La loro comparsa aveva suscitato qualche clamore, al loro arrivo in Italia qualche mese fa. Anche noi di Kodami ne avevamo parlato, segnalando come tale evento fosse realmente eccezionale, visto che era da oltre cento anni che le gazze marine (Alca torda) non venivano avvistate in Campania e altre regioni. Ora però a susseguirsi fra le pagine dei giornali non sono nelle ultime settimane gli avvistamenti di questa specie artica, simile esteticamente a un pinguino. Sono invece i circa quaranta ritrovamenti di cadaveri appartenenti alla specie a suscitare preoccupazione, non solo negli animalisti ma anche all'interno dell'amministrazione.
Da quando infatti gli ornitologi hanno cominciato a segnalare la presenza delle gazze provenienti dall'Atlantico, sono questi i numeri dei decessi che sono avvenuti in Italia, escludendo dunque le altre nazioni appartenenti alla zona geografica del Mediterraneo centrale che, molto probabilmente, sono state coinvolte anch'esse nell'arrivo e nella moria di questi uccelli. È anche vero che il nostro habitat e le nostre temperature non sono quelle a cui le gazze marine sono abituate, con l'inverno di quest'anno che promette di essere uno fra i più caldi della storia in tutto il bacino del Mediterraneo.
Per quanto però il cambiamento climatico possa aver influenzato la morte di questi animali, con il secondo ritrovamento nel litorale napoletano in pochi giorni, i ricercatori hanno deciso di voler approfondire la questione. Ed è per questo se è stata disposta un'indagine da parte degli esperti dell'Asl Napoli 1, dell'Università e del Criuv (Centro di riferimento regionale per l’Igiene Urbana Veterinaria) in collaborazione con lo Zooprofilattico, per comprendere le ragioni di quest'elevato numero di tristi ritrovamenti.
Anche la Stazione Zoologica Anton Dhorn si è mobilitata per comprendere meglio la causa che sta spingendo questi uccelli a morire sulle spiagge italiane. Una delle teorie più gettonate è che questi animali siano giunti in Italia per svernare dall'Artico e che abbiano avuto un'estrema difficoltà a procacciarsi di che nutrirsi, in territori sottoposti a temperature molto superiori rispetto alle medie sopportate dalla specie. Questo li avrebbe spinti a cambiare continuamente zona di pesca e a sprecare notevoli energie per cercare da mangiare, non capaci di soddisfare la loro richiesta di risorse. Tale teoria però è solo una delle possibili risposte che hanno proposto i ricercatori e per comprenderne la validità dobbiamo attendere i risultati dell'indagine sui ritrovamenti.
Rosario Balestrieri – ornitologo della Stazione zoologica – aveva però spiegato a Kodami, tentando di delineare le ragioni della loro presenza nel Mediterraneo, che era davvero complesso interpretare le dinamiche che determinano gli spostamenti di questa tipologia di uccelli pelagici, denunciando la possibilità che per la maggior parte dei gruppi si trattasse di stormi molto affamati e denutriti. Tuttavia recentemente il ricercatore è tornato a parlare riguardo gli avvistamenti delle gazze marine nel Tirreno, partecipando a una trasmissione scientifica che rifletteva sui ritrovamenti frequenti di questi animali sulle spiagge italiane. «Gli individui trovati morti in Italia sono stati pesati e rispetto ai circa 600 grammi di peso che rappresenta la loro media, molti raggiungevano a stento la metà, risultando quindi denutriti. C'è però ragione di credere che non bastino pochi giorni dopo il viaggio per far morire di fame un animale sano» ha affermato l'esperto alla radio. «Quindi l'indagine è ancora aperta e per stabilire che cosa ha ucciso le gazze marine bisogna attendere l'esito dell'autopsia che verrà effettuata dai veterinari pubblici solo lunedì 16 gennaio, sul primo esemplare ritrovato in Campania. Devo però dire che l'altro giorno vicino Napoli ho contato molte decine di gazze marine, che sembravano in salute. Risulterebbe dunque che non si tratti di una moria di massa, per fortuna. Però le cause dei decessi vanno accertate».
Qualora la teoria dello stress ambientale e della denutrizione venisse confermata, non ci sarebbero più dubbi nel definire le gazze decedute come alcune vittime del cambiamento climatico e del surriscaldamento globale. Gli scienziati però sono scettici nel credere che questi decessi possano indurre nelle persone una maggiore ed ulteriore consapevolezza dei danni arrecati dalla nostra società all'ambiente. Perché per quanto le gazze marine avvistate e morte nei pressi di Napoli e non solo sono un ottimo esempio di specie costretta a migrare lontano dai loro usuali luoghi di pesca, per far comprendere le conseguenze del cambiamento climatico su scala globale la loro sofferenza potrebbe non bastare.