Si avvia alla conclusione la prima fase per istituire l'area Marina Protetta Isola di Capri e, con il coinvolgimento sia delle categorie interessate che dei cittadini, potrebbe arrivare al traguardo già all’inizio della prossima stagione turistica. Tra pochi giorni chiuderanno i termini per la presentazione di osservazioni al documento di proposta di zonizzazione inviato dall’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) riservati alla cittadinanza. Per poter presentare le proprie osservazioni, i cittadini e le associazioni di categoria dell’isola di Capri dovranno riempire i moduli di alcune schede che sono state pubblicate dai Comuni dell’isola sul loro sito entro le ore 12 del 23 gennaio 2024.
Nabil Pulita, responsabile Legambiente Capri, dichiara a Kodami: «Sull'istituzione di un'area marina protetta a Capri ci sono delle reticenze perché si pensa che istituendo dei confini si possa negare l'accesso a quella determinata zona ma in realtà in questo modo è possibile tutelare un'ambiente che, soprattutto negli ultimi anni, è sotto assedio a causa dell'aumento considerevole dell'afflusso turistico. Istituire un'area protetta significherebbe rispettare delle norme di comportamento che andrebbero a tutelare la biodiversità oltre che a creare anche un turismo di qualità. Nel periodo estivo Capri è inondata dai turisti, ed in particolare dal cosiddetto turismo "mordi e fuggi" che non giova affatto al patrimonio marino che ci circonda».
Pulita spiega anche perché a Capri ci sia stato questo ritardo nel decidere di istituire un'area marina protetta: «Il susseguirsi di diverse amministrazioni che avevano pareri discordanti su questa decisione importante ha sicuramente rallentano l'attuazione di un progetto di tale portata: la tutela dell’ambiente necessita di adeguate politiche per la sostenibilità. Le remore di alcuni sono dovute al fatto che limitare la zona significherebbe ridurre in un certo senso l'afflusso turistico. Ma, le tante aree presenti, anche solo se si pensa alla Campania, dimostrano il contrario. Preservare la biodiversità significa non solo creare un turismo più attento, ma fare in modo che l'uomo entri in contatto con l'ambiente, rispettandolo e preservandolo. Ad esempio, sostituire le barche a motore con barche ecosostenibili potrebbe sembrare un'azione insignificante ma che nel tempo porterebbe dei benefici – continua Pulita – Devo dire che tra gli isolani c'è un interesse condiviso a voler preservare la biodiversità dell'isola. I timori di pochi sono associati ai soli fattori economici e turistici. Ma sono timori che verranno smentiti sul campo».
Quando si parla di zonazione, si intende una divisione verticale del fondale marino in zone o piani, caratterizzati da indici quali la marea, la luce e la presenza di piante ed altri. La figura a seguire, diffusa dall'ISPRA, presenta la proposta dei livelli di zonazione e le corrispondenti regolamentazioni delle attività in uso nelle aree marine protette italiane.
Le 31 area marine protette presenti in Italia sono state istituite grazie alla legge per la difesa del mare che risale al 1982. Ma oltre a queste ci sono diverse centinaia di siti NATURA2000 creati per tutelare specie o tipi di habitat rari o in pericolo come per esempio la poseidonia o i coralli profondi, capaci di assorbire grandi quantitativi di anidride carbonica rimuovendola in questo modo dalla biosfera. Infatti, Greenpeace, che da anni lotta affinché si creino sempre più aree protette ha dimostrato con degli studi quanto queste zone preservino animali e piante, soprattutto le specie minacciate e che le riserve marine possono essere in grado anche di contrastare gli effetti del riscaldamento globale.
In questo scenario di instabilità l’Unione Europea, nella sua strategia per la biodiversità, ha chiesto che i paesi membri si adeguino entro il 2030 ad avere almeno il 30 per cento dei mari protetti. L’Italia che, al momento ne conta solo il 20%, dovrà muoversi per recuperare.