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27 Agosto 2023
7:36

Attivisti liberano 3 mila visoni di un allevamento in Wisconsin: ma l’esito non è quello sperato

Gli attivisti hanno liberato tutti gli animali presenti. Un'azione che però non ha raggiunto l'obiettivo perché per la gran parte sono stati catturati di nuovo e le speranze di sopravvivenza di quelli non recuperati sono nulle essendo i visoni nati e cresciuti in cattività.

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Sono stati praticamente tutti recuperati i circa 3000 visoni liberati qualche giorno fa dalla Olsen Fur Farm, un allevamento di animali da pelliccia nel Wisconsin, da un gruppo di attivisti che hanno rivendicato con un post anonimo l’operazione.

«Qualche sera fa abbiamo fatto visita alla fattoria di Olsen che per ora è ancora operativa, ma che forse dopo il nostro raid potrebbe chiudere per sempre. Speriamo che molti dei visoni liberati dalle loro gabbie possano ora godere della loro libertà in natura e che questa fattoria non sia più in grado di riprodurne migliaia e migliaia negli anni futuri. Ora hanno una buona motivazione di lasciare l'industria delle pellicce per sempre» scrivono gli anonimi militanti che si presume facciano parte del movimento Animal Liberation Front.

Aggiungendo: «Le aziende di pelliccia esistono solo per moda e profitto. Sebbene la produzione sia diminuita significativamente nell'ultimo decennio, centinaia di migliaia di animali vengono ancora allevati e uccisi per la loro pelliccia ogni anno. Speriamo che questa azione ispiri gli altri a fare azioni simili per gli animali vicino a loro. Con un po' di pianificazione anche tu puoi liberare centinaia di creature in poche ore. Fino a quando tutte le gabbie saranno vuote, sia per gli umani che per gli animali non umani. Liberateli TUTTI».

Purtroppo, però, l’esito non è stato quello sperato, cosa che si sarebbe dovuta almeno immaginare: non solo la maggior parte dei visoni sono stati catturati, subendo un ulteriori trauma, ma quei pochi rimasti liberi non avranno grandi chance di salvarsi, perché essendo nati e cresciuti in cattività sono del tutto incapaci di vivere in natura, di procacciarsi il cibo all’esterno e difendersi da predatori e minacce varie.

Sul blitz sta indagando l’ufficio dello sceriffo della contea di Trempealeau, che ha chiesto l’aiuto anche ai cittadini qualora fossero in grado di fornire qualunque dettaglio utile a identificare i responsabili. Ma i pareri della popolazione sul tema non sono, però, unanimi. Se molti, infatti, tifano per gli attivisti e chiedono agli Stati Uniti di chiudere questi luoghi di tortura, altri invece contestano azioni di questo tipo, mettendo in dubbio che possano essere efficaci a lungo termine.

A prescindere dal fatto che l’industria delle pellicce sia sempre meno redditizia, gli allevamenti di visoni sono in qualsiasi caso una forma di sfruttamento crudele e anacronistico. Per non dire poi del rischio per la salute pubblica che queste attività portano: ben ricordiamo le uccisioni di milioni di animali, soltanto nel 2020 a causa dei focolai di Covid-19: solo in Danimarca sono stati abbattuti una cifra come 17 milioni di capi per contenere il contagio e da inizio pandemia più di 670mila visoni hanno contratto e sono morti di Covid.

L’Italia da parte sua ha dimostrato di volersi occupare di queste morti innocenti e dopo uno stop precauzionale proprio per ragioni di salute pubblica nel 2020 e nel 2021, il Governo ha deciso di chiudere definitivamente gli ultimi allevamenti ancora attivi nel Bel Paese, cosa che però è sì avvenuta, ma a metà: secondo il censimento condotto da LAV dei 5.739 visoni presenti a marzo 2022, a maggio 2023 ne erano rimasti 3.352 in 4 strutture tra Lombardia, Emilia Romagna, Abruzzo. Una situazione inaccettabile che vede continuare a soffrire questi poveri animali imprigionati ingiustamente negli allevamenti in dismissione, solo perché l’attuale ministro Lollobrigida non ha ancora emanato un decreto dove siano definite le modalità di cessione dei visoni rimasti.

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Simona Sirianni
Giornalista
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