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30 Settembre 2024
16:37

Attivisti della Peta interrompono la sfilata di Hermès: «Stop al massacro di coccodrilli per fare borse»

Tre attiviste sono riuscite a salire in passerella reggendo cartelli in cui campeggiava la richiesta di smettere di usare la pelle degli animali selvatici per realizzare borse.

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Anche se aumentano i marchi di moda che hanno deciso di abbracciare la filosofia cruelty free, rinunciando a utilizzare pelo e pelli di animali per la realizzazione dei capi da mandare in passerella e mettere in vendita nei negozi, molti brand restano ancora fedeli a una visione in cui l’impiego di questi materiali resta fondamentale per la creazione di capi di lusso. E questo nonostante le enormi sofferenze, ormai di dominio pubblico e più volte mostrate, per gli animali, che vengono allevati appositamente e uccisi spesso in modo crudele e doloroso per poter poi utilizzare la loro pelle e mantello che li protegge.

Uno dei marchi di alta moda che ancora fa uso di questi materiali è Hermès, che nel corso della sfilata organizzata nella caserma della Guardia Repubblicana, durante la Settimana della moda di Parigi, è stato contestato. Lo show è stato infatti brevemente interrotto dalla Peta (People for the Ethical Treatment of Animals). Tre attiviste sono infatti riuscite a salire in passerella reggendo cartelli in cui campeggiava la richiesta di smettere di usare la pelle degli animali selvatici, che hanno mostrato ai presenti prima di essere (letteralmente) placcate e scortate fuori.

«Sapevate che ci vogliono fino a tre coccodrilli per realizzare una sola borsa Hermès? – è la domanda che l’associazione ha rivolto ai follower sui social condividendo il video del blitz – Questi animali vengono folgorati, mutilati e scuoiati vivi, tutto per "moda". Questa tortura inimmaginabile deve finire. Hermès, è tempo di cambiare».

Soltanto l’ultimo di una lunga serie di azioni di questo tipo messe in campo da Peta, i cui attivisti sono noti per alcune “memorabili” interruzioni di sfilate e fashion show. Allo sfruttamento di coccodrilli e alligatori per realizzare le iconiche borse Birkin (così chiamate in onore di Jane Birkin, l’attrice per cui, per prima, venne creata) la Peta ha d’altronde dedicato una video inchiesta che ha visto gli attivisti entrare nelle fabbriche di Winnie, in Texas, e in Zimbabwe, dove questi animali vengono allevati: «A solo un anno di età gli alligatori vengono colpiti con una pistola a proiettile captivo o accoltellati brutalmente mentre sono ancora coscienti e in grado di provare dolore – hanno spiegato dalla Peta – In Zimbabwe abbiamo visto sparare ripetutamente in testa ai coccodrilli e accoltellarli ripetutamente quando erano ancora vivi. Dopo la vita miserabile che vivono, in stanze umide, buie e senza luce, soffrono una morte talvolta lenta e raccapricciante affinché le loro pelli vengano inviate in Francia e trasformate in oggetti "di lusso" come i cinturini per orologi o le borse. Tutto questo deve finire».

Hermès è rimasto uno dei pochi brand a Da diversi anni ormai anche il mondo della moda ha deciso di abbracciare un modello di business che non comporti lo sfruttamento e l’uccisione degli animali. Complice un’aumentata sensibilità sociale verso questo tema, molti brand hanno annunciato, in rapida successione, di avere detto addio come prima cosa alle pellicce: da Yves Saint Laurent e Moncler passando per Dolce&Gabbana e Valentino, tanti marchi di alta moda hanno compreso l’importanza di lanciare un messaggio preciso in merito all’utilizzo degli animali per produrre abiti e accessori.

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Andrea Barsanti
Giornalista
Sono nata in Liguria nel 1984, da qualche anno vivo a Roma. Giornalista dal 2012, grazie a Kodami l'amore per gli animali è diventato un lavoro attraverso cui provo a fare la differenza. A ricordarmelo anche Supplì, il gatto con cui condivido la vita. Nel tempo libero tanti libri, qualche viaggio e una continua scoperta di ciò che mi circonda.
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