Molte specie animali si aggregano in fitte colonie e i loro modo di gestire lo spazio fornisce indizi su come quest'ultime sono influenzate da vari fattori ecologici, tra cui predazione, regolazione della temperatura o trasmissione di malattie. Per molti animali è per esempio vantaggioso vivere vicini agli altri conservando però una certa indipendenza. Pensiamo ai pinguini e ad altri uccelli, soprattutto marini, che si riuniscono in grosse colonie per nidificare lungo le coste.
Anche alcuni mammiferi marini fanno la stessa cosa: i pinnipedi (foche, otarie, trichechi), infatti, si danno appuntamento per partorire e allevare i loro cuccioli lungo tratti di spiaggia. A tal proposito, un team di ricercatori ha scoperto che gli esemplari di foca comune (Phoca vitulina) tendono però a distanziarsi maggiormente rispetto a quelli di foca grigia (Halichoerus grypus) per ridurre il rischio di malattie. I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista Royal Society Open Science.
Nel corso della recente pandemia globale, l'umanità ha acquisito familiarità con l'idea del distanziamento sociale che consisteva nel mantenimento di un certo spazio tra un individuo e l'altro per ridurre le possibilità di diffusione del virus. In questa nuova ricerca, il team di ricercatori si è chiesto se alcune specie oceaniche attuassero strategie simili. Per scoprirlo, si è avventurato sulle rive del Mare di Wadden olandese, nella parte sud-orientale del Mare del Nord, per studiare il comportamento delle foche.
Tali coste sono frequentate principalmente da due specie: la foca comune e la foca grigia. Utilizzando immagini aeree, i ricercatori hanno quindi esaminato i modelli di distribuzione delle colonie sulla terraferma e hanno notato che le foche grigie tendono a riunirsi a una certa distanza dalla riva, mentre le foche comuni preferiscono restare nelle vicinanze dell'acqua. Hanno anche scoperto che quest'ultime mantengono circa il doppio della distanza l'una dall'altra rispetto alle foche grigie.
Poiché in natura nulla avviene per caso, i ricercatori hanno voluto far luce su tale differenza comportamentale e hanno scoperto che le foche comuni tendono a cadere vittime di epidemie di cimurro delle focene (PDV), un virus che colpisce i pinnipedi, in particolare le foche, i cui segni clinici dell’infezione comprendono difficoltà respiratorie, febbre e sintomi nervosi. L'infezione in questione è molto pericolosa perché al livello respiratorio crea danni talmente tanto gravi da impedire alle foche di immergersi in acqua. Inoltre, le femmine infette durante la gravidanza tendono ad abortire.
Nel corso degli ultimi 30 anni, le foche comuni hanno affrontato già due epidemie causate dal PDV che hanno comportato un drammatico declino delle loro popolazioni. Le foche grigie, invece, non sono state colpite così pesantemente, perché generalmente sopravvivono a tali infezioni. Considerato ciò, il team di ricercatori ipotizza che il motivo per il quale gli individui di foche comuni siano così tanto distanziati gli uni dagli altri rifletta una forma di allontanamento sociale avente lo scopo di ridurre le possibilità di infezione durante le epidemie.
Il contagio avviene infatti tramite le vie respiratorie ed essudati orali, respiratori e oculari, ma viene favorito anche dal cambiamento climatico. L'aumento delle temperature sta causando lo scioglimento dei ghiacci rimuovendo, così, barriere fisiche che un tempo impedivano il contatto tra specie diverse. Inoltre, la perdita di ghiaccio favorisce lo spostamento dei grossi mammiferi marini, foche comprese, intenti a cercare nuovi habitat.
In questo modo si sono aperti nuovi corridoi ecologici che hanno facilitato il contatto tra foche di specie diverse diffondendo malattie infettive, PDV compreso. È evidente che la situazione è estremamente rischiosa e che, come al solito, anche in questo caso la causa del problema è legata alle attività umane. È bene muoversi il prima possibile per limitare i danni e panificare piani di gestione efficaci atti alla conservazione della foca comune e di tutti i pinnipedi a rischio. Solo in questo modo si può sperare di proteggere questi splendidi animali da nuove epidemie.