Per il nostro ordinamento un cane (e, in generale, un animale) rientra nella categoria dei beni mobili. Viene trattato, in parole povere, come un oggetto. I trasferimenti di proprietà che lo riguardano, dunque, sono regolati dalla normativa che si occupa di questo genere di beni. Inoltre, l’appropriazione di un cane altrui – la quale può avvenire con modalità differenti – può esporre l’autore a rilevanti conseguenze giuridiche di varia natura.
Come si dimostra la proprietà di un cane?
La gran parte delle persone è convinta che la proprietà di un cane sia determinata dall’intestazione dello stesso in sede di Anagrafe degli Animali d’Affezione. In realtà non è affatto così! L’iscrizione in anagrafe è un importantissimo adempimento amministrativo che non influisce, però, sull’attribuzione della proprietà, sebbene nella gran parte dei casi vi sia corrispondenza tra proprietario e intestatario.
Per fare un esempio concreto: due coniugi (o due conviventi) acquistano congiuntamente un cane di razza in un negozio o lo adottano in canile. Entrambi sono proprietari ma soltanto uno dei due risulterà intestatario in anagrafe. Al momento di una eventuale loro futura separazione il cane non spetterà in via esclusiva a quest’ultimo. Tutti e due avranno il diritto di custodirlo, secondo le modalità stabilite amichevolmente o da un giudice.
Come si fa il passaggio di proprietà di un cane?
I cani, come del resto tutti gli altri animali, rientrano nella categoria dei beni mobili. Sono per la legge degli oggetti. L’attribuzione e il trasferimento della loro proprietà si determina in forza della normativa inerente questi ultimi. L’art. 1376 del codice civile stabilisce in proposito che “nei contratti che hanno per oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa determinata, la costituzione o il trasferimento di un diritto reale ovvero il trasferimento di un altro diritto, la proprietà o il diritto si trasmettono e si acquistano per effetto del consenso delle parti legittimamente manifestato”.
Quindi, ai fini del trasferimento della proprietà di un cane è sufficiente un accordo in tal senso tra le parti, senza particolari formalità o contratti scritti. Diversa la situazione in caso di adozione di cani randagi ritrovati sul territorio. In questo caso la legge prevede alcuni specifici passaggi, quali il ricovero temporaneo in un canile o rifugio, il controllo su eventuali malattie, la microchippatura, un’attesa di sessanta giorni. Solo una volta effettuati tali adempimenti e trascorso il periodo indicato, il cane potrà essere affidato e, dunque, ceduto definitivamente.
L’appropriazione di un cane smarrito
Sino a qualche anno fa l’appropriazione di un cane (e in generale di animale) smarrito integrava una fattispecie penalmente rilevante. L’articolo 647 del Codice Penale, infatti prevedeva la pena della reclusione fino a un anno o della multa da euro 30 a euro 309 per chiunque si fosse appropriato di cose, delle quali fosse venuto in possesso per errore altrui o per caso fortuito (es. uno smarrimento). La norma si considerava applicabile al caso in discorso in quanto gli animali, come detto, venivano (così come sono sono tutt’ora) considerati delle semplici “cose”.
Con l’entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 7 del 2016 il citato articolo è stato abrogato e la condotta depenalizzata. Non significa che non ci siano più delle conseguenze. Anzi, forse risultano più gravose. Infatti, in sede civilistica possono ancora essere richieste la restituzione del cane ed il risarcimento del danno; inoltre, nei confronti di colui che si è appropriato del cane può essere comminata una sanzione pecuniaria da 100 a 8.000 euro.
Appropriazione indebita e furto di un cane
La fattispecie di cui abbiamo parlato sinora si configura nel caso in cui il soggetto agente si appropri di cose di cui sia venuto in possesso per errore altrui o caso fortuito, ad esempio in caso di smarrimento. Questa va assolutamente confusa con i casi di appropriazione indebita o furto di un cane.
La prima ipotesi è regolata dall’articolo 646 del Codice Penale, nel quale è stabilito che “chiunque, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, si appropria il denaro o la cosa mobile altrui di cui abbia, a qualsiasi titolo, il possesso, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione da due a cinque anni e con la multa da euro 1.000 a euro 3.000”.
Qui, il soggetto agente possiede (a vario titolo) di un cane altrui e nonostante ciò, volutamente, al fine di trarne un qualche ingiusto profitto (per sé o per altri), se ne appropria e non lo restituisce.
Il furto è invece disciplinato dall’articolo 624 del Codice Penale, secondo cui: “chiunque s'impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé o per altri, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 154 a euro 516”.
Nel furto la differenza con l’appropriazione di animale smarrito è ancor più evidente. Per la configurazione del reato è richiesto infatti un volontario spossessamento del bene, operato dal soggetto che agisce, che opera per averne un ingiusto profitto (proprio o altrui).
Al verificarsi delle ipotesi descritte il pet mate dovrà attivarsi immediatamente al fine di reclamare il proprio cane e di denunciare eventuali condotte penalmente rilevanti. In caso di furto o appropriazione indebita potrà sporgere denuncia/querela. Potrà farlo personalmente, senza particolari formalità, o anche richiedendo l’intervento di un avvocato.
Nel caso in cui non si abbia idea di chi possa essere l’autore della sottrazione, la denuncia dovrà essere presentata contro ignoti.