Oggi è un pessimo giorno per parte della fauna selvatica che abita i nostri boschi: in quasi tutte le Regioni italiane, dall’alba di questa mattina, è ripresa la caccia interrompendo bruscamente col rumore delle fucilate la tranquillità di determinate specie decisamente più sfortunate.
In realtà, la data vera di apertura regalerebbe agli animali una settimana in più, ma nonostante la legge n. 157/92 che tutela la fauna selvatica e disciplina la caccia, indichi la terza domenica di settembre come data di apertura generale della stagione venatoria, spiega il WWf, «la cosiddetta pre-apertura, ovvero l’apertura anticipata della caccia prevista in via eccezionale dalla stessa legge, è ormai diventata la normalità, un regalo che le Regioni fanno ai cacciatori».
Uno potrebbe dire che è soltanto una settimana, ma quei sette giorni in meno rappresentano, invece, un grave problema sia per le specie dichiarate cacciabili, sia per quelle protette, se si considera che nel mese di settembre alcune sono ancora in fase di nidificazione e i cieli sono attraversati da migliaia tra falchi, cicogne, ma anche piccoli uccelli come le rondini, che dall’Europa si spostano in Africa per lo svernamento.
La tortora selvatica, per esempio, spiega il WWF, è una delle specie contro la quale oggi si potranno puntare i fucili, ma negli ultimi anni il numero di questi esemplari è diminuito moltissimo non solo a causa della distruzione degli habitat in cui nidifica, ma anche proprio per la caccia, legale e illegale. In teoria, essendo quindi una specie a rischio la caccia di questo volatile dovrebbe essere vietata. In questo caso, invece, la caccia viene addirittura anticipata per evitare che i cacciatori non riescano ad abbattere un numero per loro soddisfacente di questi volatili, considerato che la specie inizia la migrazione verso l’Africa già dalla fine di agosto.
Per queste ragioni anche quest’anno, il WWF è in prima linea, sia per bloccare con i suoi avvocati i provvedimenti regionali illegittimi, come è già successo in Campania e in Molise, sia per monitorare il territorio attraverso l'impegno delle sue guardie volontarie. Per riuscire, infatti, ad evitare la sospensione della caccia alla tortora, il Ministero dell’Ambiente con l’avallo delle Regioni e la soddisfazione delle associazioni venatorie, ha adottato un cosiddetto Piano di Gestione che prevede l’adozione di una serie di misure di conservazione che vanno dalla ricostituzione di habitat favorevoli alla nidificazione, alla vigilanza e alla repressione delle illegalità.
Nella pratica, però, secondo l’associazione animalista, il Piano di Gestione è solo uno strumento finalizzato ad accontentare i cacciatori considerato che, sia per la Tortora, sia per le altre specie nei confronti delle quali è stato adottato, nessun’azione viene eseguita se non quella di consentire gli spari. Una grave consuetudine, più volte segnalata dal WWF Italia e dalle altre associazioni, che è stata riconosciuta anche dalla Commissione europea che ha avviato una procedura nei confronti dell’Italia con il rischio non solo per i cacciatori, ma per tutti i cittadini, di pagare pesanti sanzioni economiche.