Allarme vespa velutina nel Lazio. A lanciarlo è stato l’Ordine dei Dottori Agronomi e Dottori Forestali (ODAF) della provincia di Roma, che ha ricordato la minaccia che questo insetto rappresenta per la popolazione di api, fondamentali per garantire la biodiversità e la sopravvivenza del pianeta.
«La vespa velutina è un insetto alloctono, o alieno, molto pericoloso che è arrivato anche nel nostro Paese, dalla Liguria alla Toscana, provenendo dalla Francia – ha detto Flavio Pezzoli, presidente dell’Ordine dei Dottori Agronomi e Dottori Forestali della provincia di Roma – mettendo così a rischio non soltanto il comparto dell’apicoltura, e quindi della produzione di miele, ma soprattutto le api, un insetto pronubo essenziale per l’impollinazione sia delle piante coltivate che di quelle spontanee»
Questo imenottero è originario del Sud Est asiatico, e appartenente alla famiglia dei vespidi. Viene chiamato anche calabrone dalle zampe gialle, e a partire dal 2000 è stato avvistato in numerosi Paesi europei, a partire appunto dalla Francia, dove è stata introdotta accidentalmente a causa di scambi commerciali. La sua presenza, come già fatto notare più volte dagli esperti, è causa della riduzione di alcune specie di insetti impollinatori, e nonostante le politiche adottate per contenerla il numero di questi insetti è in crescita.
E anche seno Lazio non è ancora stata avvistata – anche se aumentano gli avvistamenti della vespa orientalis, altra specie originariamente aliena – l’Ordine ha comunque voluto diffondere un appello in via precauzionale: «Noi agronomi – prosegue Pezzoli – da tempo teniamo sotto controllo questo insetto e le Regioni hanno un sistema di allerta molto efficiente, ma invitiamo tutti i cittadini e tutti gli agricoltori che dovessero avvistare una vespa vellutino, in zone dove non è stata avvistata prima, a segnalarla prontamente al sistema fitosanitario regionale di riferimento per il censimento e l’intervento delle istituzioni per contenere l’insetto».
Gli agronomi hanno quindi ricordato le caratteristiche da cui si può riconoscere una vespa velutina: «È diffusamente nera, con un'ampia banda tra il giallo e l'aranciato sulla parte terminale dell'addome e una stretta linea gialla sul primo segmento addominale. Le zampe sono nere con la parte terminale gialla. Il capo, visto frontalmente, appare anch'esso giallo/arancio, mentre dall'alto appare nero. La dimensione è molto grande rispetto a quella delle api».
La presenza della vespa velutina è invece ormai attestata in Liguria, dove a lanciare l’ultimo allarme è stato Coldiretti: «L’invasione della vespa velutina si sta facendo sempre più pesante sul territorio di Genova e provincia, con continue segnalazioni sia sulla costa che nell’entroterra e sulle alture.Una diffusione che ha in parte colto alla sprovvista anche i nostri apicoltori – hanno detto Luca Dalpian e Paolo Campocci, presidente e direttore di Coldiretti Genova – se non altro per la rapidità con cui si è diffusa all’interno del territorio. Un problema che arriva d’oltralpe e che ormai da anni interessa l’intera regione, da ponente a levante, ma che nell’ultimo periodo sta purtroppo vessando il genovesato in maniera particolare, causando danni non da poco su diversi fronti e rischiando di creare problemi anche gravi sia al comparto apistico che alla salute della popolazione».
A seguito del via libera del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali (oggi Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, ndr) al progetto “L’avanguardia tecnologica difende le api dalla vespa velutina”, a partire dal 2019 Regione Liguria e l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d'Aosta, in collaborazione con il Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’Analisi dell’Economia Agraria (CREA-AA) e le Associazioni di Apicoltori ApiLiguria e Alpa Miele, hanno attivato una nuova programmazione per arginare la diffusione del calabrone asiatico, ma «a oggi ancora non è possibile identificare in maniera univoca chi possa effettivamente intervenire per debellare i numerosi nidi che vengono ritrovati – proseguono da Coldiretti – poiché su Genova non sembra vi sia più nessuno abilitato o adeguatamente formato. Auspichiamo, pertanto, nel supporto della Regione per risolvere questo impasse quanto prima e trovare una soluzione al problema: si pensi che un solo nido può generare oltre 300 regine e circa 12-13mila individui, ciascuna delle quali può, accoppiandosi, riprodursi e formare nuovi nidi. E questo nonostante una parte di esse muoia durante la pausa invernale».