La sessualità è una parte preponderante del manifestarsi del comportamento di un animale e negli ultimi anni gli psicologi hanno cercato di approfondire meglio il suo sviluppo, per capire anche quali fattori biologici o culturali la possono influenzare. Questo tipo di studi non coinvolge però solo gli esseri umani, ma anche altri primati, da cui abbiamo probabilmente ereditato gran parte dei nostri comportamenti. Una nuova ricerca effettuata da diversi scienziati dell'Imperial College di Londra, nel Regno Unito, propone quindi di dare uno sguardo più ampio all'origine della nostra sessualità, analizzando i nostri parenti più prossimi che costituiscono la base dell'evoluzione umana.
I risultati di questo studio sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista Nature Ecology and Evolution e si concentrano particolarmente sulla vita sessuale dei macachi reso o rhesus (Macaca mulatta), che sono tra le scimmie più studiate in etologia. Sono anche tra le specie di primati che presentano la popolazione più numerosa del mondo e questo studio costituisce tra l'altro un vero e proprio caso unico. Si tratta infatti della prima ricerca a lungo termine sulla sessualità di una specie di scimmia che non sia l'essere umano.
Lo studio ha necessitato di 3 intensi anni di osservazioni all'interno di un'isola rifugio nei caraibi (l'isola tropicale di Cayo Santiago, a Porto Rico), per essere portato a termine. Per raccogliere un maggior numero possibile di dati, gli scienziati hanno anche sfruttato un database proveniente dal 1938, che raccoglieva le osservazioni raccolte da alcune popolazioni provenienti dalle allora colonie britanniche, che fornisco un quadro ancora più completo della sessualità di questi animali.
I risultati finali si sono dimostrati particolarmente interessanti, poiché donano un nuovo sguardo sull'evoluzione dell'omosessualità maschile e della manifestazione di alcuni comportamenti sessuali che non hanno finalità riproduttive, che sembrano avere una forte base genetica ed evolutiva, in particolar modo nelle popolazioni più isolate.
Proprio su questo, il primo autore dell'articolo, Jackson Clive, ha dichiarato «Abbiamo scoperto che la maggior parte dei maschi da noi studiati in questi anni erano dal punto di vista comportamentale delle scimmie bisessuali e che le attività omosessuali nei maschi è una caratteristica ereditabile. Ciò significa che il comportamento sessuale di queste scimmie può avere al contempo una base evolutiva ma anche dei legami con l'ambiente di crescita e con la loro società. Per esempio, abbiamo scoperto che i maschi che si montavano a vicenda avevano maggiori probabilità di supportarsi tra loro, in particolar modo durante i conflitti. Questo rappresenta tuttavia solo uno dei più importanti vantaggi sociali dei comportamenti omosessuali in questa specie».
La ricerca sui macachi dimostra quindi, ancora una volta, che l'omosessualità in natura è ben diffusa e che si è conservata per milioni di anni, come risposta a determinate esigenze, che non sempre hanno un'origine p una finalità riproduttiva diretta. I ricercatori hanno infatti registrato tutti i comportamenti di monta dei 236 maschi che facevano parte della colonia dell'isola di Cayo Santiago. Sia quelli effettuati nei confronti di altri maschi che quelli effettuati sulle femmine. E hanno così scoperto che il sesso omosessuale era più diffuso di quanto pensassero, soprattutto se confrontato con le scimmie antropomorfe, come gorilla e scimpanzé.
Il 72% dei maschi di macachi analizzati, infatti, sono stati osservati in attività intime con altri maschi per un numero d'appuntamenti superiore a 10 durante il corso di un singolo anno, dimostrando tra l'altro che il sesso non serviva solo per appianare le divergenze.
Impressionati da questi dati, i ricercatori hanno infatti cominciato a riflettere sulla fitness dei singoli individui, ovvero sul successo riproduttivo di ciascun esemplare. E così hanno cominciato a formulare qualche domanda che li potesse guidare nella difficile ricerca che aveva l'obiettivo di spiegare l'origine di questo comportamento. Quali costi riproduttivi per esempio scontavano i maschi che praticavano di più il sesso omossessuale, rispetto a quelli che si concedevano solo alle femmine? Le energie spese a montare altri maschi, inoltre, non portavano questi animali a sottrarre tempo da dedicare alla riproduzione con le femmine?
A differenza però di quanto pronosticato, studiando il DNA dei cuccioli, è stato osservato che erano proprio i maschi che si concedevano più appuntamenti con altri individui dello stesso sesso ad avere di una maggiore fitness riproduttiva e di conseguenza un maggior numero di figli. Questo perché le coppie di maschi che spesso copulano fra di loro si alleano con l'obiettivo di conquistare le femmine, sfruttando entrambi i benefici forniti dai legami di coalizione. Le energie spese quindi a montare altri maschi sono risultate molto importanti per la formazione di legami sociali che hanno permesso la formazione di alleanze con finalità riproduttive.
Ma per quali ragioni evolutive un maschio dovrebbe volere accompagnarsi con un suo potenziale competitor riproduttivo? Cosa lo spinge ad accettare la vicinanza di un altro maschio, dopo aver già messo al mondo dei figli, con una femmina che stravede per lui? Sono queste le domande che si sono posti i biologi dopo aver analizzato i dati. E osservando attentamente la routine dei macachi, la risposta è risultata molto semplice.
I padri dei cuccioli godono infatti di una maggiore sicurezza riproduttiva, poiché i loro piccoli vengono protetti sia dai genitori che dagli altri maschi, che mantengono i legami affettivi con tutti i componenti della famiglia allargata. I maschi che inoltre si riproducono con più femmine non conoscono l'effettiva paternità dei piccoli e non possono quindi attaccarli o allontanarli, poiché rischierebbero di mettere in pericolo la loro stessa progenie.
E così accettano di buon grado la compagnia e l'alleanza riproduttiva con altri maschi, disseminando nelle future generazioni i geni che favoriscono non uno specifico comportamento sessuale, come può essere quello esclusivamente eterosessuale, ma un ampio spettro di possibilità, che risultano essere anche un adattamento efficace per superare le difficoltà connesse allo sviluppo dei piccoli, che necessitano di molte cure.
Sebbene i ricercatori mettano in guardia dal confrontare direttamente i macachi con gli esseri umani, affermano che tali risultati sfidano le convinzioni di chi sostiene che l'omosessualità sia innaturale e priva di un vero e proprio scopo evolutivo. I macachi dimostrano infatti benissimo che la diversità nei comportamenti sessuali può essere estremamente utile da un punto di vista evolutivo. Il sesso omosessuale fra maschi rientra infatti perfettamente all'interno del panorama riproduttivo di questa specie, in quanto supporto molto importante per la procreazione e il mantenimento dei figli, oltre che per la conquista di una partner.
Il ricercatore senior, il professor Vincent Savolainen, ha inoltre spiegato che c'è ancora molto da studiare sul comportamento sessuale di questi animali, come per esempio l'omosessualità tra le femmine o la possibilità nei maschi di praticare anche sesso orale o anale con le femmine gravide, talvolta anche senza il loro diretto consenso, in quelli che sembrano delle violenze carnali. Un fenomeno che può confondere o disgustare, ma che ha anch'esso una profonda spiegazione biologica. Tali pratiche infatti abbassano notevolmente la libido dei maschi più "irruenti" e permettono alle femmine di legarsi ai loro partner evitando di essere abbandonate o trascurate dai loro compagni.
«Purtroppo c'è ancora la convinzione tra alcune persone che i comportamenti sessuali tra individui dello stesso sesso siano ‘innaturali'. La nostra ricerca, tuttavia, mostra che il comportamento sessuale tra gli animali non umani è molto più variegato di quanto pensino in molti. E la nostra missione è far progredire la comprensione scientifica del comportamento omo e eterosessuale, compresa l'esplorazione dei benefici che porta all'interno delle società animali. Tra i macachi che abbiamo esaminato in questo studio, più di due terzi hanno mostrato comportamenti omosessuali ed è ormai chiaro, questo comportamento rafforza moltissimo i legami all'interno comunità», conclude Savolainen.