I coralli sono animali che stanno soffrendo particolarmente gli effetti del cambiamento climatico e l'aumento delle temperature. Tuttavia, una nuova ricerca condotta dagli scienziati della Oregon State University suggerisce che alcune specie di coralli possono resistere alle ondate di caldo marino “ricordando” come hanno vissuto quelle precedenti. I risultati dello studio sono stati pubblicati su Global Change Biology.
Le barriere coralline si trovano in meno dell’1% degli oceani, ma ospitano quasi un quarto di tutte le specie marine conosciute. Aiutano anche a regolare i livelli di anidride carbonica del mare e sono una fonte cruciale per gli scienziati alla ricerca di nuovi farmaci. Il declino delle barriere coralline, causato dal riscaldamento globale, costituisce una grave minaccia per gli ecosistemi marini, portando alla morte dei coralli e alla perdita di comunità di specie legate ai reef corallini. Vista l'importanza cruciale di tali ecosistemi per la salute del pianeta, è essenziale comprendere la velocità con cui possono adattarsi a disturbi come le crescenti ondate di calore marino, fenomeni destinati a aumentare in frequenza e intensità a causa dei cambiamenti climatici.
I ricercatori suggeriscono che una soluzione al deterioramento delle barriere coralline potrebbe risiedere nelle comunità microbiche presenti nei coralli, fondamentali per un rapido adattamento alle nuove condizioni ambientali. Comprendere meglio il ruolo di questi organismi nell'adattamento dei coralli potrebbe facilitare la coltivazione e la piantumazione di quest'ultimi, secondo Alex Vompe, un dottorando del laboratorio della professoressa di microbiologia Rebecca Vega Thurber. Una conoscenza approfondita dei processi microbici e degli organismi legati alla memoria ecologica potrebbe, inoltre, favorire lo sviluppo di probiotici e protocolli di monitoraggio per valutare e preservare la qualità della memoria ecologica delle singole colonie di coralli.
L'aumento delle temperature minaccia fortemente la sopravvivenza dei coralli perchè ostacola proprio il rapporto che si instaura tra questi e le comunità microbiche appena descritte, un collasso della partnership ospite-microbo, che si traduce in un fenomeno noto come sbiancamento dei coralli. "Ma l'Acropora retusa, una specie di corallo prevalente nella barriera corallina moreana che abbiamo studiato, sembra avere una potente risposta di memoria ecologica alle ondate di calore in cui il microbioma sembra avere un ruolo", ha detto Vompe. “Ciò significa che alcune specie di coralli potrebbero essere più resistenti ai cambiamenti climatici di quanto si pensasse in precedenza”.
L'ipotesi avanzata da Vompe, Vega Thurber e collaboratori provenienti da diverse istituzioni, tra cui l'OSU, l'Università della California a Santa Barbara, l'Arizona State University e l'Università dell'Essex, si basa su una ricerca quinquennale che ha coinvolto lo studio di 200 colonie di coralli sulla costa settentrionale di Mo'orea, in Polinesia francese. Durante questa indagine, è emerso che alcune specie di coralli sembrano mantenere un livello di salute superiore in risposta alle passate ondate di calore marino, suggerendo la presenza di una memoria ecologica. In particolare, la salute di Acropora retusa è risultata strettamente legata alle variazioni nel microbioma, evidenziando il ruolo cruciale della comunità microbica in questo processo. Anche i coralli del genere Pocillopora hanno manifestato una robusta risposta di memoria ecologica, ripristinandosi dopo l'evento di caldo del 2019 nonostante una seconda ondata nel 2020.
«Le comunità microbiche dei coralli si distinguono per caratteristiche biologiche uniche che conferiscono loro elevata adattabilità e reattività alle variazioni ambientali, come cicli di generazione brevi, ampie popolazioni e diversificato potenziale metabolico – afferma Thurber – Nelle tre specie di coralli indagate, abbiamo rilevato la resilienza iniziale del microbioma, l'acclimatazione congiunta di ospite e microbioma, e la formazione di una resistenza del microbioma a stress termici ripetuti. Questi ultimi due modelli risultano in linea con il concetto di memoria ecologica».