L'Europa salta l'appuntamento con la storia. La Commissione ha infatti deciso di non prendere posizioni rispetto alla messa al bando dell’allevamento di animali da pelliccia negli stati membri.
Oggi infatti il vice presidente esecutivo della Commissione Europea, Maroš Šefčovič, e la commissaria alla salute, Stella Kryakides, nel corso della conferenza stampa organizzata nell’ambito del 14mo meeting della piattaforma UE sul Benessere Animale (EUPAW) hanno comunicato la risposta ufficiale della Commissione all’Iniziativa dei Cittadini Europei “Fur Free Europe”.
Prendendo una non-posizione, la Commissione UE ha preferito passare la palla all’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) per ulteriori valutazioni sul benessere animale. Una scelta che ha indignato i promotori dell'Iniziativa dei Cittadini Europei “Fur Free Europe”.
Le ICE o Iniziative dei Cittadini Europei permettono ai cittadini europei di suggerire delle modifiche legislative. Si tratta di uno strumento di democrazia partecipativa che permette di portare all'attenzione della Commissione temi di particolare interesse. Una volta superati diversi step, come la raccolta di almeno un milione di firme, la proposta di modifica legislativa non solo arriva sul tavolo della Commissione che deve rispondere nel merito, anzi dovrebbe.
In questo caso Šefčovič e Kryakides hanno deciso infatti di fare un passo di lato, cercando di prendere altro tempo. «Anziché affidarsi alle numerose prove scientifiche esistenti, che hanno stabilito con certezza la correlazione tra una serie di evidenti problematiche e malattie che gli animali da pelliccia sviluppano a causa della stabulazione negli allevamenti, che impediscono loro di esprimere i loro comportamenti naturali, la Commissione UE ha conferito mandato all’Autorità europea per la sicurezza alimentare», lamentano in una nota congiunte LCA Europe e la Fur Free Alliance.
Il parere dovrà essere consegnato entro marzo 2025 e la decisione finale della Commissione arriverà, di conseguenza, entro marzo 2026. «Un ritardo ingiustificato e inutile, che condanna decine di milioni di animali a continuare a soffrire – sottolineano gli attivisti – È assodato che gli allevamenti di animali da pelliccia rappresentano anche un rischio per la salute pubblica, come dimostrano i focolai di coronavirus SARS-CoV-2 registrati durante la pandemia negli allevamenti di visoni (oltre 400, di cui 4 anche in Italia) e gli attuali focolai di Influenza Aviaria ad alta patogenicità (H5N1) in atto in alcuni siti che detengono visoni, volpi e cani procione».
Gli allevamenti intensivi, sia a scopo alimentare che per le pellicce sono infatti la culla di molte zoonosi, come aveva spiegato a Kodami il professore ordinario di malattie infettive dell'Università Federico II di Napoli, Ivan Gentile: «Si tratta di luoghi in cui gli animali sono stipati tra loro a volte in condizioni igieniche non ottimali, ciò favorisce la nascita di nuove infezioni. Più un virus si ricombina, passando da un individuo all'altro, più crea chimere. Ciò significa che nei prossimi decenni assisteremo alla nascita di altre zoonosi». Più un virus si ricombina maggiori probabilità ha di compiere il salto di specie. Eppure tutto resterà fermo almeno fino al 2026.
Joh Vinding, presidente della Fur Free Alliance, ha dichiarato: «La Commissione europea non ha preso la decisione giusta e ha ignorato la voce di 1,5 milioni di cittadini e di molti Stati membri che vogliono il divieto di allevamento e vendita di pellicce nell'UE. Siamo certi che le prove scientifiche sosterranno la nostra posizione e mostreranno la terribile sofferenza di milioni di animali negli allevamenti di animali da pelliccia. Esortiamo la CE ad agire rapidamente e a proporre un divieto legislativo, invece di ritardare con un'inutile consultazione».
Sulla vicenda è intervenuta anche la Lav attraverso Simone Pavesi, responsabile Area Moda Animal Free: «L’Iniziativa Fur Free Europe, di cui LAV è stata la promotrice insieme ad altre ONG europee, è stata un successo: in meno di 10 mesi abbiamo raccolto più di 1,5 milioni di firme validate; in 18 Stati Membri abbiamo raggiunto la soglia nazionale. La Commissione Ue non poteva ignorare questa istanza fortemente sostenuta dai cittadini. Tuttavia, la Commissione Europea ha deciso di non decidere e così non ha risposto alla precisa richiesta dei cittadini europei che hanno chiesto la fine dell’industria della pelliccia. Un’istanza che è già stata in parte accolta da numerosi Stati Membri che, come l’Italia, hanno già vietato a livello nazionale questi allevamenti; così come dalla stragrande maggioranza delle aziende della moda che si sono dotate, da anni, di una policy fur-free».