Bastano otto settimane di vita a un cane per dimostrare interesse per il volto di una persona, i segnali e il linguaggio umano e dare così prova delle sue abilità sociali. Lo rivela uno studio del 2021 condotto da diversi ricercatori dell'Arizona Canine Cognition Center, del Canine Companions for Independence di Santa Rosa in California e del Dipartimento di Scienze Animali dell'Università della California pubblicato su Current Biology.
Gli studiosi sono partiti dal mettere in discussione una certezza generalmente acquisita, ovvero che la cognizione umana sia unica, proprio per le abilità sociali che emergono in noi relative alla comunicazione finalizzata alla cooperazione. I bambini, ricordano gli esperti, dimostrano all'età di due anni e mezzo di ragionare sul mondo che li circonda allo stesso modo di altre grandi scimmie, dimostrando però abilità cognitive che superano i nostri parenti più prossimi (bonobo e scimpanzé). Ma ecco che però un'altra specie si inserisce in questo solco e un numero sempre maggiore di ricerche ha dimostrato che i cani mostrano somiglianze funzionali con i piccoli d'uomo nell'attitudine e la propensione a utilizzare la mente per cooperare e comunicare al meglio con chi è accanto e comprendere i gesti finalizzati a questo tipo di interazioni.
Per dimostrare in maniera ancora più efficace le origini evolutive e genetiche di questa capacità cognitiva dei cani, i ricercatori hanno testato 375 cuccioli dell'età di 8 settimane. «Abbiamo ipotizzato che se le capacità dei cani di cooperare con gli esseri umani sono biologicamente preparate – spiegano nel paper – dovrebbero allora emergere in modo significativo all'inizio dello sviluppo, non richiedere un'ampia socializzazione o apprendimento e mostrare variazioni ereditabili».
I cuccioli hanno mostrato di essere particolarmente capaci nel comprendere diversi gesti umani e non sono state trovate prove che le loro prestazioni richiedessero apprendimento. I test hanno reso possibile stabilire che nel 40% dei casi la capacità di seguire i gesti da parte dei cani e nel prestare attenzione ai volti umani è attribuibile a fattori genetici. I risultati suggeriscono così che queste abilità sociali emergono all'inizio dello sviluppo e sono sotto un forte controllo genetico.
Ricordiamo alcuni dettagli dello sviluppo dei cani che rendono ancora più affascinante questa ricerca. I ricercatori americani ci stanno dicendo, dunque, che un cucciolo, di appena due mesi, è geneticamente predisposto a interagire con un umano. Ecco, se solo pensiamo che a due settimane di vita un cane ha appena imparato ad aprire gli occhi e a sentire i suoni per la prima volta e che nella terza inizia a muoversi e interagire con la mamma e i fratelli, si può facilmente comprendere quanto la relazione con l'uomo che si attiva nella quarta settimana sia di fondamentale importanza per i cani tanto quanto i bisogni primari. Il fatto che appartenga al corredo genetico ci fa riflettere che la relazione tra cane e uomo, dal punto di vista del primo in questo caso, è "scritta" come elemento fondante e importante delle "cose" essenziali da scoprire e mettere in pratica nei primi "passi" dell'esistenza. Del resto l'ottava settimana di vita per un cane fa parte del cosiddetto "periodo di socializzazione" che inizia nel secondo mese di vita e in cui i cuccioli iniziano la fase di esplorazione del mondo che li circonda, la conoscenza effettiva dei fratellini e il riconoscimento di questi ultimi e della madre come "famiglia" e così anche per l'uomo che eventualmente gli è accanto. E' molto importante, però, test scientifici a parte, ricordare che questo è il periodo in cui proprio la vicinanza della madre e del gruppo sociale intraspecifico è fondamentale per una crescita sana e uno sviluppo comportamentale equilibrato: il piccolo cane impara infatti grazie agli insegnamenti della mamma a gestire la sua forza, a regolare il morso, a socializzare in modo corretto con gli altri cuccioli. Ecco perché il distacco deve avvenire con grande attenzione e dopo almeno tre mesi, anche se comunemente ancora si dice che ne bastano due proprio l'enorme passo avanti della ricerca nel campo dell'etologia canina oggi ci fa essere certi che quanto più il cucciolo rimane in contatto con la sua famiglia canina meglio sarà per il suo futuro da cane adolescente e poi adulto.
La ricerca americana spiega passo passo come i test sono stati compiuti, soprattutto sottolineando la capacità di attenzione da parte dei cuccioli ai gesti e al linguaggio umano per poi arrivare alla conclusione che «Generalmente i nostri risultati dimostrano che le abilità sociali del cane emergono chiaramente nelle prime fasi dello sviluppo e che la variazione di questi tratti è fortemente influenzata da fattori genetici. I nostri risultati forniscono la prima prova diretta che una grande proporzione della variazione nella cognizione sociale del cane è effettivamente ereditabile e che questa variazione è espressa durante una finestra di sviluppo in cui le pressioni storiche di selezione potrebbero essere state particolarmente forti».
Il cammino di co evoluzione tra uomini e cani, del resto, secondo gli studi più recenti viene addirittura fatto risalire a 40 mila anni fa e che il cane sia l'animale che più si è legato all'essere umano è un dato di fatto incontrovertibile. Un viaggio lunghissimo compiuto insieme nel tempo e in tutti gli emisferi del Pianeta, come ha raccontato a Kodami Paola Valsecchi, Professoressa Associata del Dipartimento di Scienze Chimiche, della Vita e della Sostenibilità Ambientale dell’Università degli Studi di Parma, in una puntata di MeetKodami.
Lo studio anche ritorna sulla teoria della domesticazione e si chiude su un'altra considerazione importante che mette in evidenza la relazione unica che abbiamo con questa specie: «Attraverso il processo di addomesticamento, i cani hanno sviluppato una preparazione biologica per le interazioni sociali umane, sebbene i meccanismi esatti rimangono ancora sconosciuti. Dato che la somiglianza genetica tra le razze predice anche variazioni in processi socio-comunicativi simili, ipotizziamo che la variazione genetica che contribuisce a questi fenotipi abbia origini relativamente antiche e continui a contribuire alla variazione delle abilità socio-cognitive, anche tra le razze canine moderne. I nostri risultati hanno posto le basi per la ricerca futura sull'architettura genetica di questi tratti, un approccio che si è già dimostrato fruttuoso per identificare basi genetiche comuni per altri aspetti del comportamento sociale nei cani e negli esseri umani. Considerando i nostri risultati, ci aspettiamo che i cani forniranno un modello altrettanto potente per le domande sulle basi biologiche delle abilità comunicative cooperative che sono fondamentali per la cognizione sociale umana».