Rinoceronti per il corno, elefanti per l’avorio, pangolini per carne e scaglie, tartarughe marine per gioielli e oggetti realizzati con il carapace, squali per pinne e carne, tonni e balene per la carne, delfini per acquari, orsi per la bile, serpenti per la pelle, scimmie e pappagalli, rapaci e altri uccelli per i collezionisti. E ancora vigogne e guanachi, giaguari, cavallucci marini. Infine le tigri, tra le più ricercate, vive o morte. Ne rimangono 4 mila libere, ma 8 mila vivono e muoiono in cattività. Perché della tigre non si butta via niente: carne, pelli e addirittura ossa sono preziosissime per medicinali, trofei, liquori. Questa sintesi atroce emerge da "Natura connection": l'ultimo report di WWF e Traffic dedicato al commercio illegale a livello globale di animali selvatici.
Il nuovo report di WWF e Traffic su “Natura connection”, il business illegale mondiale di animali selvatici
I numeri freddi, così, si traducono in tutti gli animali del mondo che gli uomini cercano, cacciano, comprano, uccidono, fanno a pezzi, spediscono. I trafficanti di fauna selvatica, con la vendita di questi animali, alimentano un crimine che, a livello mondiale, viene dopo soltanto il traffico di droga e il contrabbando di armi e di esseri umani. Fra questi animali la tigre ha un ruolo fondamentale, inaspettatamente anche in Europa e in particolare in Italia. Come conferma il nuovo report realizzato da WWF e Traffic che fotografa il business illegale mondiale di animali selvatici. Mettendo l’accento su falle nei controlli e tracciamenti in Europa, Italia compresa, e sugli affari d’oro che questi criminali realizzano razziando la natura e i suoi habitat: una cifra che si aggira intorno ai 280 miliardi di dollari l’anno.
Ma cosa succede in Europa e, in particolare, in Italia?
Il rapporto spiega che il metodo con cui in Europa i trafficanti di animali selvatici riescono a mettere in commercio illegalmente le tigri e le loro parti (pelli, ossa, denti) è molto semplice. Sfruttano infatti con successo la difficoltà di tracciamento di dati, certificazioni, permessi, provenienza e destinazione durante il trasporto di questi animali tra i vari paesi per rifornire zoo e circhi. È questo il modo con cui riescono a smerciare tigri vive o morte verso i paesi interessati al loro acquisto: Vietnam, Tailandia e Cina. Tutte nazioni interessatissime alle loro parti per realizzare medicinali tradizionali, liquori, gadget per i turisti, trofei. Tutti paesi che si presume siano seriamente coinvolti nel commercio illegale delle tigri e quindi nel loro drammatico declino.
Anche l’Italia fra i paesi europei che esportano e importano tigri secondo un’indagine dell’Interpol del 2019
Un’indagine del 2019 dell’Interpol individuava alcuni paesi dell'UE tra i 30 principali esportatori e importatori mondiali di tigri. Fra questi il Belgio, la Germania, la Francia, l’Italia e il Regno Unito. I paesi europei esportano, importano e riesportano principalmente tigri vive, ma anche loro parti e derivati. «Tra il 2013 e il 2017 le esportazioni dirette di tigri vive hanno rappresentato il 93% di tutte le esportazioni di tigri dell'UE (in totale 111), mentre circa la metà (51%) di tutte le riesportazioni UE hanno coinvolto tigri vive. Tra i primi 5 esportatori figurano la Germania, l’Italia, la Spagna, la Repubblica Ceca e la Francia. Animali e loro prodotti hanno diverse destinazioni tra cui Thailandia, Vietnam, Cina, Singapore, Russia, Turchia e Taiwan. Durante il periodo oggetto dell’indagine, l'UE ha registrato un totale di 95 sequestri – che hanno coinvolto 14 strutture – gran parte dei quali effettuati in Austria, Regno Unito, Germania, Paesi Bassi e Spagna. Inoltre, i sequestri di medicinali contenenti derivati di tigre (ben 1.727), rappresentano il 94% di tutti gli analoghi sequestri effettuati dalla UE durante gli stessi 5 anni».
Ma come si esportano illegalmente le tigri? Il caso italiano
Per capire meglio come si riesce a trasportare e vendere tigri illegalmente, il rapporto del WWF cita proprio un caso riguardante l’Italia. Il direttore di un circo, nel 2019, aveva spedito 10 tigri ufficialmente ad uno zoo della Federazione Russa. In realtà dall’indagine svolta dai Carabinieri risultò che nella zona di destinazione non c’era alcuno zoo, ma un’azienda di importazione di carne e di alcolici. A tradire il direttore dello zoo italiano, poi formalmente colpito da un procedimento penale a suo carico, era stato il trasferimento in condizioni deplorevoli delle dieci tigri. Una era morta per gli stenti durante il viaggio attraverso Austria, Repubblica Ceca e Polonia. Le altre erano state bloccate al confine con la Federazione Russa, dove le autorità di frontiera avevano riscontrato irregolarità nei documenti di trasporto, Per fortuna il pronto intervento del WWF Polonia permise di mettere in salvo le tigri sopravvissute (9 delle 10) in un rifugio sicuro.
Il 20% dei vertebrati terrestri è minacciato dal commercio illegale che ne favorisce l’estinzione
Le tigri e la loro razzia rappresentano la punta dell’iceberg del commercio illegale di fauna selvaggia a livello mondiale. In uno studio pubblicato da Science ad ottobre del 2019, sono stati analizzati i dati relativi alle 31.745 specie di vertebrati terrestri fino ad oggi classificati. Di questi ben 5.579 specie di mammiferi, uccelli, rettili e anfibi (circa il 20% del totale) vengono acquistate e vendute sul mercato mondiale. Il 50% in più di quanto si pensasse si base alle stime precedenti. Ma soprattutto il dato inquietante è che il 20% circa di tutte le specie di vertebrati terrestri è minacciato dal commercio illegale considerato il primo passaggio verso la via d’estinzione.
Cosa fare per contrastare il commercio illegale di tigri?
Secondo il WWF intervenire si può e si deve. Intanto limitando il commercio di tigri, vive o morte, con una serie di impegni concreti: la creazione di un registro aggiornato sul numero effettivo di tigri detenute in cattività nei diversi paesi; una migliore collaborazione tra autorità competenti coinvolte nella gestione delle tigri allevate; il rafforzamento dei controlli sullo smaltimento degli esemplari deceduti; l’ispezione regolare di strutture private. Infine la segnalazione – da parte degli stati europei e della Commissione – delle principali problematiche incontrate, adottando misure nazionali più stringenti per la detenzione e l’allevamento di tigri.
Il progetto Swipe per contrastare il commercio internazionale
Ovviamente rimane a lungo termine l’intensificazione del contrasto internazionale ai crimini contro la fauna selvatica. Per WWF può passare attraverso Swipe, (Successfull Wildlife Crimes Prosecution in Europe) progetto che collega in tutta Europa diversi partner come Fauna & Flora International e Traffic. L’obiettivo è contribuire alla riduzione sostanziale dei reati contro la fauna selvatica, razionalizzando l’attuale legislazione penale ambientale dell’EU e, contemporaneamente, aumentando il numero dei reati denunciati ed effettivamente puniti.