«Eliminare le gabbie negli allevamenti era il punto di partenza di una riflessione più ampia. Adesso chiediamo di abolire l'allevamento e la macellazione animale grazie ad alternative etiche ed ecologiche come la carne coltivata. Il tentativo del Governo italiano di limitare le nuove tecnologie non fa l'interesse di cittadine ma dei gruppi di potere. Sembra che lo slogan sia cambiato: non è più prima gli italiani, ma prima lobby». Così Filippo Borsellino ha commentato a Kodami il progetto End The Slaughter Age con il ha promosso una petizione europea per chiedere di riconvertire allevamenti e macelli.
End The Slaughter Age è l'organizzazione che ha lanciato in questi mesi l’omonima Iniziativa dei Cittadini Europei (ICE) che chiede all’Europa a escludere l’allevamento dalle attività in grado di percepire i sussidi della Politica Agricola Comune e chiede di promuovere una produzione alimentare alternativa, più etica e sostenibile, anche attraverso le nuove tecnologie. «Si tratta di una iniziativa di democrazia partecipativa – spiega Borsellino il promotore dell'iniziativa in Italia – per avviarla bisogna coinvolgere 7 persone in 7 paesi europei che avanzino una richiesta di legge Commissione Europea. L'Ue la valuta, e se la giudica positivamente chiede di raccogliere le firme in almeno 7 paesi membri. Ogni paese ha un quorum di firme da raggiungere che varia a seconda del numero di abitanti, in totale si tratta di 1 milione di adesioni complessive. Una volta raggiunte, la Commissione valuta la proposta di legge in concreto».
End The Slaughter Age ha ricevuto già 300mila firme e raggiunto il quorum in Danimarca, Germania, Finlandia e Francia. «In Italia il quorum è 55 mila firme – aggiunge Borsellino – E siamo a buon punto, ma adesso arriva il momento più difficile, dato che il termine per firmare sarà il 5 giugno, una data simbolica perché coincide con il National Animal Rights Day celebrato in diversi Paesi». Per Borsellino e gli altri attivisti del suo gruppo il risultato è a portata di mano: «L'Italia è il quinto paese in proporzione, e il terzo per numero di firme assolute. Il quorum si può raggiungere se ognuno fa la sua parte». I banchetti per la raccolta firme saranno presenti nelle principali piazze italiane, ma gli organizzatori invitano a firmare online sul sito di End The Slaughter Age.
Mentre in Italia gli esponenti dell’attuale Governo dicono no alla carne coltivata, in tutta Europa un collettivo di cittadini sta raccogliendo le firme per dimostrare che la sensibilità della popolazione va in tutt’altra direzione. «Ad oggi – spiegano gli attivisti – l’Unione Europea finanzia con 400 miliardi di euro ogni sette anni l'industria zootecnica, un settore insostenibile a livello etico, ambientale ed economico. Esistono però delle alternative, quelle di origine vegetale e da agricoltura cellulare, che sono in grado di ridurre drasticamente l’impatto del nostro settore alimentare e che dunque non possono più essere ignorate».
Secondo l’IPCC, Gruppo Intergovernativo sul Cambiamento Climatico, i prodotti vegetali o quelli derivati dall’agricoltura cellulare, come la carne coltivata, possono ridurre drasticamente le emissioni di gas climalteranti e le risorse necessarie per la produzione di cibo. Anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha invitato ad abbandonare i prodotti di origine animale in favore di soluzioni plant-based.
L'iniziativa ha già incassato il sostegno delle grandi associazioni di tutela animale come Lav, Enpa e Peta. Anche la politica sta facendo la propria parte, in particolare il Movimento 5 Stelle, che ha appoggiato le richieste dell’iniziativa nel programma elettorale delle ultime elezioni. Lo stesso stanno facendo anche Unione Popolare e Partito Animalista Italiano. A queste entità della vita pubblica si aggiungono gli attori Tullio Solenghi, Massimo Wertmüller e Elisa Di Eusanio, e i giornalisti d’inchiesta Sabrina Giannini e Paolo Barnard.
Raggiungere 1 milione di firme entro giugno 2023, e ottenere così dalla Commissione Europea la delibera sulle richieste dell’ICE resta una grande sfida, della cui portata gli attivisti sono ben consapevoli: «Il tentativo del Governo italiano di limitare le nuove tecnologie non fa l'interesse di cittadine e cittadini, ma dei gruppi di potere. È ora di dire basta, non c'è più tempo».