Ogni volta che mi arrivava un messaggio sulla chat del gruppo del canile, un po’ mi preoccupavo. Poteva essere il solito scambio giornaliero di notizie, un pensiero per rompere la monotonia quotidiana ma anche qualche notizia poco piacevole. Era per questo che avevo scelto un suono leggero per le notifiche, un trillo armonioso: qualcosa che non mi mettesse nella condizione di pensare sempre e subito ad una brutta notizia. D’altronde ho un brutto carattere, me lo dicono sempre in tanti che l’ottimismo non era la mia qualità migliore! Quel pomeriggio erano arrivate davvero parecchie notifiche ma stavo lavorando e non potevo prestargli attenzione: terminato il lavoro, appena risalita in auto, mi ero affrettata a leggerle tutte e una in particolare aveva catturato la mia attenzione: qualche farabutto aveva lasciato uno scatolone pieno di cuccioli davanti il cancello del rifugio. Non era fra le notizie peggiori ma indubbiamente neanche tra quelle che desideravo ricevere. Si prospettavano turni raddoppiati, fatica e speranza che ce la facessero. Ma, soprattutto, la grande prova sarebbe stata quella di far sì che tutti potessero avere un’opportunità di adozione: erano otto.
Una "scatola di cuccioli"
Quello che maggiormente destava la preoccupazione di tutti era che queste creature fossero davvero piccole. Piccole anche per sopportare il nostro intervento, con tutte le cure del caso. Una responsabilità enorme per ognuno di noi che, a differenza di chi aveva commesso quell’atto tanto vile, ci aggrappavamo con ogni mezzo possibile a fare del nostro meglio. Sarebbero bastate solo altre poche settimane con la loro madre per superare quella soglia di passaggio che avrebbe garantito a tutti loro la sopravvivenza. Non so se sia possibile immaginare come ci si sente stringendo la vita fra le mani se non vi è mai accaduto: si impara subito che ogni gesto deve essere calibrato su poche decine di grammi. La sera, prima di prendere sonno, il mio pensiero fisso era sul trovarli ancora tutti vivi il giorno dopo e il desiderio, così poco realista ma speranzoso, di volerli vedere subito già grandi e autonomi. Furono settimane difficili, dove ciascuno cercò di dare il suo contributo: i piccoli però non erano abbastanza forti e riuscì a farcela solo una cucciola. Quel gesto disperato quanto terribile di abbandonarli e privarli del contatto con la madre era in parte già stata la loro condanna. E intanto noi ad ogni cucciolo che ci lasciava cercavamo di scambiarci frasi di circostanza per incolpare qualcosa, qualcuno, persino il destino pur di farcene una ragione.
Luna: piccolo grande cane
Da quel maledetto giorno e di quello scatolone, l’unica vera guerriera e protagonista indiscussa era Luna. Una cagnolina microscopica di pochi etti, una cucciola che ormai stava in piedi e trotterellava ovunque. Un’energia da vendere, una curiosità implacabile, un microbo che si infilava fra i piedi ad ogni movimento e che eravamo certi sarebbe stata adottata molto presto. Con i suoi dentini da latte, affilati come coltelli, qualcuno di noi la preferiva perfino quando poppava settimane prima e non tirava con la bocca tutto quello che era ad altezza del suo muso. Quando si lanciava sulla ciotola rovesciando tutto, quando ribaltava l’acqua degli abbeveratoi, quando avevi raccolto nella cassettina quello che avevi spazzato e lei lo tirava per aria, non riuscivi proprio a spazientirti: le si perdonava tutto a quel vulcano di pochi etti!
Quando arriva il mio momento, zia?
Continuavano però a passare le settimane ma nessuna delle richieste che arrivava ci sembrava quella giusta per Luna. Era strano, aveva ottime caratteristiche: sarebbe rimasta una cagnolina piccola, era socievole, un po’ rompiscatole certo ma tutto sommato una tipetta con carattere. In mezzo agli altri cani, Luna aveva tutte le carte in regola per diventare un’adulta in grado di reggere anche cani più grandi e situazioni difficili, sebbene tutto il mondo fosse di una taglia nettamente superiore alla sua. La piccoletta dimostrava di saper stare alle regole, di comprendere bene gli altri cani, di mediare in situazioni di tensione e di aprire al gioco anche quei cani un po' più timorosi. Ai miei occhi, mano a mano che cresceva e per me che ormai ero diventata una specie di zia acquisita, Luna appariva forte come già ci aveva dimostrato in passato. Un vero titano: una cagnetta di gran carattere in un corpo molto piccino. Possibile che tutti i candidati alla sua adozione volessero solo una cagnetta da tenere in braccio? A Luna non solo questo non piaceva affatto ma non riuscivo a capacitarmi di come le persone non riuscissero a vedere quanta voglia lei avesse di correre a perdifiato per scoprire il mondo.
Ramon: il cane di famiglia nobile
Un giorno si presentò in canile una famiglia alla ricerca di un cane da adottare. In auto avevano anche il loro cane: un esemplare di Dobermann davvero bello, di quelli con un pelo talmente lucido da sembrare dipinti. La richiesta che mi rivolsero era certamente un po' strana: cercavano una cagna piccola che fosse di compagnia al loro gigante. Inutile dire che l’unica taglia contenuta al momento fosse Luna e che i Dobermann nell’immaginario collettivo non sempre rispondono ad una idea di cane socievole con gli altri cani. Sapevo che mi sarei attirata le ire di molti ma decisi che incontrare il loro cane sarebbe stato per me un inizio per poter valutare un eventuale incontro con Luna o per convincerli a dirottare la loro scelta su qualche altra ospite. Dovevo essere in grado di capire se Ramon amava inseguire qualsiasi cosa in movimento e avrebbe considerato Luna alla stregua di una pallina o c’era un margine di incontro. In quel pomeriggio fui felice di conoscere Ramon e la sua storia: la sua famiglia mi disse che arrivava dalla lontana Russia, che da piccolo aveva avuto dei seri problemi di salute che lo avevano visto costretto a diverse operazioni e che i primi anni non aveva potuto fare molte esperienze. Aveva tre anni adesso e per quanto loro gli volessero bene vedevano un cane che appariva triste a cui pensavano di dare un po’ di gioia, adottando un’amica. Ramon era un cane molto riflessivo, quasi introverso, con un attaccamento verso i due bambini di casa quasi commovente. Coi cani che aveva visto in quelle ore mi era sembrato un ottimo comunicatore: paziente, mai teso, non sempre pronto a dire qualcosa di sé ma mai esagerato nei modi. Dovevo provarci: Luna avrebbe potuto sortire due effetti paradossali in lui: o chiuderlo definitivamente nel suo personaggio di nobil cane introverso o aprirlo alle gioie delle cose da poter fare insieme e recuperare la giovinezza che i problemi di salute gli avevano un po' rubato.
Claudia ma sei sicura?
La settimana dopo ci saremmo rivisti ma furono giorni in cui mi tartassarono un po’ tutti. In tanti pensano che i Dobermann siano necessariamente cani dal carattere duro e non godono di un’ottima fama, avvolti dalle innumerevoli leggende metropolitane. In verità sapevo quanto ognuno del rifugio tenesse a Luna e sbagliare sarebbe significato per me un punto di non ritorno. Stavo vivendo una pressione non indifferente ma sentivo che potevo fare quell’incontro: conoscevo abbastanza Luna da sapere che non si sarebbe messa nei guai e Ramon mi era apparso solo un cane molto frenato ma con tanto ancora da dare. Il primo incontro fu letteralmente esplosivo, innegabile. Luna arrivò in pompa magna ribadendo subito al nobil cane che non si facesse idee sbagliate: dentro quello scarso chilo e mezzo c’era una tipa tutta d’un pezzo. Lui dal canto suo, non si lasciò andare subito ma dopo poco, capii che quella cagnolina personificava tutto quello che un cane vorrebbe fare: annusare, trottare, rincorrersi. Ma se Luna diceva “adesso basta”, era una regola chiara: significava smetterla di correre come matti. Visti così vicini, quel gigante scuro e quel microbo a pelo biondo, assomigliavano a quei personaggi strani che racconti nelle favole dei bimbi. Ancora oggi, quando la gente in paese li incontra a passeggio insieme, vengo a sapere che in tanti si soffermano un attimo e si lasciano scappare un sorriso guardando il gigante e la nanerottola. L’articolo “il” dei cani, la coppia strana, due cani tanto diversi fuori quanto complementari dentro.