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20 Luglio 2023
17:58

Approvato in Senato il ddl sulla “carne coltivata”: ora alla Camera, ma tra molte polemiche

Il Disegno di legge sulla “carne in vitro” è stato approvato ieri dal Senato, ora passerà alla camera. Per le associazioni è innanzitutto una sconfitta per i mondo animale e per l'ambiente.

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Giornalista
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Il Disegno di legge sulla “carne in vitro” o erroneamente “carne sintetica” adottato dal Consiglio dei Ministri a fine marzo è stato approvato ieri dal Senato. Ora si passa alla Camera che dovrà valutare le indicazioni proposte: divieto di produzione e immissione sul mercato di alimenti, bevande e mangimi costituiti, isolati o prodotti a partire da colture cellulari o di tessuti derivanti da animali vertebrati e multe da 10mila euro fino a 60mila.

Il Disegno di legge approvato in Senato

Il ddl vieta anche l'uso di "nomi ingannevoli" per gli alimenti derivati da proteine vegetali prodotti in laboratorio: quindi non si potrà più dire bistecca di soia, carne di tofu e così via. Il ddl è passato con 93 si, 28 no e 33 astenuti. L’obiettivo dei sei articoli previsti dal legislatore è quello di «assicurare un livello massimo di tutela della salute umana e degli interessi dei cittadini, oltre a preservare il patrimonio agroalimentare italiano, come insieme di prodotti che assumono una rilevanza strategica per l'interesse nazionale».

Il ministro dell'Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste Francesco Lollobrigida, che ha fortemente voluto il ddl, ha insistito che fossero inoltre previste ulteriori sanzioni amministrative interdittive che intervengono sulla possibilità di svolgere attività di impresa, inibendo «l'accesso a contributi, finanziamenti o mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o dell'Unione europea per lo svolgimento di attività imprenditoriali, nonché prevedendo la chiusura dello stabilimento di produzione per un periodo di tre anni». Un intervento che di fatto blocca qualsiasi tipo di ricerca intorno alla produzione di carne coltivata.

A fiancheggiare il ddl e il ministro Lollobrigida i tremila i comuni italiani che hanno sostenuto la petizione contro il cibo coltivato , e ovviamente Coldiretti, una delle maggiori organizzazioni di categoria, allineate alla posizione del Governo in difesa delle istanze degli allevatori e del comparto dell’agroalimentare italiano. Chiamati a vigilare sarebbero i nuclei di Antisofisticazione (NAS), il Comando Unità Forestali, Ambientali e Agroalimentari dei Carabinieri (CUFA), il Dipartimento dell'Ispettorato centrale della tutela, della qualità e repressioni di frodi dei prodotti agroalimentari (ICQRF) del ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, nonché, per i prodotti della filiera ittica, il Corpo delle capitanerie di porto – Guardia Costiera, ognuno per i profili di rispettiva competenza.

La reazione della associazioni ambientaliste e animaliste

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Fortissima la reazione di tutte le associazioni che mettono al centro dalla questione gli animali e il loro benessere, molto prima di ogni valutazione di tipo economico, ponendo l’accento sullo straordinario capovolgimento che l’arrivo delle carni coltivate avrebbe sul piano etico. A partire proprio dalla possibilità di azzerare gli allevamenti intensivi che potrebbero essere sostituiti da una produzione di carne a larga scala completamente cruelty free. L’intera filiera partirebbe dall’estrazione delle cellule staminali embrionali da un animale vivo, o dalla sua carne fresca, lasciate crescere solitamente in soluzioni nutritive, senza l’uso di antibiotici o simili, simulando i processi biologici tipici degli organismi viventi, per poi, eliminati i liquidi prodotti, ottenere un prodotto del tutto simile alle fibre del muscolo degli animali reali.

Già PETA, People for the Ethical Treatment of Animals, in occasione dell’approvazione del Disegno di legge di marzo, si era schierata contro il Governo italiano con una lettera indirizzata a Meloni e Lollobrigida, in cui sottolineava che «l’industria della carne è stata collegata alla diffusione di malattie come le recenti epidemie di influenza aviaria, mentre la carne coltivata è invece più sicura. Il motivo è semplice: non richiede l’allevamento di animali». Secondo l’associazione animalista, inoltre, «la carne coltivata ha il potenziale di risparmiare a miliardi di animali la crudeltà degli allevamenti intensivi e una morte terrificante nei mattatoi. E a differenza della carne proveniente da quei luoghi, la sua produzione non inquinerà i corsi d’acqua, non impoverirà le falde acquifere e non causerà la deforestazione».

Secondo la portavoce dell’associazione Bekhechi «la carne coltivata è più sicura. Si tratta di una tipologia di carne che è priva di antibiotici, eliminando così le preoccupazioni relative alla resistenza agli antibiotici. La carne coltivata inoltre potrebbe essere ottimizzata affinché la salute umana ne tragga beneficio, per esempio riducendo il contenuto di grassi e colesterolo».

Nel resto del mondo

E mentre esiste già (anche in Italia) un'ampia varietà di carni vegane, che sfruttano le qualità di legumi e vegetali per realizzare un prodotto che simula le fattezze della carne senza sfruttare gli animali, nei mesi scorsi la Fda, l’autorità alimentare americana, ha dato il via libera all’immissione in commercio per il consumo umano del pollo della Upside Foods. Va sottolineato che ad oggi, la carne coltivata è legale negli Stati Uniti e a Singapore. Fu l’Università di Maastricht a studiare e realizzare il primo hamburger sintetico di sempre.

Eravamo nel 2013 e, ovviamente, da allora le nuove tecnologie hanno permesso notevoli passi in avanti. Per esempio i costi, inizialmente esorbitanti, si sono notevolmente abbattuti: dai 290 mila euro che era costato il primo hamburger si è passati ai 4 dollari annunciati dalla Future Meat Technologies per un petto di pollo da 160 grammi.  Anzi, si inizia a parlare di una carne coltivata che nel 2030 potrebbe costare esattamente lo stesso prezzo di quella tradizionale. E questo sarebbe ovviamente un grosso problema per la filiera degli allevatori.

Per OIPA un ddl ideologico

Il disegno di legge appena approvato in Senato e prossimamente all’approvazione della Camera, infatti, per Oipa Organizzazione internazionale protezione animali, è «l’ennesimo segnale di un Governo sempre più sottomesso alla volontà delle categorie che lucrano sulla pelle degli animali e che non ascolta le istanze, altrettanto legittime, di altri portatori d’interesse – come le associazioni che tutelano gli animali e il loro benessere – mai convocati ai tavoli, sempre ignorati anche nelle loro proposte». Sottolineando che già la definizione di “carne sintetica” adottata dal legislatore va considerata «volutamente erronea atta a suscitare un’ingiustificata repulsione», l’Oipa parla di «un ddl ideologico e fuori dal tempo. In Italia la “carne coltivata” ancora non c’è e qualora arrivasse il via libera dell’Efsa alla sua commercializzazione, non farebbe altro che mettere in condizione i consumatori italiani di acquisire il prodotto altrove, dove la ricerca cruelty-free va avanti. L’Oipa ricorda che, secondo i dati Nomisma, il mercato mondiale della carne “in vitro” ha già registrato importanti investimenti, pari a 1,3 miliardi». Si tratterebbe, secondo l’associazione, di una soluzione a diversi problemi correlati alla produzione della carne: sarebbe un prodotto che non lede il benessere animale, la sostenibilità ambientale, tanto più in un contesto di crisi climatica, e la sicurezza alimentare e che «dal punto di vista del benessere animale – sottolinea  il presidente dell’Oipa, Massimo Comparotto – rappresenta un'alternativa etica alla produzione di carne, che comporta mesi o anni di sofferenze in allevamento e che si conclude con l’uccisione degli animali».

Completamente in disaccordo Coldiretti, restia anche nell’accettare un dato ormai comunemente condiviso anche a livello scientifico internazionale e cioè che gli allevamenti intensivi sono tra i grandi problemi in tema di forestazione e produzione di anidride carbonica. «Le bugie del cibo in provetta – spiega il presidente di Coldiretti Ettore Prandini – confermano che c'è una strategia delle multinazionali che, con abili operazioni di marketing, puntano a modificare stili alimentari naturali fondati sulla qualità e la tradizione – afferma riferendosi chiaramente alla Upside Foods, azienda Usa finanziata da nomi come il patron di Virgin Richard Branson, Bill Gates e il fratello di Elon Musk – La verità è che non si tratta di carne ma di un prodotto ingegnerizzato, che non salva l'ambiente perché consuma più acqua ed energia di molti allevamenti tradizionali, non aiuta la salute perché non c'è garanzia che i prodotti chimici usati siano sicuri per il consumo alimentare». I tre multimiliardari, però non sono gli unici ad aver investito nel settore. Anche Leonardo Di Caprio, la cui fede ambientalista è comprovata dalla partecipazione a moltissime attività a favore del pianeta e dei suoi ecosistemi, già da due anni ha investito in Aleph Farms e Mosa Meat, due società pioniere nel settore della carne coltivata, che sono riuscite a creare in vitro, dalle cellule animali, quindi senza macellazione, il primo hamburger e le prime bistecche.

Per LAV legge inutile perché sarà Europa a decidere

Chi punta il dito senza esitazioni contro Lollobrigida e il disegno di legge è la LAV che senza mezzi termini afferma: «Oggi l’Italia ha perso una fondamentale opportunità per liberare milioni di animali dalla sofferenza degli allevamenti, ha perso la possibilità di uno sviluppo tecnologico ed industriale capace di competere a livello europeo con gli altri Paesi e ha perso un’occasione per realmente innovare il settore agroalimentare nella direzione di una vera sostenibilità ambientale, che ogni giorno si rende più urgente» ha dichiarato Domiziana Illengo, responsabile alimentazione vegana della LAV.   Secondo l’associazione il disegno di legge ha tutte le carte in regola per diventare una legge assolutamente inutile.

«Il Ministro Lollobrigida è però riuscito ad ottenere il primo di due sì necessari a far diventare l’Italia lo zimbello dell’Europa, vietando una categoria di prodotti, quelli da agricoltura cellulare, che, dopo le valutazioni di EFSA, potranno comunque circolare anche entro i confini nazionali».  Secondo l’associazione infatti non è l’Italia con le sue leggi ad avere l’ultima parola sull’argomento, ma la stessa Europa che garantirebbe, con una sua approvazione, la libera circolazione di questi alimenti in tutto il suo territorio. «La pretesa della difesa del Made in Italy non è altro che un’argomentazione strumentale, stante che più della metà della carne consumata in Italia proviene dall’estero – aggiunge la Illengo – Prendere poi le difese di Coldiretti, che si fa paladina dell’autenticità italiana, è ridicolo, considerando che ha di fatto un accordo commerciale con McDonald’s contro il quale 30 anni fa anche il giovane Lollobrigida si scagliava per scongiurare l’ingresso dei fastfood in Italia».

Secondo l’attivista, infatti, è importante sottolineare che «la produzione zootecnica italiana proviene per oltre il 90% dagli allevamenti intensivi e questa affermazione, tra le altre, è la riprova di un deliberato negazionismo, sfruttato per ottenere consensi in Aula e tra i cittadini italiani».

immagine di copertina: una bistecca di carne coltivata dal sito di Upside Foods

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Maria Grazia Filippi
Giornalista
Scrivo da sempre, ma scrivere di animali e del loro mondo è la cosa più bella. Sono laureata in lettere, giornalista professionista e fondatrice del progetto La scimmia Viaggiante dedicato a tutti gli animali che vogliamo incontrare e conoscere nei luoghi dove vivono, liberi.
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