La strage di pesci nel Mar Menor, nella regione di Murcia, in Spagna, una delle più grandi lagune di acqua salata d’Europa, potrebbe essere stata provocata dall’inquinamento prodotto dai liquami delle centinaia di allevamenti intensivi di suini presenti nella zona.
È questo il risultato dell'indagine realizzata dai giornalisti di Lighthouse Reports, organizzazione no profit di giornalismo investigativo, insieme ai giornalisti di elDiario.es e La Marea.
La strage di pesci nella laguna del Mar Menor in Spagna
I residenti nella regione sud-orientale di Murcia avevano lanciato l'allarme ad agosto dopo che decine di pesci morti furono ritrovati sulle rive della laguna. In pochi giorni, però, il bilancio salì a più di cinque tonnellate di carcasse in decomposizione disseminate sulle spiagge che un tempo erano una delle principali attrazioni turistiche della zona.
Le immagini di quelle acque torbide e le lamentele per il fetore derivante, dominarono i media di tutta la Spagna per giorni, soprattutto perché il parere degli scienziati che hanno collaborato all'indagine, poneva l’attenzione su una motivazione completamente diversa da quella del governo regionale.
Quest’ultimo, infatti, accusava l'uso di fertilizzanti sull'ampia distesa agricola che costeggia la laguna, mentre il secondo accusava i decenni di deflussi di scarichi di nitrati provenienti appunto dagli allevamenti di suini sulle coste sempre più numerosi. Tali scarichi avrebbero innescato la fioritura di numerosissime alghe capaci di impoverire l'acqua di ossigeno, soffocando i pesci.
I risultati dell'indagine fanno eco a un rapporto del Ministero dell’Ambiente spagnolo del 2019 che stimò che gli allevamenti di suini presenti potessero essere responsabili del 17% dell'azoto nella falda acquifera del Mar Menor. Ma non solo. Le fotografie dei droni e le immagini satellitari dell'area, mostrarono pozze di liquami con pezzi di rifiuti di maiale all'interno, scaricati su terreni vicini o immagazzinati in grandi buche.
E nelle visite al 10% di queste pozze da parte dei tecnici del ministero, venne riscontrato che oltre il 90% non rispettava le normative secondo cui i rifiuti dei maiali devono essere conservati in stagni impermeabili chiusi.
«Sono state rilevate gravi carenze nelle strutture per lo stoccaggio dei rifiuti di bestiame. L’impermeabilizzazione è quasi inesistente e questo consente ai rifiuti di fuoriuscire direttamente nel terreno con la conseguente contaminazione della falda acquifera» spiega il report.
María Giménez Casalduero, professore all'Università di Murcia e coordinatore regionale del partito politico Más País, commentando la ricerca di Lighthouse Reports, dice di essere senz'altro convinto «che la principale fonte di inquinamento sia l'agricoltura intensiva nel bacino del Mar Menor» ma che non bisogna dimenticare «i circa 450 allevamenti di suini nel bacino di utenza» di cui nessuno, invece, parla.
Il numero di allevamenti di suini nella regione di Murcia è salito a livelli record, seguendo l'aumento degli allevamenti e dei macelli in tutta la Spagna. Più di 56 milioni di suini sono stati macellati in tutto il Paese lo scorso anno, 3 milioni in più rispetto al 2019. E l'impennata della domanda di esportazioni vede ora la Spagna pronta a superare la Germania come principale produttore di carne suina dell'Unione Europea quest'anno.
Gli avvertimenti inascoltati della natura
«Il collasso del Mar Menor è un promemoria dei compromessi ambientali, dall'azoto e dal letame carico di ammoniaca alle emissioni di metano, che si fanno per alimentare un'industria in cui il fatturato nel 2019 ha superato i 15 miliardi di euro» ha commentato Casalduero.
«Il Mar Menor è un campanello d'allarme. Se si vuole rifornire la Cina di jamón (prosciutto), bisogna essere consapevoli che si sta distruggendo il territorio. Dobbiamo decidere: fino a che limite possiamo continuare a utilizzare le nostre risorse naturali e ad avere un impatto sul nostro ambiente per soddisfare i mercati internazionali?».
L'afflusso di pesci morti sulle rive del Mar Menor quest'estate è stato l'ultimo capitolo di una situazione che comincia già nel 2016, quando le fioriture di alghe hanno trasformato le acque della laguna in una densa brodaglia verde, provocando nel 2019 la morte di migliaia di pesci e crostacei le cui carcasse si riversarono poi sulle sue coste.