Anche se siamo abituati a considerarle inamovibili e silenziose le piante in verità sono capaci di emette un vero "segnale di allarme" quando sono disidratate o stressate per altri motivi. Si trattano di suoni, talmente bassi e dalla frequenza così elevata che abbiamo dovuto attendere il 2023 per riuscire a sviluppare una tecnologia capace di distinguerli dal rumore di fondo, richiami con cui potrebbero interagire anche gli animali.
Alcuni animali, infatti, sarebbero in grado di percepire questi "click" e di sfruttarli per dirigersi verso le piante più appetibili, in una maniera tale che neppure la ricerca fino a poco tempo fa aveva considerato. Questo è ciò che sostiene l'equipe che ha effettuato la scoperta, un team di ricerca israeliano guidato da scienziati dell'Università di Tel-Aviv e dell'Università di Harvard che ha pubblicato i risultati del loro studio sulla rivista Cell.
Ciò che però rende interessante questa ricerca non è stato solo l'essere riusciti a captare un suono così flebile da essere inudibile per le orecchie umane, hanno chiarito i ricercatori, ma anche essere riusciti a registrarlo e a discernere le differenze espresse dalle varie piante, tramite un'intelligenza artificiale che ha permesso di imparare il "dizionario e i dialetti" di diverse specie.
Per notare queste differenze, Lilach Hadany, docente di Biologia evolutiva e teorica, ha dovuto effettuare diversi esperimenti che avevano come obiettivo quello di registrare le risposte delle piante a diversi tipi di stress ambientale. «Abbiamo predisposto alcune serre che in pratica sono divenute delle camere acustiche», ha spiegato la ricercatrice. Lei e il suo team principalmente hanno lavorato con piante di tabacco e di pomodoro, mentre altri gruppi di ricercatori concentravano la loro attenzione su piante di grano (Triticum aestivum), mais (Zea mays) e uva (Vitis vinifera).
Sottoposti a prolungati periodi di siccità e al taglio delle foglie e degli steli, le piante hanno dato un risultato finale stupefacente. Ognuna di queste piante, infatti, ha dimostrato di essere in grado di produrre oltre 35 suoni all'ora, aventi come frequenza dai 20 ai 100 kilohertz.
Visto che le piante non hanno corde vocali o polmoni con cui modulare la produzione dei suoni, Hadany ha affermato che l'attuale teoria che cerca di spiegare l'origine di tali emissioni sonore riguarda lo xilema, ovvero al complesso sistemi di tubi che trasportano acqua e sostanze nutritive all'interno della pianta, dalle radici verso le fronde. Quando le piante entrano nelle fasi della disidratazione, la colonna d'acqua presente all'interno di questi tubi può sviluppare una pressione così notevole da indurre quello che in gergo tecnico si definisce "cavitazione".
La cavitazione la possiamo immaginare come la formazione di una bolla all'interno di piccoli tubi, dunque aria intrappolata che blocca il passaggio dei fluidi. Nelle piante la sua formazione causa l'interruzione del flusso xilematico, ma anche un click sonoro percepibile a distanza, connesso alla formazione ed espansione dell'aria nello xilema. Le piante che producono il maggior numero di click, perciò, sono anche quelle maggiormente sottoposte al pericolo della cavitazione, che interrompe momentaneamente l'afflusso di fluidi e di nutrienti dal suolo, con le relative conseguenze legate alla sopravvivenza e alla traspirazione delle foglie.
«In questo caso non stiamo parlando logicamente di un'emissione volontaria di suoni», ha chiarito la biologa israeliana, ma è probabile che questi click possono essere percepiti dalle altre piante in maniera simile a quanto è stato osservato con i fitormoni, ovvero sostanze che hanno lo stesso ruolo degli ormoni negli animali.
«Le specie presenti all'interno di una comunità vegetale sembrano trasmettersi tra di loro le informazioni di vitale importanza, come la presenza di parassiti o la necessità di accumulare scorte di acqua, con un complesso sistema di comunicazione che opera tramite ormoni e vibrazioni – dichiarano gli scienziati – Tali segnali di allarme sonori sono quindi un altro mezzo con cui le piante comunicano alle altre un problema».
È stato, infatti, dimostrato che tramite il complesso sistema delle radici, le piante di una comunità vegetale possono prestarsi soccorso, diffondendo nel suolo le sostanze nutritive di cui tutti hanno bisogno. Inoltre, come gli stessi studiosi affermano: «Ci sono animali che possono sentire questi suoni e quindi c'è la possibilità concreta che le piante riescano ad avere un'interazione acustica anche con alcuni di essi». Secondo gli scienziati ad essere principalmente interessati alle "chiacchierate" delle piante sono principalmente gli insetti.
Molti studi hanno già dimostrato come piante e insetti possiedano un modo di comunicare unico. Alcune piante, infatti, sono in grado di captare le vibrazioni impiegate dai loro impollinatori e quindi rispondere a questo segnale nel miglior modo possibile, ad esempio indirizzando l'animale verso la propria posizione o producendo più polline. Un esempio di questa interazione la offre lo stesso team di Hadany che ha riportato come una specie floreale protagonista della loro precedente ricerca, Oenothera drummondii, lasci una maggiore quantità di nettare se esposti al suono di un'ape in volo.
Non tutti gli scienziati credono però che gli animali possono interpretare o anche semplicemente udire questi suoni emessi dalle piante. Graham Pyke, un biologo in pensione della Macquarie University di Sydney, ha infatti dichiarato di essere scettico su questo fenomeno. Secondo lui è estremamente improbabile che una pianta riesca a comunicare con un altro organismo tramite dei suoni così flebili e rapidi. Il team di Tel Aviv ha però risposto ha questo commento spiegando quanto fino ad oggi abbiamo sottovalutato le capacità comunicative delle piante.
Fino a pochi decenni fa la scienza ignorava quasi completamente che le piante potessero emettere ormoni e dunque potremmo star valutando la questione superficialmente anche in questo caso. Secondo gli studiosi asserire oggi che questi suoni non debbano essere considerati una vera forma di comunicazione poiché non riusciamo a inserirli adeguatamente nei nostri modelli botanici è prematuro.
Hadany e il suo team hanno promesso che continueranno ad indagare sulla natura di questi "versi", e probabilmente se le loro teorie dovessero essere confermate, presto qualcuno troverà un'utilità pratica anche per questa scoperta. In un futuro di surriscaldamento climatico e di siccità, infatti potrebbe divenire molto comodo un sistema integrato nelle serre che permetta di capire ad un agricoltore quando abbeverare le proprie piante di pomodoro, a secondo dei versi che emettono sotto il sole torrido di un'estate sempre più lunga.