Sono arrivate in Italia le prime veterinarie scappate dall'Ucraina. Le 14 professioniste sono state accolte insieme ai loro familiari grazie all'intervento dell'Anmvi, l'associazione nazionale medici veterinari italiani.
«Ringrazio i colleghi per la generosità – ha dichiarato il presidente dell'Anmvi Marco Melosi – che non si è limitata all’esercizio della professione, ma anche a farsi carico di trovare un alloggio e una sistemazione per i colleghi e i loro familiari. Per comprendere l’emergenza in atto, è importante sapere che ad oggi i colleghi dall’Ucraina accolti da Anmvi sono tutte donne con al seguito figli e familiari».
L'Anmvi, attraverso un contact point umanitario con base in Polonia, ha raccolto le richieste dei veterinari interessati a rifugiarsi in Italia creando così un canale di comunicazione privilegiato e affidabile con i professionisti in fuga, soprattutto donne, le uniche a poter lasciare liberamente il Paese. In Ucraina, infatti, attualmente vige il divieto per gli uomini tra i 18 e i 60 anni a causa della legge marziale.
Contemporaneamente l'associazione si è rivolta ai veterinari italiani con l'invito a segnalare le strutture veterinarie disponibili ad accogliere temporaneamente un collega fornendo sia un alloggio sia la possibilità di esercitare la professione.
La facoltà di esercitare è stata resa possibile grazie all'intervento del Governo italiano che ha agevolato il riconoscimento della qualifica professionale sanitaria per i medici veterinari arrivati dall'Ucraina. «Al momento – ha chiarito Melosi – non siamo in grado di stimare quanti colleghi verranno temporaneamente a esercitare la professione in Italia, perché molti sono ancora in Ucraina a fornire assistenza agli animali rimasti nel paese». Per questo l’Anmvi aveva risposto già in precedenza all’appello lanciato dall'Usava, la società veterinaria ucraina, aiutando attraverso le donazioni quanti hanno deciso di continuare ad esercitare lì per fare fronte all'emergenza animali causata dalla guerra.
Tra gli animali rimasti in Ucraina ci sono cani e gatti randagi, oppure ospiti dei rifugi, che si sono visti chiudere le porte d'ingresso dell'Italia a seguito della circolare diramata dal Ministero della Salute che ne vieta l'ingresso su tutto il territorio nazionale. Oltre ai domestici, Melosi segnala in aggiunta la presenza nelle zone di conflitto dei selvatici e degli animali che vivono nei giardini zoologici, anche loro «bisognosi di assistenza sanitaria».
Sono molti i problemi incontrati dai rifugi anche dal punto di vista sanitario, come aveva segnalato la direttrice del canile di Kyiv che aveva posto l'accento proprio sulla difficoltà di reperire supporto adeguato sanitario per gli animali. Situazione analoga per gli ospiti dello zoo cittadino: molti dei quali infatti hanno dovuto affrontare un lungo e difficile viaggio verso lo zoo di Poznań, in Polonia.