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Aquila reale (Aquila chrysaetos)

Da sempre considerata simbolo di potenza e bellezza l’aquila reale è uno dei rapaci più maestosi che si possono ammirare. Predatore eccezionale, in Italia è presente soprattutto nelle aree montuose dell'arco alpino e dell'Appennino. Nidifica su pareti rocciose inaccessibili, lontano da possibili disturbi.

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Membro del comitato scientifico di Kodami
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L'aquila reale spesso viene considerata la “regina degli uccelli” per l’imponenza delle sue dimensioni (l’apertura alare raggiunge spesso i 2,4m, e il peso varia dai 3 ai 7 kg) e per le altezze che raggiunge volando. Si distingue dagli altri rapaci grazie al piumaggio castano, con tipiche striature dorate sul capo. Le grandi dimensioni le permettono di muoversi in aria con virate, picchiate a capriole fino ad una velocità di 200 km/h.

L’aquila si accoppia in primavera, a seguito di una spettacolare danza che per giorni vede impegnati entrambi gli individui in voli incrociati. Le uova, solitamente 2, vengono deposte a 2-5 giorni di distanza le une dalle altre e si schiudono dopo 45 giorni di cova.  Una volta formata la coppia, rimarranno fedeli per tutta la vita, cacciando le prede in maniera collaborativa. Mentre una distrae la preda, l’altra attacca.

Segni particolari

Il nido dell’aquila si trova spesso in una zona a quota più bassa dell’area di caccia. In questo modo è facilitata nel trasporto delle prede.

Dove vive l'aquila reale in Italia

In Italia si distinguono quattro popolazioni distribuite su Alpi, Appennino, Sicilia e Sardegna. Sugli Appennini la densità è inferiore, probabilmente a causa della persecuzione e della minore disponibilità alimentare.

L'habitat dell'aquila reale

Pareti rocciose dove è possibile nidificare indisturbate.

Cosa mangia l'aquila reale

Come ogni rapace, anche l’aquila è carnivora. La sua caccia a roditori, lepri, volpi, piccoli ungulati e rettili avviene afferrando al volo la preda con i grandi artigli. Oltre alle prede vive le aquile reali si nutrono spesso di carogne, seguendo i corvi e altri animali “spazzini” per un pasto. Catturano anche pesci, rapinano nidi e rubano cibo ad altri uccelli.

Interazione con l'uomo

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Da sempre l’uomo considera l’aquila un simbolo di potenza e acume. Nella mitologia antica veniva, infatti, associata al sole, portatrice di fulmini e dotata di grande ingegno. Eppure questa specie veniva considerata nociva e ne venivano quindi saccheggiati i nidi. La presenza dell’aquila in Italia è quindi diminuita fino a toccare il minimo alla fine degli anni ‘70 a causa della persecuzione da parte dell’uomo. La legislazione a tutela dei rapaci (legge 968/77) e l’istituzione di aree protette (legge 394/91), insieme alle direttive comunitarie 409/79 (Direttiva Uccelli) e 43/92 (Direttiva Habitat), hanno fatto sì che le aquile cominciassero a ricolonizzare la nostra penisola. La situazione dell’aquila oggi è considerata stabile e localmente in aumento (in alcuni settori prealpini, si stanno insediando alcune coppie anche a ridosso della pianura). In alcune zone d’Italia la sopravvivenza dell’aquila è messa però a repentaglio dalla presenza di esche avvelenate (talvolta destinate alle volpi), dal bracconaggio e dal disturbo da parte dei visitatori dei parchi. La presenza di cavi sospesi, la costruzione di strade, il disboscamento e le attività sportive (arrampicata, parapendio, deltaplano) complicano ulteriormente la condizione del rapace in tutta la penisola. Al momento in Italia non esiste una cultura della convivenza con i rapaci, come invece succede nei paesi Nord-europei, dove i siti riproduttivi vengono segnalati ai visitatori senza, così, procurare conseguenze negative all’animale. In Italia è ancora necessario mantenere riserbo sulla localizzazione dei luoghi poco noti in cui esse nidificano, e tutelare i siti più conosciuti.

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Claudia Negrisolo
Educatrice cinofila
Il mio habitat è la montagna. Sono nata in Alto Adige e già da bambina andavo nel bosco con il binocolo al collo per osservare silenziosamente i comportamenti degli animali selvatici. Ho vissuto tra le montagne della Svizzera, in Spagna e sulle Alpi Bavaresi, poi ho studiato etologia, sono diventata educatrice cinofila e ho trovato il mio posto in Trentino, sulle Dolomiti di Brenta. Ora scrivo di animali selvatici e domestici che vivono più o meno vicini agli esseri umani, con la speranza di sensibilizzare alla tutela di ogni vita che abita questo Pianeta.
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