È stata presentata oggi, 13 aprile 2021, la IX edizione di Animali in Città, la corposa indagine di Legambiente sui servizi offerti dalle amministrazioni comunali e dalle aziende sanitarie per la gestione degli animali d'affezione e sulla qualità della nostra convivenza in città con selvatici e non. Il report, che analizza i dati del 2019, restituisce un quadro pre-pandemia in linea con l'andamento del precedente, con un leggero miglioramento complessivo ma senza progressi significativi in nessuno dei campi analizzati. Una fotografia del Paese, certamente parziale, che mostra un aumento generale della spessa pubblica e un'enorme disparità tra i territori, dimostrando la necessità di maggiori sforzi a livello nazionale che possano aiutare ad appianare le differenze locali.
Le performance dei comuni e delle aziende sanitarie
Al questionario di Legambiente hanno risposto appena 1.069 amministrazioni comunali (circa il 13,5% di tutti i comuni d'Italia) e 46 aziende sanitarie (equivalenti al 40,7% del totale). Dalla enorme mole di dati raccolti dall'associazione emerge che il 69,5% dei Comuni dichiara di avere uno sportello dedicato ai diritti degli animali in città ma che solo uno su sette (15,7%) riesce a raggiungere una performance sufficiente. Mettendo insieme tutti gli indicatori utilizzati per valutare le amministrazioni, solamente Prato, Modena e Bergamo sono riuscite a superare il punteggio necessario per raggiungere il livello ottimale. Undici in totale sono state le amministrazioni premiate nelle rispettive categorie, quasi tutte settentrionali, con Napoli che rappresenta l'unica amministrazione delle regioni meridionali tra tutte quelle premiate.
La spesa pubblica complessiva per la gestione degli animali dei Comuni che hanno partecipato all'indagine nel 2019 è stata di quasi 229 milioni di euro (un incremento del 3,6% rispetto all'anno precedente). Una cifra piuttosto alta se confrontata con altre importati voci di spesa per il Paese, pari a 2,7 volte la somma impegnata per tutti i 24 Parchi nazionali (85 milioni di euro) o a 62 volte quella per tutte le 27 Aree marine protette (3,7 milioni di euro) e decisamente spropositata se confrontata alla qualità dei servizi offerti in termini di benessere animale.
Il rapporto tra risorse impegnate e risultati ottenuti ha raggiunto livelli eccellenti per appena l'1% dei Comuni analizzati, per un totale di undici. La maggior parte dei costi è stata assorbita dai canili rifugio, per i quali i Comuni dichiarano di spendere il 59,3% del bilancio destinato al settore (circa 93 milioni di euro per il 2019). Strutture che vengono gestite in proprio dalle amministrazioni per il 2,2%, tramite ditte o cooperative con appalto pubblico il 21,7% e tramite associazioni in convenzione il 27,9%. Per il restate 48,2% non ci sono informazioni disponibili.
Dai dati forniti invece dalle aziende sanitarie risultano 226 canili rifugio attivi per 36.766 posti disponibili, tuttavia alla fine del 2019 erano ospitati in queste strutture oltre 92mila cani, ovvero 2,5 volte i posti disponibili.
Quanti cani e quanti altri animali d'affezione ci sono in Italia
La separazione territoriale nella gestione delle banche dati sul numero di animali risulta ancora una volta particolarmente svantaggiosa e controproducente. I numeri continuano a offrire un quadro parziale e frammentario a causa del cattivo funzionamento dell'anagrafe canina, al momento l'unica obbligatoria per i milioni di animali da compagnia presenti nelle case degli italiani. Secondo le poche amministrazioni comunali che hanno risposto ai questionari, la media è di un cane ogni 7,5 cittadini residenti, ma solamente il 36,1% dei Comuni conosce il numero esatto dei cani iscritti all'anagrafe nel proprio territorio, per un totale di 1.060.205 cani su 7.913.890 residenti. Con questi dati, tuttora parziali e frammentati, le stime più attendibili sul numero di cani presenti in Italia vanno dai 19,8 ai 29,8 milioni.
Numeri simili per quanto riguarda i gatti, per cui non esiste alcuna anagrafe obbligatoria che rende di fatto milioni di animali completamente invisibili. Per tutto il resto del mondo animale che abita le case degli italiani non esiste a oggi alcun dato. Una lacuna preoccupante se si vuole avere una visione chiara, sia in termini qualitativi che quantitativi, delle popolazioni animali che vivono con noi in città, anche in ottica di controllo e gestione delle potenziali specie esotiche invasive, ormai una realtà importante del panorama degli animali da compagnia.
Cani liberi e colonie feline
Per quanto riguarda i cani liberi nelle città inquadrati come cani di quartiere, ovvero animali che sono sul territorio seguiti da tutor come prevedono diverse leggi regionali, dal report emerge che questo tipo di gestione risulta meno onerosa. Ma il report sottolinea che è ora indispensabile una maggiore condivisione di responsabilità e oneri tra Amministrazione comunale, Azienda sanitaria e cittadini per poter raggiungere una piena e positiva accettazione sociale. Un tassello importante che risulta difficile in assenza di un equilibrio tra il numero dei cani, numero dei cittadini incaricati nella gestione e presenza di aree idonee.
I Comuni che hanno dichiarato di avere cani liberi controllati sul territorio sono nel 67,4% dei casi al Sud e sulle Isole, nel 4,2% al Centro e nel 28,4% dei casi al Nord Italia. In totale sono stati dichiarati 1.632 cani liberi controllati, con 281 cittadini specificamente impegnati. Dati che mostrano ancora una volta le enormi disparità territoriali del Paese. Al primo posto Napoli con 204 cani, Campobello di Mazara (TP) con 114 cani, Latina con 100 cani, Biancavilla (CT) con 80 cani, Rapolla (PZ) con 73 cani.
Solo il 29,7% dei Comuni dichiara, invece, di monitorare le colonie feline presenti nel proprio territorio, che da questi monitoraggi risulterebbero 16.650 colonie, con oltre 143.530 gatti e 8.881 cittadini impegnati.
Anagrafe nazionale e incremento delle strutture pubbliche
Secondo Legambiente i dati del rapporto dimostrano la necessità di una nuova strategia condivisa tra tutte la parti istituzionali coinvolte, Governo, Regioni e Amministrazioni comunali, che possa servire a superare le attuali criticità e accrescere la consapevolezza nei cittadini sulle conseguenze sanitarie, ambientali, sociali ed economiche della gestione degli animali in città e che possa servire a raggiungere condizioni effettive di benessere umano e animale.
Sempre secondo l'associazione occorre al più presto istituire un'anagrafe nazionale per tutti gli animali d'affezione per fare uscire dalla "clandestinità" milioni di animali e mettere in rete enti pubblici e privati per tentare di emulare le esperienze virtuose. In fine bisogna porsi l'obiettivo di portare a 1.000 (una ogni 50-100 mila cittadini) il numero delle strutture veterinarie pubbliche tra canili e gattili sanitari e ospedali veterinari, per arrivare così a una copertura di servizi ai cittadini esaustiva che assecondi le esigenze territoriali. Sono queste le richieste concrete che emergono dal report di Legambiente.