Spesso ci siamo chiesti quanto siamo simili ai nostri progenitori, soprattutto da quando abbiamo cominciato a comprendere meglio l'albero evolutivo della nostra "famiglia allargata". Una ricerca pubblicata su Communications Biology ci offre un nuovo dettaglio: il nostro naso ha la stessa forma di quello dei Neanderthal.
Secondo Kaustubh Adhikari, autore dello studio e ricercatore della Open University di Milton Keynes nel Regno Unito, i sapiens hanno infatti ereditato dai loro "cugini" un particolare gene noto con la sigla "TBX15″ che influenza direttamente la forma finale del naso durante le ultime fasi dello sviluppo prenatale. Un gene molto importante per entrambe le specie del genere Homo, in quanto questa forma del naso permetteva di respirare efficacemente durante i rigidi inverni dell'Europa continentale.
In particolare il gene codifica per delle strutture nasali più alte e larghe, utili per riscaldare e mantenere umida l'aria che entra nelle cavità, anche nelle condizioni climatiche più estreme, diminuendo parallelamente i principali rischi di congelamento delle mucose interne. «Negli ultimi 15 anni, da quando il genoma di Neanderthal è stato sequenziato, siamo stati in grado di apprendere che i nostri antenati si sono incrociati con i Neanderthal, lasciandoci in eredità piccoli frammenti del loro DNA – spiega Adhikari, riassumendo la storia evolutiva delle popolazioni europee – Ora abbiamo cominciato a comprendere il significato che hanno queste sequenze all'interno della nostra specie, tra cui TBX15 che influenza direttamente la forma del naso».
Il progetto fa parte dello studio CANDELA condotto dall'University College di Londra, volto a studiare l'origine biologica delle differenti popolazioni mondiali e la distribuzione di determinati geni che possono favorire lo sviluppo di patologie o disturbi. Per arrivare a questa scoperta Adhikari, e decine di altri scienziati, hanno dovuto quindi utilizzare le sequenze genetiche di oltre 6.000 volontari provenienti dall'America Latina con diverse etnie.
Dopo aver estratto le informazioni provenienti da ciascun DNA i ricercatori le hanno associate alle scansioni fotografiche dei loro volti, confrontando successivamente la coppia volto-DNA con dei fossili già studiati di Neanderthal. Così facendo sono riusciti a notare particolari differenze e similitudini negli elementi che formano il viso, individuando anche i marcatori genetici legati allo sviluppo delle forme e dimensioni del naso e del volto: ben 33 regioni del genoma.
«È stato a lungo ipotizzato che la forma del nostro naso sia determinata dalla selezione naturale, poiché possono aiutarci a regolare la temperatura e l'umidità dell'aria che respiriamo – ha dichiarato Qing Li della Fudan University, primo autore della ricerca – Il gene TBX15 che abbiamo ereditato dai Neanderthal conferma questa ipotesi e ha aiutato gli esseri umani ad adattarsi ai climi più freddi, quando i sapiens si sono trasferiti lontano dall'Africa». Indirettamente la scoperta conferma ancora una volta come i nostri antenati si siano necessariamente riprodotti con i cugini Neanderthal, un dato ormai conclamato dopo le scoperte di Svante Pääbo legate all'ereditarietà delle attuali e antiche popolazioni umane che gli hanno permesso di vincere un Nobel.
Il nostro legame con i Neanderthal, dunque, è ancora più stretto di quanto ipotizzato in precedenza e esistono altri geni, oltre a TBX15, che abbiamo ereditato da loro e che mostrano come la storia della nostra specie sia più complessa di quanto immaginiamo. Lo stesso team aveva infatti scoperto nel corso del 2021 un altro gene che influenza invece la forma delle labbra che proviene dagli antichi e misteriosi Denisoviani, una popolazione che abitava la Russia continentale e che sembra essere legata geneticamente sia alle popolazioni europee che a quelle asiatiche. Di questi esseri umani oggi si dispongono pochissimi reperti, ma molteplici analisi ci hanno permesso di sequenziare per intero il loro genoma.
«La maggior parte degli studi sulla diversità umana ha interessato diversi geni presenti nel DNA degli europei – ha affermato Andres Ruiz-Linares, sempre della Fudan University – Il variegato campione di partecipanti latinoamericani del nostro studio amplia però la portata dei risultati, permettendoci di comprendere meglio quanto questi geni si siano diffusi nel resto della popolazione mondiale e di capire la genetica di tutti gli esseri umani».