L’ultima volta che Kodami aveva contattato Saaed El Arr da Gaza era stato a novembre. Ci aveva raccontato della strage di randagi imposta dal sindaco di Hebron, Tayassir Abu Sneineh, che aveva promesso venti shekel per ogni cane ucciso: una taglia in denaro per "aiutare" la Palestina a combattere il randagismo. Saaed, l’unico Palestinese della Striscia di Gaza a gestire un rifugio per cani randagi e ad accogliere in casa sua decine di gatti per offrirgli cibo e riparo, ci aveva risposto dispiaciuto e abbattuto per quello che succedeva nella sua terra. In questi giorni di guerra tra Israele e Palestina, però, Saeed trova a fatica il tempo di rispondere.
La tragedia stamattina ha ancora contato i suoi morti: 1.200 le vittime israeliane accertate e almeno 3.300 feriti, mentre fino a ieri, secondo il ministero della Sanità di Gaza, erano 1.417 i palestinesi morti sotto le bombe israeliane e 6.268 i feriti. Tra le vittime si contano 447 bambini e 248 donne. In questo scenario apocalittico, un messaggio di pace, per la sua terra martoriata ma anche per il resto del mondo, arriva in automatico quando si cerca di contattare Saeed ai soliti canali dai quali prima aveva sempre risposto: «Cari amici spero che stiate bene. Che la pace prevalga in questa terra e nel mondo». Ma l'emergenza incalza subito dopo: «Ci stiamo preparando per l‘evacuazione nel caso dovessimo ricevere una chiamata dicendo che il nostro edificio sarà bombardato – spiega – Abbiamo le casse pronte. Sembra che resteremo senza acqua e elettricità per molto tempo. Speriamo che tutto questo finisca presto e speriamo di sopravvivere tutti».
Lo stesso Saeed ha filmato e postato in questi giorni strade vuote abitate soltanto da randagi. «Abbiamo girato questi filmati durante i primi giorni di guerra, quando siamo usciti per dare da mangiare ai cani – racconta – Le strade erano vuote perché tutti erano nascosti in casa, ma i cani non avevano un posto dove nascondersi». È lo stesso Saeed a fare il punto sulla situazione del rifugio: «Attualmente abbiamo i nostri gatti in tre luoghi diversi: a casa mia, dove vivo. In un'altra casa, dove mio figlio Sa'ed vive e si prende cura di loro, e in un terzo luogo dove l'altro mio figlio se ne occupa. Ci sono forti esplosioni, ma i gatti stanno relativamente bene. Forse perché sanno di essere al sicuro con noi. La nostra più grande preoccupazione sono i cani. Si trovano in uno spazio aperto nel rifugio. E si spaventano molto quando sentono di non poter scappare. Abbiamo dato loro tutto lo spazio possibile, ma già ieri hanno rotto il recinto e alcuni di loro sono scappati. Continuiamo a seguirli e speriamo di riuscire a raggiungerli. La situazione è molto preoccupante».
Nei post pubblicati sulle pagine social del suo Sulala Animal Rescue, due ragazzi che lo aiutano al rifugio rovesciano fra i cani grandi sacchi di crocchette secche. I cani sono centinaia e li accolgono festosamente. La loro richiesta di aiuti è la stessa che da mesi, da anni, Saeed ripete attraverso i social: «Salvate gli animali di Gaza». Ma in questi giorni di terrore assoluto, dove tutto a Gaza è contingentato e alla consueta penuria di cibo si aggiunge la paura di quello che potrà accadere da un momento all’altro, è difficile trovare spazio per la compassione dei confronti di cani, gatti o qualunque altra forma di vita animale.
Lo stesso Saeed ce lo aveva raccontato in passato. «La situazione degli animali a Gaza è molto difficile. Non c'è protezione per loro. Soffrono durante la guerra e soffrono anche quando non c'è guerra perché le persone li trattano male. Non hanno alcun diritto».
Gaza è però anche la città dove soltanto quest’estate, mossa dalla sua passione per i gatti, Naeema Mea'bed aveva aperto il Meow Cat Cafe, il primo ritrovo a tema felino della Striscia con specchi e vasi di fiori, oltre a poster dei 14 gatti residenti con cui gli ospiti, adulti o bambini, potevano giocare liberamente. Un segnale, forse, di come l’amore per gli animali si stia diffondendo e la situazione lentamente migliorando, confermato anche dai tanti video che stanno girando in questi giorni in cui giovani e giovanissimi Palestinesi portano in salvo i loro animali dalle macerie dei palazzi abbattuti dalle bombe israeliane. In un territorio dove più della metà degli abitanti ha meno di 18 anni e il 40% meno di 14, sembrano essere soprattutto i bambini, che nelle immagini sono sempre quelli che portano in salvo e accudiscono gli animali scampati e recuperati fra le macerie, a mantenere più stretto il legame con il mondo animale che a fatica sopravvive.
Oltre ai gatti e ai cani sopravvissuti, la città è abitata da centinaia di randagi che si aggirano silenziosi fra le rovine dei palazzi abbattuti. «Come potete vedere le strade di Gaza sono ancora piene di gatti che non hanno riparo dalle bombe e a causa di questa crisi hanno più difficoltà a trovare cibo – una voce spiega in un video del rifugio Sulala Animal Rescue – Saeed e le sue figlie Du'a e Diana sono usciti ieri per dar loro da mangiare». Escono a loro rischio e pericolo perché i bombardamenti incessanti rendono pericolosi i lunghi percorsi tra i palazzi della città sotto attacco. Lo testimoniano anche i filmati riproposti dall’agenzia Eye.on.Palestine dove bambini e ragazzi scampati ai bombardamenti mostrano i loro animali domestici portati in salvo.
Dopo due giorni di tentativi ci risponde Maram, una delle fondatrici di Strays of Gaza, non un vero e proprio rifugio, più che altro un presidio sul territorio per curare quelli malati e cercare adozioni per gli altri. Maram, che attualmente vive in Turchia dove si è spostata per lavoro un paio di anni fa, è stata per un mese a Gaza a marzo ed è in contatto con il team rimasto sul posto, connessione internet e elettricità permettendo. «Per un periodo, prima che iniziasse la guerra – speiga a Kodami – non avevamo gatti nel rifugio. Abbiamo smesso di accoglierne a causa di problemi finanziari, quindi abbiamo curato e dato in adozione quelli che avevamo per ultimi. Ma il nostro non è un vero e proprio rifugio. L’anno scorso abbiamo collaborato con una clinica veterinaria che ci ha dato lo spazio e le cure necessarie per i gattini. Siamo ormai un team più piccolo rispetto a qualche anno fa. Per questo accoglievamo solo una piccola quantità di gatti alla volta, solo quelli che necessitavano di cure urgenti».
In questi giorni di grande difficoltà cerca di rimanere in contatto il più possibile con chi è rimasto a Gaza a prendersi cura degli animali. «Nessuno se n'è andato ancora. Devono evacuare alcune aree che vengono bombardate spesso. E andare magari a casa di parenti o qualcosa del genere. Quindi per ora sono al sicuro, ma nessuno sa dove sarà la prossima bomba o la prossima evacuazione. La maggior parte della squadra ha più gatti e tutti quelli che conosco hanno dovuto lasciare la propria casa. Tutti, ovviamente, hanno portato con sé i loro gatti».
Anche Maram ci parla infine di una situazione difficile anche prima dello scoppio dell’ennesima, sanguinosissima, guerra. «La situazione era ed è ancora molto difficile per gli animali randagi a Gaza, non abbiamo abbastanza veterinari esperti, non ci sono molte attrezzature, troppi animali malati e non ci sono abbastanza persone che vogliono adottare. Infatti la cosa più difficile per Strays of Gaza è trovare una casa per i gatti dopo che sono stati curati».