo noi, la natura e la fauna come unicum indissolubile:
Un′oca che guazza nel fango
Un cane che abbaia a comando
La pioggia che cade e non cade
Le nebbie striscianti che svelano e velano strade
Profilo degli alberi secchi
Spezzarsi scrosciante di stecchi
Sul monte, ogni tanto, gli spari
E cadono urlando di morte gli animali ignariL'autunno ti fa sonnolento
La luce del giorno è un momento
Che irrompe e veloce è svanita
Metafora lucida di quello che è la nostra vitaL′autunno che sfuma i contorni
Consuma in un giorno più giorni
Ti sembra sia un gioco indolente
Ma rapido brucia giornate che appaiono lenteOdori di fumo e foschia
Fanghiglia di periferia
Distese di foglia marcita
Che cade in silenzio lasciando per sempre la vitaRinchiudersi in casa a aspettare
Qualcuno o qualcosa da fare
Qualcosa che mai si farà
Qualcuno che sai non esiste e che non suonerà
Rimane nel grande archivio di YouTube un estratto di un'intervista di Fabio Fazio in cui Guccini, visibilmente imbarazzato, lascia il conduttore televisivo "approfittare" della presenza della sua gatta nera che sorniona lo raggiunge sul tavolo e non si nega alle telecamere, mentre il maestro esprime forse un suo un sentimento che attribuisce a lei con un «E' sconvolta». Probabilmente nella mente del cantautore, in quel momento, è passato anche il ricordo della storia che c'era dietro l'adozione. La gatta era arrivata in famiglia nel 2014 ed era stata chiamata "Paurina" per dei traumi che aveva subito, come raccontò in un tweet Teresa Guccini, figlia del maestro che a sua volta, in un'intervista, aveva detto che il nome era stato scelto anche perché «sta sempre in casa, deve aver subito un trauma e continua a chiedermi coccole».
E del suo modo di considerare la nostra specie, infine, in "Artisti" (!L'ultima Thule", 2012) troviamo ancora più profondità di analisi, anche rispetto alla "categoria" di cui fa parte Guccini stesso. Come se nell'attacco del pezzo, ancora una volta, voglia ricordarci che in fondo siamo animali in mezzo a altri animali tutti, anche coloro tra di noi che sono più creativi e sensibili.
Gli artisti non nascono artisti,
non sembrano strani animali
ma nascono un po' come tutti,
come individui normali.