Nel 2021 i residenti del Nepal si sono trovati ad affrontare una massiccia epidemia di panuveite iperacuta stagionale (SHAPU), caratterizzata da sintomi come arrossamento oculare indolore e riduzione della pressione nell'occhio. Ora, un gruppo di ricercatori sta attualmente indagando per determinare se ci sia una correlazione tra la diffusione in Nepal di specifiche falene bianche e l'insorgere di questa malattia.
Stiamo parlando di una patologia estremamente pericolosa che può comportare anche la perdita della vista. In particolare, le stime hanno valutato che i bambini sembrano essere i più esposti al rischio cecità se non ricevono un intervento medico entro 24-48 ore. Fino al 2021, la SHAPU era poco conosciuta, con pochi casi registrati nei dossier clinici degli ospedali locali e nelle pubblicazioni scientifiche. Tuttavia, ora che i casi stanno progressivamente aumentando in tutto il Nepal, un team di ricercatori dell’università di Kathmandu sta indagando per scoprire se alcune falene bianche possano essere in qualche modo coinvolte nella diffusione di questa malattia oculare.
Il sospetto che possa esserci una connessione tra quest'epidemia e questi insetti deriva dalle testimonianze di molte persone colpite, che affermano di essere entrate in contatto diretto o indiretto con una "falena bianca" prima della comparsa dei sintomi. In particolare, uno studio pubblicato nel 2020 da Ranju Kharel Sitaula, un oftalmologo dell'Istituto di Medicina dell'Università Tribhuvan di Kathmandu, e il suo team, ha evidenziato una differenza statisticamente significativa tra i pazienti affetti da SHAPU e un gruppo di controllo. I malati avevano quasi sette volte più probabilità di dichiarare contatti con farfalle o falene bianche del genere Gazalina, note per attraversare il Nepal in sciami alla fine della stagione dei monsoni.
Dai risultati di tale studio sembra esserci un forte legame tra le falene del genere Gazalina e il diffondersi della malattia, forse a causa della loro "peluria" finita negli occhi, ma non è ancora del tutto certo. Con tre specie di falene appartenenti a questo genere presenti in Nepal, i ricercatori stanno raccogliendo dati sulle località in cui sono state avvistate, esaminando anche fattori ecologici come temperatura, umidità, tipo di vegetazione e altitudine per elaborare una classificazione precisa e identificare la falena responsabile della diffusione della SHAPU.
C'è da dire, inoltre, che non tutti vengono colpiti da questa malattia. Come mai? Per cercare di rispondere a questa domanda, Sitaula e il suo team stanno raccogliendo campioni dagli occhi infetti e non infetti di persone con SHAPU e dai loro parenti. Esamineranno questi campioni anche per ricercare materiale genetico proveniente da batteri e virus per determinare se esiste un microrganismo colpevole.
Tuttavia, è cruciale evidenziare un significativo ostacolo che impedisce il progresso di questa ricerca: la carenza di fondi. Il Nepal non è dotato delle strutture adatte allo svolgimento delle analisi. Di conseguenza, le quest'ultime devono spesso essere condotte all'estero. Nonostante un aumento del supporto finanziario da parte del governo negli ultimi anni, i fondi disponibili non sono ancora sufficienti per garantire il successo completo del progetto.
I ricercatori sottolineano che, nonostante gli sforzi scientifici, la SHAPU e la sua origine rimangono un enigma, complicato dalla sua diffusione geografica e dalla varietà dei sintomi, così come la possibile correlazione con la falena bianca. Nel corso della presente stagione, Hara Maya Gurung, oftalmologa presso l'Himalaya Eye Hospital di Pokhara, nel Nepal centrale, ha diagnosticato la SHAPU in circa 30 persone.
Sorprendentemente, nessuno dei pazienti ha menzionato di essere entrato in contatto diretto con una falena bianca, inoltre presentavano sintomi diversi dai soliti. «Spero che una soluzione a questo enigma secolare sia in vista. Ma per il momento, sembra che il Nepal dovrà continuare a fronteggiare queste tragiche epidemie», ha ammesso Sitaula.