La caccia cooperativa, la condivisione dello spazio e delle risorse, l'uso degli stessi segnali per comunicare informazioni: questi sono tutti esempi di condivisione culturale osservati tra specie animali differenti. Ed è così che, in un articolo di opinione recentemente pubblicato sulla rivista Trends in Ecology & Evolution, due scienziati presentano e introducono per la prima volta il termine "co-cultura", per descrivere proprio la condivisione culturale tra specie animali differenti.
Diversi tipi di relazioni e interazioni animali sono reciproche e vanno ben oltre l'osservazione e l'imitazione del comportamento di un altro animale. Nelle co-culture, entrambe le specie si influenzano a vicenda in modi sostanziali. «La co-cultura sfida la definizione specie-specifica di cultura, sottolineando la complessità e l'interconnessione tra le società umane e animali, e tra le sole società animali», hanno scritto gli autori Cédric Sueur, etologo, e Michael Huffman, primatologo.
«Queste interazioni tra specie diverse portano ad adattamenti comportamentali e preferenze che non sono solo incidentali, ma rappresentano una forma di evoluzione convergente», sottolineano. Le co-culture sono state osservate tra umani e animali, che tra i soli altri animali. Un esempio famoso è il rapporto di collaborazione tra cacciatori di miele e uccelli indicatori in Tanzania e Mozambico, dove gli uccelli guidano deliberatamente gli esseri umani (ma anche i tassi del miele) verso gli alveari.
Ma altri esempi di co-culture sono ormai evidenti e ben studiati anche in altri animali, come la cooperazione nella ricerca di cibo tra corvi e lupi, tassi americani e coyote, o la caccia cooperativa osservata tra le orche e i delfini. Ci sono poi anche forme di comunicazione che travalicano i confini di specie come i segnali d'allarme condivisi tra specie differenti di primati. E secondo gli autori, questa condivisione interculturale tra animali non solo esiste ed è reale, ma potrebbe anche guidare l'evoluzione tra specie diverse verso una direzione comune.
«Comportamenti culturali che migliorano la sopravvivenza o il successo riproduttivo in un determinato ambiente, possono portare a cambiamenti nelle abitudini delle popolazioni che, nel tempo, potrebbero guidare anche la selezione genetica», spiegano gli scienziati. E per estendere la nostra comprensione sulle co-culture, gli stessi ricercatori suggeriscono che gli studi futuri dovrebbero iniziare investigando gli animali selvatici che vivono in ambienti urbani, nelle nostre città.
«Gli animali urbani modificano i loro comportamenti, l'apprendimento e le abilità nel problem-solving per affrontare le sfide proposte dalla città, rispondendo in maniera dinamica ai paesaggi urbani», sottolineano. «Allo stesso modo, anche gli esseri umani alterano i loro spazi urbani, influenzando di conseguenza anche il comportamento e l'evoluzione della fauna selvatica. Questa reciproco adattamento tra umani e fauna selvatica è fondamentale per comprendere la co-cultura».
Saranno naturalmente necessari ulteriori studi per approfondire la possibile coevoluzione tra culture e genetica, ma la teoria proposta è che le abitudini e le trasmissioni culturali e i genomi delle specie stiano evolvendo di pari passo. Il prossimo passo della ricerca cognitiva ed evolutiva animale, potrebbe quindi essere proprio scoprire come le culture influenzano la genetica e l'evoluzione e viceversa, ma anche come tutto ciò cambia a seconda delle specie e degli ambienti presi in esame. Un nuova prospettiva estremamente afascianante.