Una ragazzina è morta di rabbia dopo essere stata morsa da un cane in Kerala e in India è scoppiata di nuovo la polemica sul contenimento dei cani randagi.
Presenti da sempre nel continente indiano, i cani liberi vengono considerati la causa principale del propagarsi della rabbia. Malattia talmente diffusa da essere catalogata come endemica: secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità il 36 per cento dei decessi che avvengono nel mondo a causa di questa malattia, accadono proprio in India. «I dati reali non si conoscono con esattezza – hanno spiegato subito dopo la vicenda di cronaca che risale al 5 agosto – ma secondo le informazioni disponibili, la rabbia provoca ogni anno da 18.000 a 20.000 morti».
Un dramma quindi per una popolazione che, per tradizione, è abituata al randagismo che viene percepito, soprattutto, come una vita in libertà per i milioni di soggetti che abitano le sue strade. Il Ministero indiano per la pesca, l’allevamento e l’allevamento di animali ha stimato che nel 2019 c’erano 20,3 milioni di cani e bovini vaganti, aggiungendo anche che il Governo ha tentato di contrastare il numero di animali randagi nel paese richiedendo agli enti locali di introdurre il controllo delle nascite degli animali per controllare la popolazione canina». Nel frattempo l’OMS ha anche affermato, secondo quanto riporta la BBC, che «circa il 30-60% dei casi segnalati dei decessi per rabbia in India si verificano in bambini di età inferiore ai 15 anni. Abhirami – la dodicenne deceduta ad agosto – è stata la ventunesima persona a morire di rabbia nello stato del Kerala quest’anno».
L’esperta Anindita Bhadra: «Cani liberi dell’India e non randagi»
«È molto difficile dire se i numeri rappresentino un quadro veritiero», commenta Anindita Bhadra che Kodami ha raggiunto al telefono in India, zoologa e membro della facoltà dell'Indian Institute of Science Education and Research Kolkata nel Dipartimento di Scienze Biologiche, nonché esperta di etologia con particolare riferimento al fenomeno del randagismo. «So che in molti luoghi non esistono registri adeguati sulla rabbia. – sottolinea l'esperta – Inoltre, se i numeri sono un'estrapolazione, e molto probabilmente lo sono, allora la strategia di campionamento deve essere esaminata attentamente».
Bhadra ha una visione molto chiara sul fenomeno dei cani senza riferimento umano fisso. «Randagismo è un termine che non userei per i cani liberi dell'India. Sarebbe come dire che i ratti nelle città sono randagi. I cani hanno vissuto come "randagi" per secoli qui e hanno vissuto come animali domestici solo per qualche decennio, forse».
Secondo la zoologa non ci sono certezze neanche rispetto all’effettiva entità dei cani che vivono per le strade dell’India «Il numero di cani randagi che vivono in India è molto difficile da stimare poiché la distribuzione è molto disomogenea e non è stato fatto alcuno sforzo concertato e obiettivo per arrivare a una buona stima. La densità sarebbe di circa 15-20 per kmq nelle città. Ma si tratta di una stima approssimativa».
Le incertezze sul vaccino e la possibilità che la rabbia non arrivi solo dai cani liberi
Come comportarsi quindi riguardo alla diffusione della rabbia? Un problema indubbiamente molto sentito e sul quale anche le autorità sono chiamate a confrontarsi se, come riporta il tabloid Tabegeek, «il ministro della Salute del Kerala Veena George ha detto ai notiziari che la morte di Abhirami è stata “scoraggiante”. In seguito, ha affermato che sono state adottate misure per determinare se esiste una variazione genetica nel virus della rabbia. La ragione di questa azione, ha detto, è che le persone che avevano assunto sia il vaccino che il siero sono state infettate dal virus».
Satheesan, leader dell’opposizione nell’Assemblea del Kerala, ha detto che Abhirami è morta «perché il Governo non ha preso sul serio la questione della rabbia». Anindita Bhadra però non è d’accordo proprio sull’attribuzione di responsabilità esclusivamente ai cani.
«La rabbia può essere causata anche da morsi di altri animali e non solo da morsi di cani. Ma ovviamente le possibilità di vaccinazione sono maggiori nel caso degli animali domestici». Quello che però sottolinea la zoologa è che manca una vera riflessione sulla diffusione di questa malattia. «Dobbiamo davvero cercare una risposta alla domanda sul perché alcuni cani mordono e come si diffonde la rabbia. Noi lavoriamo con questi cani da 13 anni – afferma, riferendosi al progetto che la vede in prima linea nel monitoraggio dei cani liberi sul territorio – e nessuno di noi è mai stato attaccato. I cani mordono, certo, ma spesso ciò è dovuto a qualche azione umana e i cani liberi per lo più non sono aggressivi. Quando a volte succede dovremmo essere in grado di gestirli separatamente».
«La sterilizzazione non è la soluzione. Non siamo i padroni del mondo»
Per ultima cosa abbiamo chiesto a Anindita Bhadra che conosce così bene il territorio e i suoi abitanti, umani e non, se pensa che la sterilizzazione possa essere la soluzione. «Personalmente sono contraria alla sterilizzazione come soluzione. Cosa ci dà il diritto di pensare di essere i padroni del mondo e di poter fare quello che vogliamo con gli animali?. Inoltre i progetti di sterilizzazione sono di solito condotti in piccole aree limitate e non funzionano, perché i cani possono migrare e lo fanno. Se c'è una nicchia disponibile, la occuperanno».
Quindi il conflitto uomini/animali è destinato ad aumentare? «Ritengo che in generale, negli ultimi 10-20 anni, il problema dei conflitti sia aumentato, soprattutto perché la gente è più incline a credere che avere i cani per strada sia una cattiva idea e che dovremmo seguire la via occidentale. Inoltre – ha concluso – alcune persone danno abitualmente da mangiare ai cani alla rinfusa, e questo fa sì che il numero di individui aumenti in quelle aree. Quindi, alla fine, è l'interferenza umana, positiva o negativa, a causare molti problemi».