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29 Marzo 2024
13:50

Animali cannibali: 12 specie che mangiano i loro simili

In natura esistono molte specie che praticano il cannibalismo, un comportamento che consente agli animali di difendersi da eventuali aggressori e per limitare gli sprechi.

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In natura esistono animali cannibali. Per noi umani può sembrare che sia privo di logica o di una concreta utilità biologica questo tipo di comportamento, visto che in teoria ciascuna specie dovrebbe garantire la sopravvivenza di ogni esemplare della propria popolazione. Tuttavia gli scienziati hanno dimostrato che non è sempre così e che ci sono diverse situazioni ed ecosistemi naturali dove il cannibalismo non è solo accettato ma anche utilizzato come pratica soluzione per affrontare molteplici sfide di carattere sociale e ambientale.

Se tenuto sotto controllo, le varie specie animali possono infatti avere dei benefici nell'utilizzare il cannibalismo come comportamento di emergenza o mezzo per migliorare le chance di sopravvivenza delle successive generazioni. In alcune specie, tuttavia, come nei leoni o in alcune specie di primati, è possibile osservare dei comportamenti cannibalistici in quegli esemplari che cercano di accrescere il proprio successo riproduttivo o di prendere il controllo del proprio gruppo. Spesso quindi il cannibalismo viene utilizzato come una soluzione individualistica che porta a migliorare la posizione di un unico esemplare all'interno del suo gruppo.

Molteplici sono gli animali che praticano questo comportamento: oltre i già citati leoni e le scimmie, abbiamo diverse specie di aracnidi e di insetti, come la mantide religiosa, ma anche le aragoste, i girini di molti anfibi. Anche coccodrilli e squali possono uccidere i propri simili per scopi alimentari.

In questo articolo andremo a fornire un breve elenco di alcune specie cannibali che praticano il cannibalismo, specificando che non vi è alcun giudizio di carattere morale: non solo perché per avere una corretta visione della natura bisogna comprendere le strategie di vita adottate dagli animali ma anche perché tra le specie cannibali spesso ci dimentichiamo di inserire l'uomo che, in alcune situazioni molto particolari lungo il corso della sua intera storia, ha dimostrato di essere degno di entrare in questa lista.  Parleremo quindi di cannibalismo esclusivamente dal punto di vista biologico ed evolutivo.

Leone

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Il leone (Panthera leo) è uno dei grandi felini che pratica il cannibalismo. Solitamente, ad essere uccisi sono i cuccioli o gli esemplari troppo malati o isolati. Nella maggioranza dei casi sono i maschi a praticare il cannibalismo, uccidendo la prole dei loro competitor sessuali. Nei leoni, quindi, il cannibalismo viene messo in pratica solitamente quando un maschio prende il controllo di un gruppo o quando un maschio, pur di garantirsi la discendenza, uccide i figli ancora troppo giovani dei leader che fino a quel momento guidavano il branco.

A seguito di un combattimento molto aspro, inoltre è possibile che i maschi si uccidano tra di loro e che per rimarcare la loro vittoria il vincitore mangi la carne del vinto, così da recuperare energie di seguito allo scontro e per sottolineare agli altri maschi della zona la sua ferocia e la sua forza fisica.

Anche le leonesse possono però praticare il cannibalismo, quando costrette. Gli esperti hanno infatti spesso osservato come spesso si alleano tra di loro per difendersi da un maschio non facente parte del loro gruppo che attacca i loro cuccioli, riuscendo talvolta ad ucciderlo e a sbranarlo. Altre volte ancora, quando il maschio che guida il loro gruppo è troppo malato o vecchio, prima che giunga un nuovo maschio che metterebbe a rischio la loro prole, decidono di uccidere il vecchio leader, così da garantire la sopravvivenza dei più piccoli.

In questo caso il cannibalismo viene praticato all'interno del contesto della competizione sessuale, dove per aumentare le chance di sopravvivenza dei propri cuccioli e aumentare così la propria fitness bisogna eliminare i figli dell'avversario.

Mantide religiosa

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La mantide religiosa (Mantis religiosa) è forse uno degli esempi classici di cannibalismo, dove la femmina attacca il maschio poco dopo aver iniziato l'accoppiamento. Molteplici studi hanno confermato che per queste specie il cannibalismo riproduttivo è obbligatorio, visto che il maschio non riuscirebbe a emettere il proprio seme e a fecondare le uova della femmina, senza venire morso alla testa.

Le ragioni biologiche che si celano dietro questo comportamento sono strettamente energetiche e riproduttive e hanno influenzato moltissimo l'evoluzione di questi insetti predatori. In primo luogo, uccidendo il proprio partner la mantide risolve in un istante uno dei problemi più gravosi che devono affrontare le femmine, una volta conclusa la fecondazione: trovare nutrimento per le successive generazioni. Per produrre infatti un gran numero di uova, le mantidi sprecano moltissima energia che riescono a reintegrare mangiando il padre dei loro figli.

Il maschio quindi – dal punto di vista strettamente riproduttivo – è ben lieto di fornire l'energia da cui si svilupperanno i propri figli, ma per fornire questo sacrificio ciascun maschio deve essere anche sicuro che la propria femmina manterrà la propria fedeltà, non riproducendosi con altri esemplari. Per raggiungere questo scopo, quindi, al momento della riproduzione, utilizza i suoi organi sessuali per sigillare l'ingresso della cloaca della femmina, almeno fino al momento della deposizione delle uova, all'interno di un'ooteca. 

Squali

squalo bianco

Gli squali sono noti per praticare il cannibalismo, ma la cosa curiosa è che sono cannibali anche quando sono molto piccoli e sono ancora all'interno del grembo materno. Essendo infatti degli animali ovovivipari, la maggioranza degli squali partorisce i propri piccoli dopo che questi hanno passato alcune settimane all'interno del corpo della madre cibandosi delle uova non mature e degli esemplari troppo deboli.

Questa tipologia di cannibalismo viene definito dagli scienziati come cannibalismo intrauterino ed è molto comune in tutte le specie dell'ordine dei Lamniformes: permette agli squali di selezionare i piccoli più forti e resistenti, ma anche di limitare le risorse necessarie affinché gli esemplari migliori crescano velocemente.

Da adulti gli squali possono praticare cannibalismo uccidendo gli esemplari più giovani o coloro che hanno sconfitto in battaglia, quando diversi esemplari si avvicinano per esempio al cadavere di una balena.

Scorpioni

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Ragni e scorpioni sono gli aracnidi più conosciuti

Gli scorpioni sono fra gli aracnidi maggiormente adattati ai territori desertici e agli ambienti estremi, ma sono anche noti per essere uno dei gruppi animali che riescono a mantenere sotto controllo le dimensioni delle loro popolazioni.

Quando infatti il numero inizia ad essere eccessivamente alto, gli scorpioni adulti più grandi attaccano gli altri esemplari per ridurre il rischio che le loro specie subiscano gli effetti negativi della sovrappopolazione.

Visto che vivono spesso in contesti ambientali molto complessi, aridi e poveri di risorse, alcune specie come Euscorpius flavicaudis non si limitano ad uccidere ma sfruttano il corpo delle vittime come risorsa alimentare. In tal modo non sprecano una singola fonte di energia presente nel loro territorio e riescono a mantenere sotto controllo anche il pericolo di eventuali infezioni che si diffondono con i cadaveri.

Le scimmie

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Anche diverse specie di scimmie praticano il cannibalismo. Tra le più note abbiamo i macachi e lo scimpanzé (Pan troglodytes) che non solo va a caccia di altre scimmie, ma può anche decidere di attaccare gli altri gruppi di scimpanzé o di eliminare un esemplare poco apprezzato dal proprio gruppo. Solitamente nelle scimmie antropomorfe il cannibalismo non viene però utilizzato esclusivamente come un comportamento di foraggiamento, ma anche come un comportamento sociale che ha degli effetti politici immediati. Aggredendo infatti un esemplare non particolarmente apprezzato della propria comunità o un eventuale rivale, l'aggressore ottiene maggior prestigio sociale, soprattutto se condivide la carne della vittima con i suoi amici.

Recentemente, un gruppo di studiosi ha scoperto che anche i cebi possono attaccare altri esemplari del loro gruppo per ricavarne risorse alimentari. In questo caso bisogna tuttavia sottolineare come spesso le vittime di questi attacchi sono cuccioli molto piccoli e che gli aggressori sono quasi sempre giovani maschi, non imparentati con la vittima.

Non dobbiamo tuttavia credere che l'omicidio sia molto frequente nei nostri parenti più prossimi. Molteplici studi, tra cui quelli di Jane Goodall e David Watts, hanno infatti dimostrato che la maggioranza delle morti provocati dagli scimpanzé a danno di un membro della loro specie sono accidentali e che i casi conclamati di cannibalismo sono molto rari.

Antechino

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Uno degli animali che ha fatto più parlare di sé nel corso degli ultimi mesi è l'antechino scuro (Antechinus sp.), un piccolo mammifero marsupiale che durante la stagione degli amori pratica quello che viene definito dagli scienziati come cannibalismo sessuale.

I maschi infatti riducono notevolmente le ore passate a cacciare e a dormire, pur di continuare a riprodursi, stressando così tanto il loro corpo che raggiunto un certo punto muoiono per la troppa fatica. La conseguenza diretta di questa frenesia sessuale è che l'areale in cui vive questa specie si riempie di numerosi cadaveri, appartenuti ai maschi che hanno finito di riprodursi.

Per limitare il pericolo che questi cadaveri diffondano delle malattie nel loro territorio e per riciclare ingenti quantità di sostanze nutritive, le femmine gravide allora cominciano a cibarsi dei corpi dei vecchi partner, in modo tale anche da velocizzare lo sviluppo dei loro figli.

La morte dei maschi favorisce anche lo sviluppo extra uterino delle future generazioni. Quando vengono al mondo, infatti, i nuovi antechini non trovano molti competitor all'interno della loro specie, condizione che li porta a sfruttare maggiormente tutte le risorse alimentari disponibili nel loro areale.

Formiche

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Le formiche si dimostrano davvero poco sociali, quando interagiscono con gli esemplari di altre colonie della loro stessa specie. Dovendo infatti competere per il controllo del territorio, spesso questi insetti formano degli eserciti, con cui tendono a scacciare o a uccidere i rappresentanti delle altre colonie.

Quando questo succede, le formiche vincitrici uccidono le loro vittime tagliandone gli arti o l'addome, portandone i resti all'interno dei loro magazzini, come scorta alimentare. Possono persino spingersi anche all'interno della colonia nemica, per uccidere la Regina e rubare tutte le scorte di cibo e le uova. In tal modo, le formiche vincitrici si assicurano di avere maggiori risorse e di poter anche espandere il numero delle proprie sorelle, garantendo maggiore cibo alle pupe che a loro volta alimentano le larve.

Api e vespe

ape

Le società degli imenotteri sono formate principalmente da femmine sterili, che svolgono tutti i lavori presenti all'interno del loro areale. Non tutti però sanno che questi importanti impollinatori delle piante possono anche praticare cannibalismo, sia quando sconfiggono gli esemplari di altre arnie, ma anche quando cercano di eliminare gli esemplari malati o i maschi dalla loro colonia. Quest'ultimi in particolare dopo essersi riprodotti con la regina.

Le ragioni biologiche dietro questo comportamento sono legate al contenimento degli sprechi alimentari. Un maschio, infatti, all'interno della società di una colonia di imenotteri, non ha granché da fare, dopo essersi riprodotto con la femmina. Il suo compito si conclude proprio al termine di questo atto e non sapendo né procacciarsi il cibo, né difendere la colonia né allevare le future generazioni, il suo mantenimento rappresenta solo uno spreco per le sorelle, che convogliano i loro sforzi per supportare energeticamente la loro intera società.

Per questa ragione, i maschi – ma anche le principesse non riproduttive o le regine troppo anziane – vengono uccise dal resto della loro colonia, così da non consumare risorse. Inoltre, in maniera simile da quanto è stato visto per le formiche, le api e le vespe solitamente aggrediscono gli esemplari delle altre colonie, che si avvicinano un po' troppo alla loro casa.

Criceti e i roditori

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Il criceto euroasiatico

Il cannibalismo non è un comportamento che è possibile osservare solo fra le specie selvatiche, essendo infatti presente anche all'interno degli stili di vita di alcune specie domestiche. I criceti, per esempio, solitamente uccidono i loro piccoli malformati che non riuscirebbero a vivere in natura.

In condizioni di sovra popolazione, inoltre, i roditori possono aggredire gli altri esemplari della loro specie pur di conquistare un maggior numero di risorse e una superficie maggiore di territorio. In tal modo fanno in modo che la loro popolazione non cresca eccessivamente e che l'ambiente continui a garantirgli le risorse sufficienti per mantenersi in equilibrio.

Gamberi e aragoste

aragosta

Anche tra i molluschi il cannibalismo è una pratica molto diffusa. Spesso gli esemplari adulti vanno a caccia degli esemplari più giovani, così da limitare le dimensioni della propria popolazione. In tal modo riescono anche a ottenere un maggior numero di risorse e a eliminare i figli dei propri competitor sessuali.

Questo comportamento non è tuttavia privo di complicazioni. Esso infatti può portare questi animali a ingerire involontariamente dei parassiti, che possono persino uccidere i loro ospiti.

Gli esemplari di Gammarus duebeni celticus, un gamberetto che popola le acque dolci dell'Irlanda del Nord, se sono infetti da un parassita, diventano tra l'altro ancora più voraci.

Le iene

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Le iene (genere Hyaenidae) sono un altro gruppo di mammiferi che quando si ritrovano a condividere lo stesso territorio con altri gruppi appartenenti alla stessa specie possono spingersi a praticare il cannibalismo e a uccidere i cuccioli delle altre famiglie.

In particolare, a risultare più voraci sono le femmine che guidano il gruppo, le matriarche, che in questo modo consentono alle loro famiglie di ottenere una maggiore quantità di risorse.

I moscerini della frutta

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Anche la famosa Drosophila melanogaster – il moscerino della frutta utilizzato spesso dalle prime ricerche genetiche di inizio Novecento – non disdegna i propri simili. In particolare, gli adulti si cibano dei propri piccoli mentre le larve mangiano le uova e le larve di minori dimensioni.

Sono laureato in Scienze Naturali e in Biologia e Biodiversità Ambientale, con due tesi su argomenti ornitologici. Sono un grande appassionato di escursionismo e di scienze e per questo ho deciso di frequentare un master in comunicazione scientifica. La scrittura è la mia più grande passione.
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