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12 Aprile 2023
17:49

Anche gli uccelli spazzini sono minacciati dalla plastica che ingeriscono

Una nuova ricerca condotta a Charlotte, USA, ha dimostrato che due specie di avvoltoi sono gravemente in pericolo, in quanto scambiano la plastica per cibo.

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È ormai noto che la plastica sta causando enormi danni all'ambiente interagendo negativamente con le catene trofiche dato che sono molti gli organismi che la ingeriscono. Uno studio, i cui risultati sono stati pubblicati su Frontiers in Ecology and Evolution, ha dimostrato che sono gli uccelli spazzini a essere gli animali più esposti al rischio di ingurgitare plastica. Il team di ricercatori ha concentrato la propria attenzione sugli avvoltoi neri e avvoltoi collorosso (Coragyps atratus e Cathartes aura) documentando che la quantità di plastica ingerita da queste specie può essere predetta in base alla loro posizione sulle mappe suburbane ed extraurbane.

Dagli anni 50 l'umanità ha prodotto circa 8,3 miliardi di tonnellate di plastica delle quali solo il 9% di questo è stato riciclato. Questo significa che siamo circondati da plastica sia "dentro che fuori", dalle profondità degli oceani alla cima dell'Everest e, inevitabilmente, all'interno dei tessuti umani e di altri organismi. Attualmente non sono noti gli effetti a lungo termine che questo materiale può causare alla salute umana, ma si è a conoscenza dei danni subiti da diversi animali come i roditori, nei quali le microplastiche possono compromettere la funzione del fegato, dell'intestino e degli organi esocrini e riproduttivi.

Tra gli animali che sono più a rischio in questo contesto spiccano gli uccelli necrofagi che, in quanto spazzini, si nutrono principalmente di carogne e più raramente di piccoli animali (mammiferi, lucertole e anfibi). «In questo studio dimostriamo che gli esemplari di avvoltoi neri e avvoltoi collorosso presenti nelle aree maggiormente sviluppate e aventi una maggiore densità di fornitori di alimenti commerciali ingeriscono più plastica», ha affermato Hannah Partridge, una studentessa di dottorato presso il Dipartimento di Geografia e Scienze della Terra dell'Università della Carolina del Nord. Interessante notare che si pensa che questi animali ingeriscano la plastica volontariamente e non casualmente come si è soliti pensare.

Tra il 2021 ed il 2022 è stato condotto un esperimento durante il quale il team di ricercatori ha studiato otto posatoi distribuiti lungo tutta l'area metropolitana di Charlotte, USA (popolazione umana 2,8 milioni e in crescita), ospitanti solitamente tra 20 e 500 avvoltoi e condivisi da entrambe le specie. Sotto i posatoi è stato raccolto un totale di 1.087 palline di materiale non digerito vomitato dagli avvoltoi (pellet) il cui 60% contenente plastica, rappresentando in media il 2,7% della massa totale. Altri componenti includevano vegetazione, terra, rocce, resti di animali, metallo, tessuto, carta, legno e vetro. Attraverso analisi specifiche i ricercatori hanno identificato le tipologie di materiale plastico: i più comunemente trovati erano gomma siliconica (7,5% dei campioni analizzati), polietilene ad alta densità (7,0%), polietilene (6,4%) e biopolietilene silicato (5,3%).

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Un avvoltoio collorosso

Una volta ottenuti questi risultati, gli autori hanno cercato di individuare associazioni tra la quantità di plastica presente all'interno del materiale rigurgitato dagli avvoltoi e quattro tipologie di sviluppo umano a una distanza crescente (da 400 metri a 20 km) dal posatoio preso in esame. Le quattro misure di sviluppo umano prese in esame sono: densità dei fornitori commerciali di alimenti (dai negozi a gestione familiare e i camion di cibo ai supermercati e ai ristoranti), la densità dei produttori di bestiame e selvaggina, la quantità di copertura del suolo urbano e la distanza del posatoio dalla discarica più vicina.

Attraverso l'utilizzo di software statistici è emerso che la percentuale di massa di pellet composta da plastica è fortemente aumentata con l'incremento della copertura del suolo urbano e della densità di fornitori di cibo entro 20 km dal posatoio preso in esame. Da questi risultati e da osservazioni dirette, il team ha concluso che soprattutto gli avvoltoi neri presenti nell'area metropolitana di Charlotte potrebbero ingerire plastica direttamente dai cassonetti appartenenti ai fornitori di cibo. «Gli avvoltoi neri spesso si appollaiano durante la notte su una torre di trasmissione accanto a un fast food e appena sorge il sole volano direttamente verso il cassonetto del locale», ha osservato Partridge. «Gli avvoltoi collorosso lo fanno meno spesso in quanto prediligono aree più rurali e fonti di cibo naturali».

La domanda sorge spontanea: questi animali ingeriscono plastica per sbaglio o volontariamente?

Poiché si tratta di animali che si nutrono di resti di altri organismi, i ricercatori ipotizzano che possano scambiare con facilità la plastica per frammenti ossei. «Gli avvoltoi sono curiosi e cercano sempre nuove fonti di nutrimento, quindi è probabile che ingeriscano la plastica pensando che sia cibo», spiega Partridge. «Non è da escludere, però, che inghiottano la plastica intenzionalmente in quanto utile per parti indigeribili di carogne come i capelli».

È ovvio, quindi, che è necessario tutelare questi animali e, per far si che vengano protetti nella maniera adeguata, servirebbe la collaborazione dei fornitori stessi, i quali possono garantire che i loro rifiuti siano adeguatamente insaccati, che vengano gettati nei cassonetti e che questi siano chiusi correttamente.

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Alessia Mircoli
Dottoressa Magistrale in Biodiversità e Gestione degli Ecosistemi
Sono laureata in Biodiversità e Gestione degli Ecosistemi e la divulgazione scientifica è la mia passione. Durante il mio percorso ho scoperto il mondo del giornalismo scientifico e ho capito che è la mia strada. Sono estremamente affascinata dalla natura e da tutto ciò che ne fa parte, credo nell’importanza di diffondere un’informazione corretta sugli animali e l’ambiente.
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